E accadde la guerra

Alla fine del febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin definì gli interessi e la sicurezza di Mosca “non negoziabili”; da quel momento il mondo stette col fiato sospeso a temere un’escalation di violenza in Ucraina. La Nato sosteneva che la sicurezza europea stesse vivendo “il momento più pericoloso da generazioni” e che fosse “l’inizio dell’invasione”. Intanto, Kiev richiamava alle armi i riservisti tra 18 e 60 anni, mentre il presidente americano Joe Biden annunciava il trasferimento di 800 soldati americani dall’Italia ai Paesi Baltici.

Forse leggeremo così, sui libri di storia, un domani, quando saremo giunti alla fine dell’evento di cui stiamo vivendo l’inizio.

Ora che l’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk (DPR) ha registrato 350 attacchi contro il suo territorio negli ultimi sette giorni, ora che la crisi tra Russia e Ucraina sembra inevitabile, ora che tutti i media sono allineati e nell’individuare nel nuovo Zar il nemico dell’Occidente, ora è il tragico momento che, senza un vero colpevole, ricorda tanto quel  28 giugno 1914. Putin, come Gavrilo Princip, sarà forse il capro espiatorio di una situazione ormai irrecuperabile?

Dopo che, lunedì 21 febbraio, ha riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche filorusse di Lugansk e Donetsk (che si trovano nel Donbass, regione nell’est dell’Ucraina), il presidente russo Vladimir Putin sostenendo la necessità di “mantenere la pace” e “proteggere” la popolazione filorussa ha inviato truppe russe nel territorio ucraino.

Martedì 22 febbraio Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione europea hanno definito le prime sanzioni contro la Russia.

Domani si sarebbe dovuto tenere l’incontro tra il ministro degli Esteri russo Lavrov e il Segretario di Stato americano Blinken, ma è stato annullato.

E noi staremo a guardare. Sperando che nulla possa rievocare Sarajevo.