Giornata di grande mobilitazione quella di ieri, che ha visto numerosi dipendenti pubblici aderire alle proteste contro il taglio delle pensioni. Alle 11.15 il docente della Scuola Cantonale di Commercio Tommaso Soldini ha consegnato una lettera al cancellieri Arnoldo Coduri: “Il testo contiene una riflessione sulle decisioni che le autorità stanno prendendo. Così si indebolisce tutto il tessuto sociale. Indebolire la classe degli impiegati dello Stato significa in qualche modo fare altrettanto con tutti quelli che vivono nella società e che godono dei loro servizi”, ha dichiarato Soldini. 

A causare il drastico peggioramento delle rendite pensionistiche, la decisione dell’Istituto di previdenza del Cantone Ticino di ridurre il tasso di conversione dal 6.17 al 5%. 

Non ci sta la Rete per la difesa delle pensioni, ErreDiPi, e chiede a gran voce che venga fatto qualcosa di concreto. “Non parliamo solo degli insegnanti, parliamo fra gli altri dei poliziotti, delle persone attive nella sanità, nei servizi socio-psichiatrici, e in altri settori dello Stato” ha ricordato Soldini consegnando la lettera. La preoccupazione tocca tutte le generazioni, dai giovanissimi, in apprensione per la propria vecchiaia incerta, alle persone già andate in pensione che esprimono solidarietà ai colleghi più giovani. Ma anche chi in pensione dovrebbe andare tra non molto, come L’impiegata 59enne dell’OSC che ha dichiarato a Ticinonline: “I prossimi anni lavorerò praticamente per niente”. 

Al momento c’è una trattativa in corso tra il Cantone e i sindacati per riuscire a sanare, o almeno ridurre, il buco finanziario che si è creato. Una soluzione è promessa per l’inizio di giugno. Raffaele De Rosa ha espresso il suo rammarico per il clima di disagio e preoccupazione che si respira: “Ci dispiace che questo avvenga a trattative in corso, con un clima costruttivo e in cui sono stati fatti passi avanti. Speriamo che si possa aggiungere in tempi brevi a una soluzione concordata che soddisfi entrambe le parti”.