Carneade, un filosofo vissuto tra il 200 ed il 100 a.C., deve la sua notorietà tra noi a don Abbondio, il personaggio del Manzoni che nei “Promessi sposi” si chiedeva: “Chi è costui?”
Apprezzatissimo quale oratore aveva una abilità retorica tale da convincere gli ascoltatori tanto quando parlava a favore di un argomento quanto quando, successivamente,si schierava contro. Il nostro sistema istituzionale obbliga i membri del Consiglio federale a trasformarsi talvolta in Carneadi.

  • Particolare del “Carneade” di John William Watherouse


Come noto, noi non abbiamo un Governo politico, espressione di una maggioranza parlamentare partitica, portatore di un programma, ma un Direttorio incaricato della gestione degli affari del Paese. Le opinioni in seno al nostro Governo possono essere (e lo sono spesso) divergenti ma la decisione maggioritaria impegna i sette membri che lo compongono. Di conseguenza può capitareche il capo del Dipartimento competente sia tenuto a sostenere nel dibattito pubblico l’opinione maggioritaria,anche se personalmente non la condivide. Talvolta si ritrova obbligato ad essere in contrasto con il proprio partito. Questa singolarità svizzera, una delle tante, non mi dispiace, relativizza le posizioni, anche perché ogni tesi può avere aspetti difendibili come può presentare negatività. Trovo però che nel caso del recentemente eletto Consigliere federale Rösti abbiamo superato i limiti dell’accettabile, minando la credibilità delle sue affermazioni. Il ruolo doveva venir affidato a un/a collega di Governo.


La ragione è dovuta al fatto che Rösti era membro del Comitato del movimento referendario contro la legge, da lui già combattuta in Consiglio nazionale, ed ha raccolto attivamente firme per il referendum poi riuscito.
Lo scorso aprile in Parlamento per contro ha dovuto difendere la legge elogiandola e raccomandandone l’approvazione in voto popolare.
La politica – Governo e Parlamento – assillata da un tema di primaria importanza, l’influenza delle immissioni sul clima, ma eccessivamente innervosita dalla fissazione di scadenze apocalittiche, emette leggi a go-go, prima quellaconcernente l’accelerazione delle procedure di utilizzazione per impianti di energie rinnovative, oggi quella in votazione su clima e innovazione, in discussione la revisione di quella sul Coe sono preannunciate ulteriori misure da inserire in altre leggi. Il tutto accompagnato dalla solita pioggia miliardaria di sussidi statali.
Prima di prendere decisioni che impatteranno su cittadini ed economia dovremmo forse vedere se riusciamo a convenire sulla realtà fattuale. Penso sia incontestabile:

-​che non siamo in grado di coprire con la produzione nazionale il nostro fabbisogno di energia, ne importiamo oltre il 70%;

-​che tale fabbisogno è destinato ad aumentare in modo importante nei prossimi anni, pena l’impoverimento del Paese e delle condizioni di vita dei suoi cittadini;

-​che siamo pertanto tributari dell’estero per coprire le nostre necessità, con i relativi pericoli anche solo di dipendenza;

-​che le nostre fonti sono oggi il petrolio (36%)l’energia nucleare (20%), la forza idrica (14%), gas (13%)più altre minori. Vorremmo diminuire sostanzialmente la dipendenza dal petrolio e si è deciso di uscire dal nucleare. Ci auguriamo che con l’energia rinnovabile(eolico e fotovoltaico) si possano sostituire le fonti attuali, all’origine di immissioni, ma è escluso che esse da sole coprano l’ammanco totale.
Dinanzi ad un simile preoccupante quadro ci lasciamo influenzare da considerazioni ideologiche, che risalgono in parte allo schierarsi con l’Unione Sovietica nei tempi della guerra fredda, che ci impongono di rinunciare all’energia pulita originata con il nucleare.
Dobbiamo riconsiderare e decidere: nucleare sì o no. Se sì, da sfruttare agendo con urgenza per i tempi tecnici necessari, se no arrendiamoci, saremo dipendenti dall’importazione da Stati terzi e dai loro legittimi (o politici) interessi.
Un accenno merita in tal caso anche il nostro atteggiamento molto manicheo. Non vogliamo l’energia nucleare, ma non ci disturba che l’energia francese importata venga prodotta da centrali atomiche. Neppureche la Germania, dalla quale importiamo, abbia chiuso lo scorso mese le centrali producenti energia nucleare sostituendola con quella prodotta da centrali a carbone o gas, ignorando del tutto il relativo pesante inquinamento.
Lo scorso anno, in agosto, il presidente della commissione federale dell’elettricità si è rivolto alla popolazione svizzera raccomandando vivamente l’acquisto di candele per far fronte alla penuria di elettricità nell’inverno. È un’alternativa, ma mi pare difficile riuscire a sostituire il nucleare con le candele.
Certo che con atteggiamenti progressisti del genere riesce difficile far capire la necessità di impegnarsi nella ricerca e studio di tecnologie nuove, prive di emissioni, importantiper affrontare il futuro, evitando leggi nate vecchie ma gradite per la manna dei sussidi, che per finire paga sempre il contribuente, con l’aggiunta di notevoli rincari che gravano l’utente. È inutile perdere tempo in temporeggiamenti e tatticismi a proposito del nucleare. Se vi rinunciamo il nostro destino è l’importazione pesante e costosa con tutti i suoi condizionamenti, sempre riservato però il ricorso alle candele.