“Vi chiederete se la mia testa è finita su una picca?” chiede la ragazza pakistana che ha appena divorziato da un matrimonio combinato “no, affatto” conclude “mi sono laureata in diritti umani”. 

Sì, certo, chiedilo a Samara di Novellara, sotterrata a tre metri dalla sua famiglia per aver rifiutato proprio un matrimonio combinato. 

“What’s Love?” di Shekhar Kapur porta in scena stereotipi e sorprese nella Londra multiculturale contemporanea. I due protagonisti Lily James (già Cindarella e Natasha di War and Peace) e Shazad Latif reggono benissimo i ruoli: vicini di casa e amici fin da bambini, lei è una giornalista in cerca di quello giusto, lui un medico deciso a sposarsi per corrispondenza, in un matrimonio halal, cioè per il rito islamico, “lecito”. Tale decisione è, per la giornalista, l’occasione per cercare il “documentario”che le funga da trampolino di lancio, e così inizia a filmare gli amorosi e combinati incontri islamici. 

Il regista (indiano), porta in scena il dissidio tra Occidente e Oriente, in una capitale europea multietnica in cui tuttavia è proprio l’elemento etnico a dominare. Mentre, infatti, la giornalista 32enne Zoe vive con la madre Cath (un’immensa Emma Thomson), in un nucleo dolce ma solo, il medico Kaz vive in un’animata famiglia conservatrice islamica (al punto da aver rinnegato una figlia che ha sposato un inglese) che invita frequentemente Cath alle loro feste religiose. E mentre le due donne non hanno alcun legame con la tradizione, la famiglia di Kaz è orgogliosa del Corano. Dal canto suo, Zoe è delusa da un universo maschile occidentale che non rispecchia il suo essere donna in carriera, così accetta di seguire in Pakistan Kaz, per filmare, con la madre, il matrimonio, al punto da intromettersi nella famiglia del suo amico, tanto da cercare di farlo riconciliare con la sorella. Alla telecamera dell’amica, in Pakistan, Kaz pronuncia la stessa identica frase di Carlo, all’indomani del fidanzamento con Lady Diana, ovvero “qualunque cosa voglia dire l’amore” e un venditore di camicie, pakistano, ribatte “Lady Diana avrebbe voluto sposare il dottor Khan, pakistano, ma la madre di lui si oppose”. Insomma, l’islam può porre sempre il veto.

Qui, Maymouna, la 22enne prescelta da Kaz, si rivela quella che noi diremmo essere un’”acqua cheta” e, non appena i genitori si dileguano, si dà alla pazza gioia tra spinelli e amici gay, in un folle addio al nubilato. Contemporaneamente, Cath cerca per la propria figlia l’uomo perfetto, presentandole un irreprensibile veterinario. La domanda è: riusciranno le unioni combinate (laiche o islamiche) a risolvere la solitudine di occidentali e occidentalizzati? Se, da un lato, è forse scontato che la risposta sia no, dall’altro fa seriamente ragionare la preponderanza dell’elemento culturale mussulmano nel mondo occidentale. “La mamma di Kaz è così raffinata” dice Cath alla figlia Zoe, nella scena iniziale “non sembra nemmeno pakistana, sembrerebbe piuttosto greca, o italiana”. “Questa” ribatte Zoe “potrebbe essere un’offesa”. È facile cogliere, per lo spettatore pessimista come chi scrive, il riferimento alla distruzione – tramite l’insulto, la presa in giro – alla civiltà greca romana (greci, italiani), attraverso l’esaltazione dell’elemento islamico che, sarà pure sbagliato (come blandamente ci viene descritto), ma alla fine è tradizionale. E la tradizione, lo sappiamo bene, non si tocca, soprattutto se è quella del “diverso”. Come dice Kaz, con uno stucchevole vittimismo “voi occidentali non dovete scusarvi con le persone di colore, ogni volta che avviene un attentato terroristico”.   

A differenza, infatti, di un film come “The big sick”, presentato a Locarno nel 2017, in cui il protagonista – indiano – rinunciava al proprio conservatorismo per sposare la sua inglese, “What’s love” è l’insegnamento che la tradizione (islamica) modernizzata, trionferà.