Quanti anni ha questa intervista?
Ho mandato due giorni fa una serie di domande a Liliane Tami, un’autrice molto originale che avevo già pubblicato. La risposta è stata fulminea e, vorrei aggiungere (ma lo vedrete voi stessi), “diluviale”. Tutta la parte iniziale riguarda Milano, una città che mi è cara e nella quale ho vissuto, in tempi lontani, per 7 anni.
Un’intervista di Francesco De Maria.
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Francesco Maria Tu vivi a Milano. Descrivici Milano, la Milano di oggi. Come si vive a Milano?
Liliane Tami Milano, ai miei occhi, è una città in bilico tra El Dorado e Sodoma. Antico borgo celtico pregnante di storia, d’arte, cultura e capitale della moda (e del ben vestire) e al contempo è anche una triste metropoli seviziata da periferie disagiate, imbruttita dalla globalizzazione e sfregiata dallo squallore che nasce dall’eccessivo melting pot culturale. Negli ultimi anni Milano è, purtroppo, peggiorata. Io mi sono trovata molto bene, sia per ciò che riguarda il mondo universitario che quello lavorativo. La milano Yuppies degli anni 80, fatta da giovani in giacca e cravatta che anelano al successo professionale spassandosela tra un Gin and Tonic e l’altro è stata drasticamente lenita dalla crisi economica, ma in quei locali come il “San Carlo”, lo storico “Camparino”, che si trova nella bellissima galleria neorinascimentale dedicata a Vittorio Emanuele II, oppure al “ Bar Basso”, dove è nato il celebre Cocktail Negroni, al “Il Baretto”, i cui gestori avevano lavorato al celeberrimo Charlie Max, la famosa dancing Hall in cui suonarono anche i Beatles, o presso al più recente “Trussardi” questo spirito è ancora abbastanza vivo, seppur in via d’estinzione. Purtroppo giovani mediocri di oggi, perlopiù svogliati studenti universitari con t-shirt logora, fuori corso e con la barba mal tagliata preferiscono sfondarsi di cattivi drinks in bicchieri di plastica presso sozze discoteche di periferia piuttosto che occupare il tempo libero facendo attività colte, dal bere un buon bicchiere di vino (anche pagandolo al bicchiere, per il semplice plaisir della degustazione senza dover spendere troppo) al visitare un bel museo o una chiesa. Di luoghi d’arte a Milano ve ne sono moltissimi, vi è solo l’imbarazzo della scelta. Per ciò che riguarda i vestiti io sono molto drastica: non ho mai seguito la moda e, da quanto sto a Milano, ho iniziato proprio a detestarla. La settimana della moda è indubbiamente una grande manifestazione di estremo interesse economico, lavorativo e mediatico, ma per carità non ditemi che sia anche un evento di buon gusto. Anzi! Gli stilisti più celebri del giorno d’oggi sembrano fare a gara a chi riesca a sfornare l’accozzaglia di abiti più incongrua e stramba. I personaggi famosi di oggi, come Rihanna, Johnny Depp, Fedez o altri pagliacci si vestono in modo obbrobrioso, volgare e di cattivissimo gusto. Dove sono i modelli di bellezza sobria ed elegante come Virna Lisi, Grace Kelly, Jean Cocteau o Sean Connery? Guardate come si conciano le modelle in passerella: sembrano delle barbone daltoniche. L’esposizione sulla moda che ha avuto luogo presso la Triennale l’anno scorso era infatti il museo degli orrori delle stoffe sintetiche e dei colori acidi. A Milano, la celebre via Monte Napoleone, con le sue costosissime marche fashion internazionali, francamente, mi piace ben poco. A cosa serve comprare un vestito a Milano di Dolce e Gabbana, H&M o Gucci se lo puoi comprare uguale identico a Hong Kong, New York, Madrid e Tel Aviv? Nella Milano colta si dice che l’arte del ben vestire classico nasca dalla capacità di equilibrare alla perfezioni capi di sartoria su misura (e mi viene in mente Al Bazar di Lino Ieluzzi) con le chicche trovate ai mercatini vintage sul Naviglio. Tutto il resto è moda, e passa rapido (ed inutile) com’è venuto. Un buon politico dovrebbe impegnarsi affinchè le piccole aziende artigianali, le botteghe di sartoria e pelletteria a conduzione famigliare riescano ad avere il sopravvento sui colossi del mercato internazionale. A Milano, purtroppo, sempre più negozi storici (dalle piccole orologerie in zona duomo alle salumerie nei vicoli stretti) stanno soccombendo alla globalizzazione perché la concorrenza dei supermarket e dei centri commerciali è insostenibile.
Milano è una città ordinata? Oppure: in quali sue parti lo è?
LT Milano, in quelle vie che in passato appartenevano al borgo protetto dalle mura, oggi perennemente sorvegliate dai militari coi fucili in mano per l’operazione “Strade Sicure”, è elegante, raffinata, pulita ed ordinata. Passeggiare in centro è un piacere e, per fortuna, si vede sempre più gente s’avvale della bicicletta, sia privata che pubblica. Adesso si usa abbastanza fare il bike-sharing, anche se secondo me le piste ciclabili sono ancora scarse. Nel centro, tra il castello e il duomo, gli edifici sono perlopiù storici (rinascimento, periodo austro-ungarico, tardo ottocentesco, architettura razionalista fascista) e la viabilità, grazie alle nuove norme di regolarizzazione del traffico è migliorata. Nella zona di Brera possiamo trovare la preziosa casa di Alessandro Manzoni, aperta per eventi culturali, la grandiosa opera dell’architetto Giuseppe Pier Marini conosciuta col nome “teatro La Scala” (i pensionati milanesi sanno che nel Loggione si può assistere a splendidi concerti pagando solo 7 €, ma è un segreto da non svelare!) . A pochi minuti a piedi dal Duomo si può raggiungere Corso Magenta, dove in faccia all’ex orfanotrofio delle Stelline, nato nel 1515 ed oggi hotel di lusso e sede di mostre e concerti, si erge la bellissima volta della Basilica di Santa Maria delle Grazie in cui è possibile ammirare il Cenacolo di Leonardo Da Vinci, che si apprezza molto meglio se prima si è attraversata la strada per vedere la suntuosa dimora dell’architetto Piero Portaluppi nel cui chiostro … cresce una vigna avente lo stesso DNA di quelle coltivate dal grande genio rinascimentale appassionato di enologia! La Milano culturale, che si estende tra i navigli ideati da Leonardo da Vinci, raggiunge l’arco della Pace completato nel 1838 per festeggiare il Congresso di Vienna, sino al museo della Villa Poldi Pezzoli, il Museo d’arte Moderna, all’impressionante ossario composto da più di 1300 teschi nella chiesetta di San Bernardino delle Ossa, vicina all’Università Statale, è davvero un gioiellino. Purtroppo, come spesso accade, questo meraviglioso diadema architettonico è posto al collo d’una donna volgare, ignorante e sgarbata.
Quali sono invece i quartieri invivibili?
LT La periferia di Milano è, ahimè, decadente, trascurata e brutta. Io ho paura di andare in giro da sola in certi posti di sera. I quartieri suburbani, come la zona Giambellino o la zona Corvetto, sono trafficati, sporchi, sviliti dai graffiti e dalla sporcizia, le splendide case austroungariche o liberty dal gusto mittel-europeo tipiche del centro sono sostituite da ripugnanti palazzoni decostruzionisti post-moderni grigi e già traballanti. Molti rom e drogati vivono sotto ai ponti e tra le macerie di edifici crollati. La periferia di Milano, cloaca di palazzoni in cemento in cui gli uomini vivono ammassati come bestie in un alveare, è un vero e proprio problema urbano: vi sono tantissime case popolari sfitte ed occupate abusivamente da italiani ridotti al lastrico e da stranieri accattoni. Le abitazioni popolari, del comune e dell’ALER, sono sovente fatiscenti. In Italia il problema dei senza tetto e delle case vuote è davvero grave e a quanto pare anche i politici non osano proporre soluzioni perché sono ostruiti dalla mafia, che dalla gestione immobiliare sporca ricava un notevole fatturato. Durante l’università ho svolto un tirocinio presso la Prefettura di Pavia ed seguito alla laurea ho lavorato per il giornale La Repubblica occupandomi delle comunicazioni legali ed in particolare delle Aste Immobiliari sul territorio: avendo frequentato diversi giudici (nello specifico i diversi presidenti delle sezioni civili di Monza, Bergamo, Milano, Busto Arsizio, ecc.) posso dire con certezza che in Lombardia problema degli alloggi sta diventando sempre più grave. Tutte le settimane mi passavano tra le mani centinaia e centinaia di documenti inerenti al pignoramento di terreni e beni immobili ai privati da parte dello stato affinchè, rivendendoli, lo Stato Italiano possa saldare il debito accumulato dai privati (o dalle aziende) nei confronti delle banche che hanno erogato il prestito. E gli edifici pignorati e messi all’asta, sovente, arrivano anche alla quarta asta senza trovare un acquirente, cosa che poi costringe a svalutarne ancora ulteriormente il prezzo. Tra Casa Pound (di estrema destra, no-global e di stampo neofascista) e i centri sociali (a favore della globalizzazione, libertari, di stampo comunistoide e autodistruttivo) sempre più giovani cercano di occupare, anche con mezzi violenti ed estremamente ingenui, le case sfitte.
Come vivono i migranti a Milano?
LT Nel tempo libero, in un centro interculturale, svolgevo l’attività di professoressa di italiano, storia e filosofia per aiutare i giovani ragazzi migranti ad integrarsi. Seguivo adolescenti di 13-17 anni provenienti da Siria, Cina, Marocco, Libano e di etnia Rom. Alcuni provenivano da situazioni di guerra ed erano figli di disertori (oggi chiamati profughi). Per me è stata davvero una bella esperienza ed ho avuto molto piacere a fare quest’opera, anche se non ha fatto che accrescere il mio sentimento poco favorevole all’immigrazione. Alcuni ragazzini erano davvero bravi (un giovane in particolare mi ha stupito molto: 14 anni, figlio di clandestini provenienti dall’Egitto, appassionato di Schopenhauer ed abilissimo nel disegno) ma la maggior parte… erano disadattati, pigri, svogliati, poco capaci di integrarsi, cafoni e soprattutto abituati a tenere condotte malsane, come bere, fumare e stare in giro fino a tardi. Non è colpa loro: è normale che un adolescente, con poche possibilità economiche, senza adulti sereni con cui identificarsi e con grosse difficoltà linguistiche inizi a covare nel suo animo un dolore che lo porta poi a perseguire una condotta autodistruttiva e distruttiva. La cosa buona e giusta da fare sarebbe bloccare ermeticamente i confini dell’Europa e fare entrare solamente gli stranieri con un buon reddito, con un lavoro stabile ed una situazione famigliare e di salute buona, (come fanno negli Emirati Arabi) affinché questa diaspora del dolore non venga ad infettare anche questo nostro continente sempre più sofferente e povero. Inoltre l’immigrazione crea anche un ulteriore problema urbanistico: il fatto che sempre più migranti extra-europei con pochi mezzi economici vogliano vivere in Europa implica l’inevitabile sovrappopolamento delle periferie. In futuro gli architetti saranno costretti a sviluppare le città in altezza, costruendo sempre più casermoni-alveari a poco prezzo. Come vivono i migranti? Esattamente come la maggior parte degli italiani,appartenenti alla fascia dei working-poor, ossia persone che si spaccano la schiena al lavoro (precario) per un salario miserrimo. Mangiano Kebab e da Mc Donald, tifano Balotelli, non hanno soldi per i libri ma hanno l’i-phone alla moda, indossano abiti made-in-china e spendono nel week end i pochi risparmi in locali squallidi tra vodka cattiva e donnacce che emulano Belen Rodriguez.
Milano può avere un sindaco “di sinistra”… o un sindaco “di destra”. La vedi come una differenza sostanziale per la vita e il destino della città?
LT Giuseppe Sala? Per me un uomo che si preoccupa di organizzare festicciole gay (Milano pride) invece che preoccuparsi delle giovani coppie italiane che desiderano avere un figlio ma non possono perché mancano gli aiuti dello stato, gli alloggi e la possibilità di farsi un futuro tranquillo non merita di occuparsi della Res Publica. A parer mio, a prescindere dall’orientamento di destra o di sinistra, un sindaco ha l’obbligo morale di sostenere le piccole aziende locali, deve favorire la nascita di piccole botteghe e limitare l’insediarsi di grossi fabbriconi, deve ostacolare in tutti i modi possibili l’insediarsi dei colossi internazionali che producono oggetti spazzatura usa-e-getta e prima di accogliere gli stranieri deve preoccuparsi di dare almeno un alloggio decente a tutti i suoi cittadini e delle strutture scolastiche prestanti e non fatiscenti o sovraffollate. Inoltre, prima di preoccuparsi dei diritti delle minoranze egocentriche bisognerebbe prestare occhio alle necessità della maggioranza silenziosa: piuttosto che dare soldi, diritti e strutture ai pochi che si lamentano ad alta voce; lo stato dovrebbe, ad esempio, stipendiare le donne che svolgono il lavoro a tempo pieno della casalinga. Se l’occuparsi della prole fosse una professione retribuita le donne starebbero di più a casa, seguirebbero meglio i figli educandoli meglio (oggi la solitudine dilaga tra gli adolescenti e la maleducazione che ne consegue è palese) e… ci sarebbero più posti di lavoro per gli uomini. Vabbè… io ho studiato filosofia ed ho il brutto vizio di speculare sui massimi sistemi e di straparlare di utopie, pardon.
Ho parlato abbastanza a lungo con te e mi sei sembrata una giovane donna molto idealista. Che cosa pensi del denaro? Può essere considerato “poco importante” nella vita?
LT Dio Denaro? Odi et Amo, direi, per citare Catullo. Il giorno della festa del papà di due anni fa mi sono tatuata il simbolo del dollaro sul polso (il $ rappresenta la serpe diabolica che striscia tra le due colonne, Johaz e boachim, del Tempio del re Salomone) . Questo sfregio è il mio cilicio. A quei tempi seguivo il percorso di catechesi presso le Suore Canossiane di Pavia e mi sono accorta di non essere pronta per una vita puramente spirituale. Oggi leggo con grande interesse Gottfried Feder, le cui tesi, per fortuna, non vengono insegnate nelle università… Per me l’unico denaro “buono” che esiste è quello che deriva dal lavoro meritevole ed onesto, il denaro che deriva invece dal tempo o dallo spazio (es. l’usura o l’affitto) io lo reputo sporco (all’università diedi un esame di religione islamica in cui si parlava proprio del “denaro immeritato che non deriva dal lavoro”). Il denaro dovrebbe essere il premio per un prodotto o un servizio che una persona virtuosa immette sul mercato e deve essere meritato. Gli ereditieri, senza arte né parte, o le persone grette che si arricchiscono con matrimoni, lotterie o in modi immeritevoli in me creano solo disprezzo. D’altronde, i ricchi ignoranti li riconosci subito: spendono denaro in cose frivole, alla moda e stupide solo per darsi un tono e, pur avendo un capitale in banca, non riescono ad investirlo per farci opere buone ed utili alla società, ma lo usano per ingrassare i loro vizi. Inoltre, fondamentale, il denaro secondo me non può essere carta straccia: deve essere legato alle riserve auree (come prima dei trattati di Bretton Woods) affinché il suo valore non possa fluttuare troppo. La cosa più saggia da fare è, secondo me, investire il proprio denaro in beni-rifugio. Terreni, opere d’arte, oro, gioielli ed orologi in caso d’inflazione non perdono il loro valore. Non a caso, quel volpone di George Soros, appena ha visto che l’Inghilterra è uscita dall’U.E., ha cambiato tutte le sue sterline in oro…
Che cosa hai studiato sin qui e che cosa intendi studiare in futuro? Se tu potessi scegliere, vorresti essere (prima scelta): a) una giornalista b) una romanziera c) una poetessa d) una critica d’arte ?
LT Da giovane (ora ho la veneranda età di 25 anni) scrivevo poesie. Ho pubblicato un libro, frequentavo i salotti letterari di Silvio Raffo a Varese, di Dario Bertini e dell’Osteria Alle Carceri di Pavia ed ho vinto il secondo premio di poesia Alda Merini. Conoscevo bene la traduttrice ufficiale di Charles Bukowski in Italia e andavo volentieri alle assurde serate di Andrea Pinketts. In Ticino seguivo con interesse l’attività di Armida de Marta con Poestate. Venni intervistata da Rai Due per il programma culturale Baobab. Poi, improvvisamente, come Rimbaud, ho smesso di mostrare in pubblico i miei versi perché ho capito che la poesia deve trattare di temi universali, nobili e collettivi, altrimenti, se è semplice piagnucolio da artista sofferente, è bene che stia muta. Invece per ciò che riguarda la scrittura in prosa… beh, è un mondo per me in perenne divenire! Per il momento posso solo invitarvi a leggere i miei pezzi, che appaiono su Das Andere, sul mio blog e sui giornali che me lo chiedono. Oramai, dopo un lungo impegno, anche testate di pregio iniziano a retribuire in modo serio il mio costante impegno nella scrittura.
Tu sai scrivere bene e ti sei già cimentata in vari esercizi di scrittura. Vuoi dirci che cos’hai prodotto?
LT Tante cose. Articoli di giornale, interviste, storielle, critiche… la cosa di cui sono più orgogliosa è la mia collaborazione giornalistica con Das Andere, l’associazione fondata dal mio migliore amico Giuseppe Baiocchi (uomo elegante, colto, raffinato e ambiziosissimo che secondo me darà alla società tante belle cose buone, utili e vere) e gli articoli che prossimamente pubblicherò su Arbiter, il più prestigioso giornale del mondo trattante temi tali il lusso, l’arte, la cultura, l’artigianato e l’enogastronomia. È una testata davvero bella, preziosa e nobile, soprattutto per i valori etici e morali che trasmette. Consiglio a tutti di acquistarne una copia in edicola (ordinatela: purtroppo a Lugano non sempre si trova!)
Quando vieni a Lugano, quali amici, quali ambienti frequenti?
LT Le rare volte in cui torno sul mio amato Patrio Suol… frequento le mie famiglie (ne ho due) e in particolare quella di Cureglia, che amo immensamente e a cui sono infinitamente grata per tutto l’affetto, la pazienza e l’educazione impeccabile che mi hanno donato. Sugli ambienti che frequento la penso come mia nonna: la discrezione è sinonimo d’eleganza.
Da che parte batte il tuo cuore politico?
LT In Italia amo molto la vecchia Lega di Bossi, in Svizzera ho il cuore teso tra Lega e l’ UDC. Nella mia testolina da sognatrice utopista kantiana penso che la forma politica perfetta sia una forma di auto-governo che ricalchi la democrazia estrema (anarco-comunitaria e fortemente autarchica ed identitaria) e con uno stato il più lieve possibile, ma che al contempo… sia sorretta da un popolo estremamente autodisciplinato, regolato ed intransigente.
Visto con i tuoi occhi, chi detiene più potere politico in Ticino?
LT Non vivo abbastanza il Ticino per poter parlare.
Tu ammiri il Lac? Pensi che il Lac sia una grande conquista per la Città?
LT Il Lac mi piace molto e trovo che sia un’ottima struttura. Inoltre, essendo locato proprio in fondo alla Via Nassa, motiva la gente a percorrerla tutto e quindi è più sollecitata a guardare anche le ultime vetrine nella zona dell’istituto Sant’Anna. Accresce certamente il commercio in quella zona. Io personalmente ho gusti molto classici per ciò che riguarda l’arte ed il teatro, ma trovo che Finzi Pasca sia davvero un grande artista e sostenerlo è secondo me un’ottima cosa. Spesso il gusto soggettivo non coincide col vero valore di un artista, ma il semplice fatto che Finzi Pasca abbia chiuso le Olimpiadi di Sochi fa capire che possiede anche un grande valore mass-mediatico e di mercato, a prescindere dalle sue performance. L’arte, d’ altronde, è un servizio che si dona ai servizi e investire su di essa serve anche per lasciare una testimonianza storica di una data epoca ai posteri. Gli archeologi del futuro avranno come ricordo della Lugano del ventunesimo secoli proprio il Lac, e questa cosa mi rende fiera.
Alcuni pensano (e hanno dichiarato pari pari): “il LAC è un vero spreco, a vantaggio di una cerchia ristretta di cittadini privilegiati”. Tu condividi questa opinione?
LT Io penso che siccome il Lac stia cercando di lavorare in sinergia con le scuole (edu lac) e promuova diversi corsi e laboratori artistici sia per ragazzi che per adulti stia anche offrendo un servizio agli abitanti di Lugano. Secondo me, però, è importante non perdere di vista la Stella Polare: il Nord è la bellezza assoluta e non soggettiva, la copia dal vero, la technè, il canone d’armonia usato durante l’età Classica, la Mimesis, elogiata da Goethe e Schiller. Mi va bene la creatività degli artisti post-moderni, ma è bene che la galleria -1 di Giancarlo e Danna Olgiati non detti troppo legge in fatto di gusto. L’antiquariato, la maiolica, i preziosi mobili d’epoca, la pittura ad olio, i paesaggi romantici, le sculture neoclassiche…. L’arte classica e moderna (quella antecedente e compresa tra il 1400 al 1900) non devono essere trascurate a vantaggio di quella più contemporanea e post-moderna (dal 1900 ad oggi). Le opere dei maestri ellenici e classici come Policleto, Fidia, Prassitele, i sognanti paesaggi storici di Alma Tadema, le rovine di Caspar David Friedrich, le allegorie Friedrich Overbeck, i panorami romantici (e la veduta di Bellinzona!) di William Turner, gli orologi inglesi di William Webster, le maioliche dei Della Robbia, i gioielli di Fabergé, le sculture del Canova, i progetti architettonici di Schinkel… la storia è costellata d’artisti bravissimi e quotatissimi che andrebbero valorizzati davvero, a differenza dei nuovi fenomeni mass mediatici come Cattelan che fanno scalpore solo perché scandalizzano. L’arte attuale, parallela e successiva alle grandi avanguardie dello scorso secolo, come il dadaismo, il cubismo, l’arte concettuale, l’arte pop e contemporanea e soprattutto tutte le stravaganze del post-moderno non devono eclissare l’arte moderna e classica. Mi vanno bene gli autori che fanno avanguardie, ma non devono essere loro a detenere il monopolio. Il mercato dell’arte gira e la storia è un susseguirsi di tesi, antitesi e sintesi: nel giro di un secolo, probabilmente, certe pagliacciate creative di sedicenti artisti scompariranno miseramente nelle piaghe della storia. Come dicevo prima è bene investire in beni rifugio, ossia in autori la cui attività risale ad almeno mezzo secolo addietro affinché si abbia almeno una minima certezza della stabilità delle loro quotazioni. Ai Wewei secondo me è un imbecille: le sue schifezze adesso sono molto alla moda, ma solo la storia potrà dire se davvero sarà degno di restare nella memoria della collettività. E, aldilà delle sue provocazioni politiche, secondo me è un incapace che dev’essere eclissato dalla memoria pubblica.
Il Lac è, per così dire, “trinomiale”, fatto di mostre, teatri, concerti. Quale parte ti attira di più?
LT Queste tre arti devono essere, come diceva Richard Wagner, sviluppate in parallelo affinché si crei la “Total Kunst”. Ma a una condizione: che mandino messaggi in grado di reggere il triplice setaccio socratico, ossia l’utile, il vero ed il bello. Sul palco io voglio vedere attori bravi che si impegnano ad inscenare drammi greci o pezzi di Oscar Wilde, che cantino opere di Verdi e che siano reduci da ore di sudore e fatica dopo aver dovuto imparare il Faust di Goethe a memoria. Non ho nessuna intenzione né di pagare tasse né di pagare un biglietto per vedere buffoni che improvvisano scemenze sul palco o pagliacci che declamano poesie senza senso, senza la minima metrica, senz’aura, per citare Walter Benjamin, o Entartete, per citare l’innominabile. L’arte pubblica dev’essere bella ed educativa, quindi secondo me artisti come Basquiat, drogato che faceva ripugnanti scarabocchi, o Alberto Burri, che bruciava sacchi della spazzatura, non devono avere il privilegio di avere le loro opere esposte da un ente pubblico. Un ente pubblico deve educare il popolo verso al bello, all’ordine ed all’armonia. Un privato coi suoi soldi fa quello che vuole, quindi può anche esporre le installazioni artistiche più brutte e sgorbie senza sentirsi in colpa nei confronti del resto della Polis. Nei confronti di artisti come Mimmo Paladino, infatti, ho i miei dubbi. Siamo davvero sicuri che resterà nella storia? Anche Medardo Rosso ha fatto, alla fine del 1800, statue davvero ripugnanti e informi, ma dopo un secolo di fama abbiamo la certezza del suo valore sul mercato.
Se Lugano aumentasse le tasse ai suoi cittadini dicendo loro: “Dobbiamo pagare il Lac”, tu lo troveresti giusto?
LT Lo troverei giusto alle seguenti condizioni : 1) che l’arte ivi esposta abbia un reale valore artistico/tecnico o storico 2) che al contempo l’erogazione di denaro al museo non crei gravi mancanze là dove vi sono invece necessità di prima importanza. Se in Svizzera venissero a mancare ad esempio l’assistenza pubblica minima, la pensione certa per gli anziani, lo stipendio per gli insegnanti o se le strade fossero piene di buche e i muri eccessivamente imbruttiti dai graffiti, allora, investire nell’arte risulterebbe superfluo. Per il momento possiamo ancora permetterci di pensare ad abbellire la nostra anima con opere d’arte. Se l’indebitamento pubblico crescesse troppo e iniziassero a presentarsi gravi lacune sempre più tangibili, sarebbe allora bene ascoltare la Lega e Silvana Minoretti, secondo cui l’arte sì è importante, ma non fondamentale.
Liliane Tami