Rivoluzione d’ottobre- atrocità e leggende

dossier Rivoluzione d’Ottobre

1917-2017

Gli artefici della Rivoluzione Russa si macchiarono di ignominiose atrocità, che la storiografia marxista, tuttavia, cela volutamente sotto il relativo successo che la Rivoluzione stessa ottenne, al prezzo, peraltro, di un ingente numero di vite umane.
Raramente viene riportata l’orribile fine che toccò allo Zar e alla sua famiglia, fucilati ad opera dei bolscevichi a Ekarterinburg.
Per anni tuttavia il pubblico borghese volle credere, sognando, che qualcuno fosse sopravvissuto a quella strage.
Coloro che si spacciarono per i Romanov furono duecentotrenta, un numero da record storico.

L’inchiostro che imprime la Storia nelle pergamene del Tempo è il sangue. Il destino relega i vinti all’oblio, i vincitori alla gloria. Poi sui primi cala, violento, il silenzio soffocandone l’innocenza, cancellandone il ricordo, relegandoli all’oblio, nascondendo per sempre le ingiuste sofferenze patite. Coloro che ne tramandano gli eventi elogiando i vincitori solo in quanto tali, sono spesso schiavi della propria ideologia, la stessa che, mietendo vittime innocenti, si è fatta strada tra le masse e, dominandole, è giunta fino ad oggi.

I Cosacchi fedeli allo Zar
Non tutti, tra i molti che s’opposero all’espropriazione terriera per la collettivizzazione della proprietà, furono deportati o fucilati: alcuni trovarono la morte, eroicamente, in battaglia. Guerrieri della ricca Russia del Sud-Est, infatti, cedettero all’impeto della rivoluzione russa solo dopo una lunga e violenta guerriglia, combattuta tra il 1918-’20, durante la guerra civile russa. Furono i cosacchi del Kuban’ una zona del Caucaso Meridionale, principali alleati dell’esercito bianco, guidato dai miglior ufficiali zaristi, provenienti dalle regioni bagnate dal Dnepr (Ucraina) e dal Don, a formare la più forte opposizione che trovò l’Armata Rossa guidata da Trockij. Essi, devoti allo zar e fedeli al cristianesimo, disgustati dalle frequenti spoliazioni da parte dei bolscevichi di edifici sacri a danno di chiese e ordini religiosi, ma soprattutto avversi alla politica agraria che li avrebbe privati delle loro terre e restii a perdere i loro antichi privilegi, si ostinarono a battersi fino alla fine in una lunga guerriglia che vide, alla fine, comunque vittoriosa l’Armata Rossa. Erano comandati dal generale Denikin ed esattamente come i vandeani che si erano opposti alla Rivoluzione Francese e, per la loro devozione alla monarchia e al cristianesimo, avevano trovato la morte orribilmente massacrati, furono destinati a vedere il di loro ricordo oscurato e quasi cancellato dai libri di regime di stampo marxista. Ancor oggi, dei cosacchi che trovarono la morte in battaglia per essersi opposti ai numerosi atti di violenza perpetrati a danno dei civili dalle indisciplinate bande rosse, si stenta a parlare. La loro battaglia, persa ma portata avanti con tenacia ed onore, viene ancor oggi ricordata, per le analogie con quella dei cittadini bretoni della Vandea, con il nome di Vandea Cosacca.

Raramente viene ricordato il subitaneo fallimento della Nuova Politica Economica (NEP) istituita dalla Rivoluzione, durante la quale, nel 1921torvarono comunque la morte cinque milioni di uomini a causa della carestia che l’avvento del comunismo violento non era riuscito a sanare. Altrettanto raramente viene menzionata l’immediata conseguenza alla politica di Lenin, attuata dal di lui successore Stalin, ovvero la deportazione e l’arresto di tutti coloro che avessero osato porsi come dissidenti nei confronti della Rivoluzione. Poiché alle centinaia di migliaia di kulaki, ovvero contadini pressoché benestanti, che furono deportati nell’inverno del 1929-‘30 in Siberia ove trovarono la morte per il freddo e la fame e ai milioni di contadini che volevano conservare la loro proprietà e che vennero fucilati immediatamente, la storiografia marxista oppone la tesi della necessità di questa rivoluzione e porta come prove a sostegno l’effettivo successo che l’URSS ottenne in campo industriale, successivamente alla rivoluzione. Ma la collettivizzazione delle terre e l’abolizione della proprietà privata, assieme all’eliminazione dei kulaki portò sì la fine della dipendenza servile nelle campagne ma non significò, per i contadini poveri, l’inizio di una nuova era felice e non mancarono, per essi, sofferenze meno gravi di quelle d’un tempo. I costi umani causati dalla Rivoluzione furono altissimi non solo per i dissidenti ma anche per i comunisti che, all’interno del partito, si discostavano dalla linea generale di politica sovietica: per questi ultimi furono attuate le così dette “purghe” ciò arresti e condanne a morte per l’accusa (talvolta spesso infondata) di “opposizione al regime”.

Chantal Fantuzzi