Michael Sfaradi, scrittore e giornalista

Mossad, una notte a Teheran è ai vertici nella classifica dei libri thriller spionistico più venduti della settimana, dopo Ken Follett e Robert Harris. Cosa si prova?

Si tratta di una classifica parziale dei più venduti nel settore dei romanzi di spionaggio, comunque essere terzo dopo i miei due autori preferiti, lasciamelo dire, è una soddisfazione enorme.

Come e quando le è venuta l’idea del romanzo?

L’idea del romanzo è la stessa che mi ha portato a scrivere anche i miei romanzi ‘I lunghi giorni della Arctic Sea’ e ‘Stinger’. Cioè usare le informazioni senza fonte per raccontare in narrativa quello che non si può scrivere nella cronaca per mancanza di ‘pezze d’appoggio’. Come ho già detto altre volte bisogna usare la fantasia per far combaciare determinati pezzi di un puzzle giornalistico che altrimenti rimarrebbero per sempre dentro i cassetti di qualche scrivania.

Perché?

Perché scriverlo? Perché qualcuno deve farlo.

Nel suo romanzo di spionaggio, la Bibbia è una costante. Come mai questo cocktail di religione e 007?

Fantasia? Momento di spiritualità nella scrittura? Non saprei, forse perché spero nell’aiuto dell’Onnipotente affinché il Medioriente non sia sconvolto da una guerra nucleare.

Nel suo romanzo, ispirato a fatti realmente accaduti, si parla di come il governo iraniano continuasse il suo programma nucleare militare anche dopo la firma dell’accordo di Ginevra: se l’Iran avesse l’atomica, cosa accadrebbe per il mondo?

In Piazza Palestina a Teheran c’è un orologio che conta il tempo rimasto prima della distruzione di Israele, ecco cosa accadrebbe se gli Ayatollah riuscissero ad acquisire l’arma nucleare.

Israele non ha mai confermato di avere un arsenale nucleare…

E mai lo confermerà, la luce nella stanza del Golem di Praga era sempre accesa.

Nel romanzo fa spesso riferimento alla rivoluzione di Khomeini. Come è potuto accadere che il Paese civilizzato dello Scià, divenisse una dittatura sciita?

Bisognerebbe chiederlo a Jimmy Carter, il peggior presidente che gli USA siamo mai riusciti a partorire e uno dei personaggi del dietro le quinte dei due mandati di Obama. Uomo così di sinistra che ha seguito più l’ideologia che il pragmatismo, con risultati che ancora oggi sono sotto gli occhi di tutti coloro che hanno il coraggio di guardare in faccia la realtà.

Si potrà mai tornare indietro, alla civiltà di Reza Pahlavi?

Ci vorrebbe un miracolo, una monarchia in Persia sul modello delle monarchie europee come Spagna, Gran Bretagna, Danimarca, Olanda o Svezia. David Ben Gurion disse che in Israele per essere realisti bisogna credere nei miracoli.

Perché la Francia di Mitterrand protesse e anzi aiutò Khomeini? Perché l’America e l’Inghilterra non fecero nulla?

La Francia di Mitterrand ha protetto molti delinquenti e assassini, Khomeini è solo uno dei tanti.

Cos’è il sionismo?

La più bella definizione del Sionismo la dette il compianto Herbert Pagani nella sua ‘Arringa per la mia terra: “Che cos’è il Sionismo? Si riduce a una sola frase: l’anno prossimo a Gerusalemme. No, non è lo slogan di qualche club di vacanza; è scritto nella Bibbia, il libro più venduto e peggio letto del mondo. E questa preghiera è diventata un grido, un grido che ha più di 2.000 anni. E il padre di Cristoforo Colombo, di Kafka, di Proust, di Chagall, di Marx, di Einstein e anche quello del sig. Kissinger hanno ripetuto questa frase almeno una volta l’anno: il giorno di Pasqua. Allora, il Sionismo è razzismo? Ma non fatemi ridere. Il Sionismo è il nome di una battaglia di liberazione e come ogni movimento democratico ha le sue destre e la sua sinistra di cui nessuno qui parla perché non ha i mezzi per farsi sentire e quindi non ha amici.”

Lei è sionista?

Io sono israeliano.

Cosa pensa di Trump?

Una Notte a Theran, Michael Sfaradi, La nave di Teseo, 2020, 538 pagine. Ordinabile in tutte le librerie e disponibile in tutto il Canton Ticino, distribuito dal gruppo Prodest.

Ha portato l’ambasciata USA a Gerusalemme ed è stato l’artefice della normalizzazione dei rapporti fra Israele ed Emirati Arabi e fra Israele e Bahrein. Al contrario dei suoi predecessori non ha iniziato nessuna guerra. Il Nobel per la pace dovevano darlo a lui, ma si sa come vanno certe cose in certi posti.

E di Netanyahu?

Benjamin Netanyahu da ministro del tesoro del Governo Sharon riuscì, con le riforme studiate insieme a Stanley Fischer, che aveva voluto come governatore della Banca di Israele, non solo a salvare la nazione dallo tsunami economico che devastò il mondo dopo il fallimento della Lehman Brothers Holdings Inc. e al domino che ne seguì, ma a far salire il livello di vita in Israele fino a far diventare lo Stato Ebraico fra le più economicamente importanti nazioni del mondo. Da Primo ministro è riuscito più volte ad evitare guerre aperte nella Striscia di Gaza, anche quando sembrava che non potesse esserci altra via d’uscita che non lo scontro aperto. Tutto questo senza mai calare l’attenzione sulla difesa preventiva contro il traffico di materiale bellico fra Iran ed Hezbollah. Nonostante ciò viene descritto nel mondo come il diavolo. Non voglio dare la mia idea sul personaggio, ma desidero riportare quanto lui abbia fatto per Israele al netto delle critiche.

Forse non si può dire, ma la sua attività di giornalista ha avuto a che fare con l’Intelligence?

Ha ragione, non si può dire.

 

intervista a cura di Chantal Fantuzzi