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Nessuno può dire oggi quale sarà il grado di vitalità della democrazia svizzera fra qualche anno, ma quel che si può cercar d’intuire sono le insidie che già adesso sono all’opera. La campagna iniziativistica conclusasi con la votazione del 29 novembre scorso, dopo una agguerrita propaganda durata alcuni anni, ha messo in luce quali incognite nocive minacciano il nostro Paese .

Un nuovo Sonderbund ?

Innanzitutto abbiamo assistito a un fenomeno nuovo: il coinvolgimento di esponenti dell’intero orizzonte politico svizzero, dal PS all’UDC (singoli candidati) e una pleiade di ONG. Lo scopo era chiaro : creare una massa imponente di politici e organizzazioni capace di catalizzare la massima attenzione possibile dell’opinione pubblica, suscitandone l’adesione; e lo scopo è stato raggiunto con un 50,7% di voti favorevoli! Ma è stato conseguito anche grazie all’uso ben studiato dell’immagine – mantra del comitato d’iniziativa – grazie alla complicità senza ritegno dei media e, infine, a un « volantinaggio » incalzante. Strategia e tattica vincente, anche se di poco, a livello popolare, ciò che ha permesso a Lisa Mazzone, dei Verdi ginevrini e consigliera agli Stati, di dichiarare la sera del 29 novembre: « Un débat très large a eu lieu dans l’ensemble du pays. Il s’agit maintenant de maintenir cette mobilisation et avoir d’autres espaces pour la perpétuer ». Alla domanda del Temps del 30 novembre, se per vincere occorre cambiare sistema (alludendo alla regola della maggioranza dei cantoni), Chantal Peyer, portavoce del comitato d’iniziativa ‘Multinazionali’, schiva e risponde : «C’est un autre débat, qui dépasse l’initiative».  Il Verde bernese Josef Lang è piú esplicito, anche se usa una formula ‘politicamente corretta’ quando dice che occorre « modernizzare la democrazia». Assolutamente arrogante è la presidente dei Giovani socialisti svizzeri, la basilese Ronja Jansen, che con disprezzo afferma che i cantoni opposti all’iniziativa « appartengono al mucchio d’immondizie della storia». Preoccupante esternazione! Visto che Jansen l’ha evocata, rammentiamo brevemente la storia di come si è arrivati a questa regola. Dopo la guerra civile del 1847, chiamata del Sonderbund, la minoranza cattolica dei cantoni che hanno subito la sconfitta hanno chiesto e ottenuto di introdurre un sistema di votazione che impedisca di essere, loro piccoli cantoni cattolici, costantemente perdenti di fronte ai cantoni protestanti, piú popolosi. Inserita nella costituzione del 1848, questa regola ha riportato la pace civile fra i confederati e fu rarissimamente applicata a sfavore degli iniziativisti. Certo, per questi ultimi la decisione di domenica scorsa è stata comprensibilmente uno smacco cocente. Ma questa soluzione è di gran lunga preferibile a quella di abolire la regola, perché altrimenti possiamo star certi che ci saranno di nuovo violenti disordini nel paese. Non vale la pena rifare errori funesti!

Svizzera di nuovo satellite dei potenti di turno?

Altra incognita è lo sviluppo della relazione tra la Svizzera e l’UE. Anche su questo punto mi si consenta di fare appello alla storia con un rapido volo attraverso il tempo. Si usa dire che la storia si ripete; non è vero. Quel che si ripete, o meglio, che riappare da un’epoca all’altra, è un certo tipo di comportamento di un paese rispetto a un altro, comportamento condizionato dai rapporti di forza fra i due. Prendiamo il caso della Svizzera e partiamo dalla Rivoluzione francese: quando la Francia, dal 1789 e per diversi anni, è stata teatro di violenti sommovimenti sfociati in un governo dittatoriale e minaccioso, in Svizzera si sono manifestati comportamenti sorprendenti presso alcune minoranze della popolazione e in particolare presso alcune personalità di spicco che, abbagliate dal potente fenomeno rivoluzionario francese, hanno espresso l’auspicio che la Francia provvedesse a cambiare la struttura politica svizzera. E la Francia non s’è fatta pregare due volte per soddisfare i loro desideri. Mi si dirà che la causa era buona : si trattava di eliminare le aristocrazie cantonali. Certo, ma il prezzo che la Svizzera dovette pagare fu enorme: 16’000 giovani ogni anno partivano per la Francia a dar man forte all’esercito della Rivoluzione ; ingenti quantità di danaro per l’erario francese sotto forma di prestiti forzosi ; e la Svizzera trasformata in stato satellite della Francia con gli inconvenienti del caso, a cominciare dalla guerra sul suo suolo tra gli eserciti imperiali e russi contro quelli francesi. Il fenomeno dell’attrazione esterofila lo ritroviamo con la Santa Alleanza dopo la caduta di Napoleone, e in modo piú triste e vergognoso al tempo dell’Italia fascista e della Germania nazista. Mi si dirà che questa era gente di estrema destra; certo, ma simile atteggiamento non è riconducibile solo a convinzioni politiche; del resto successe pure con gli ammiratori di Stalin. Ciò dipende molto anche da strutture psicologiche autoritarie che l’essere umano porta in sé: chi ama la potenza dalla potenza è attirato, sia egli di destra o di sinistra. Nel Secondo dopoguerra l’Europa era liberale e (social)democratica e sulla Svizzera non agivano forze d’attrazione da parte della Comunità europea. Anzi, la parola d’ordine per l’intera Europa era libertà, da contrapporre ai regimi liberticidi dei paesi dell’Est. Le pressioni sono apparse invece dopo, quando la CE trasformatasi nel 1992 in Unione europea col Trattato di Maastricht, si è data un nuovo scopo: l’unione politica dell’Europa, e una burocrazia inflessibile e affatto priva di spirito democratico, a tal punto che molti nostri esponenti politici e intellettuali si sono sentiti chi impauriti e chi affascinati. La prova, una fra tante ma recentissima, è data dalla dichiarazione di Peyer, citata sopra : « Nous allons également suivre les évolutions en cours au sein de l’UE, qui vont dans notre sens, avec un devoir de diligence obligatoire, agrémenté d’un mécanisme de sanction ». E come succede sempre in questi casi, chi sente in sé la sacra fiamma della missione, la giustifica con una forza che secondo loro sovrasta l’umanità : il senso della storia. Quanti profeti e dittatori se ne sono serviti. Anche la nostra Chantal Peyer non fa eccezione : « Je suis persuadée que l’histoire finira par aller dans notre sens. Ce n’est qu’une question de temps ».

Una politica dal pulpito? ma da che pulpito…

La terza e ultima incognita sono i politici stessi, a cominciare da quelli che hanno promosso questa iniziativa. Come intendono impostare la loro futura attività politica? Riattivare, aggiornandola, l’ ‘union sacrée’ della campagna? Ma allora i temi dovranno essere forti! Cosa s’intenderà per tema forte? Uno in difesa degli interessi svizzeri? Certamente no, puzzerebbe di estrema destra. Dovrà per principio essere ‘etico’ ! Ma allora la classe politica si trasformerebbe in una corporazione di giudici e teologi eletti per punire con leggi sfornate secondo i temi l’una o l’altra cerchia economica – perché è in questa cerchia che l’etica viene a cercare le sue vittime – ma la rielezione non sarà per contro scontata. Per il ticinese Dick Marty il problema della rielezione non si pone piú; vuol dire che, novello Javert, continuerà con implacabile grinta a dar la caccia ai Jean Valjean di turno? Ci fu un tempo che i punti cardinali che orientavano l’attività dei nostri politici erano libertà, democrazia, giustizia e solidarietà. Ogni partito li declinava poi secondo le proprie basi ideologiche. Il 29 novembre, è vero, questi partiti hanno lottato in nome della giustizia e dell’etica. Ma che senso ha poi per loro l’etica quando questi eletti – perlomeno una parte – sono anche fautori della liberalizzazione delle droghe? Forse che i drammi familiari e sociali esulano dalla morale? e se la liberalizzazione sarà legale, chi continuerà a trarne grossi profitti offenderà sí o no la giustizia?

I media e il problema della loro immagine

Infine una riflessione sui media, importanti attori di questa votazione. Il giornalista – sempre del Temps – che ha intervistato Ramon Esteve, presidente della Swiss Trading and Shipping Association, gli ha chiesto a un dato momento : « N’avez-vous pas l’impression d’avoir un sérieux problème d’image? » Immagine! se ci fosse una sola parola ambigua sarebbe questa; e vuota per di piú, affinché ciascuno possa metterci o vederci quel che a lui fa comodo. Ma è purtroppo anche una parola ‘magica’ perché se uno ti dice che hai una brutta immagine ti rende depresso anche se in quel momento sei su di giri; effettivamente stuzzica o ferisce il narciso che c’è in noi, e nei politici piú di tutti. Siamo giusti : se faccio l’impossibile per essere trasparente e attraente perché il mio prodotto è di ottima qualità posso esser certo che chi ha preconcetti nei miei confronti vi troverà sempre dei difetti. Il modo piú efficace affinché quanto di buono uno fa abbia una corrispondente immagine positiva è di poter contare sull’onestà di chi guarda e giudica. Ma questa onestà presuppone in tanti casi coraggio, e molti sono oggi i giornalisti che se la fan sotto all’idea di essere onesti, tanto sono tassativi gli ordini dall’alto; e quanti politici che, alla stessa idea, proverebbero un improvviso rigetto immunitario dell’etica!

Enrico Valsangiacomo