Jean-Paul Belmondo, attore francese d’intramontabile fama, si è spento a 88 anni, nella sua casa di Parigi, dove era malato da tempo. Secondo il suo avvocato, Michel Godest, citato dalla France Presse, l’attore si è spento serenamente.
Stella eterna del cinema, Belmondo lascia in eredità titoli immortali quali ‘A bout de souffle’ (Fino all’ultimo respiro) di Jean-Luc Godard o ‘Le Guignolo’ (Il piccione di Piazza San Marco) di Georges Lautner, nel quale sorvola il cielo della Serenissima, appeso ad un elicottero.

Belmondo era figlio di un italiano, scultore di ottima fama, Paolo Raimondo. Era nato a Neuilly sur Seine, appena fuori Parigi ed aveva esordito a teatro.
Poi, nel 1958, sotto la regia di Marc Allegret (1958), aveva esordito in ‘Peccatori in Blue Jeans’; diretto dal giovane Claude Chabrol in ‘A doppia mandata’, un anno dopo (1959) aveva continuato la scalata del successo.
Parallelamente ad Alain Delon, che splendeva in ‘Delitto in pieno sole’ (regia di René Clement), Belmondo entra nel pantheon degli immortali con Jean-Luc Godard che lo vuole protagonista di ‘Fino all’ultimo respiro’ (1960) e poi, cinque anni più tardi, di ‘Pierrot le fou’ (1965).
Belmondo si fa presto soprannominare “Bebel” onde sottolineare il suo carattere sbarazzino e con innata simpatia comunicativa, gioca la carta dello scanzonato, tanto quanto Delon gioca quella del bel tenebroso.
Esordiscono entrambi con la stessa guida Yves Allegret, entrambi entrano nel pantheon cinematografico italiano: Belmondo veste infatti presto i panni di Michele ne ‘La ciociara’ di Vittorio De Sica e poi di Amerigo ne ‘La viaccia’ di Mauro Bolognini (1961).
“Bebel” trionfa anche nel poliziesco: con Claude Sautet in ‘Asfalto che scotta’ (1960), con Jean Becker in ‘Quello che spara per primo’ (1961), con Henri Verneuil in ‘Quando torna l’inverno’ (1962), con Jean Pierre Melville in ‘Lo spione’. E proprio con Melville entrerà nell’apprezzamento più totale della critica.
Poi, Belmondo se la gioca col successo popolare. Così accetta di interpretare ‘L’uomo di Rio’ diretto da Philippe de Broca (1964), in cui fa egli stesso lo stuntman, senza mai accettare controfigure.
Alla fine, nel 1970, in ‘Borsalino’, recita a fianco del suo rivale Delon: la coppia fa un successo planetario.
Acrobatico e romantico, come un Tristano dei romanzi cavallereschi, “Bebel” torna al cinema d’autore nel 1974 accettando la parte del truffatore Stavisky nell’omonimo film di Alain Resnais. Parallelamente, però, lavora coi maestri di sempre, come Gérard Oury, Philippe Labro, Henri Verneuil, Jacques Deray e Georges Lautner, sino ad ottenere il Premio César come miglior attore nel 1989 per ”Una vita non basta” di Claude Lelouch.
Belmondo ha lavorato con i registri più celebri e popolari, da Claude Lelouch a François Truffaut (‘La mia droga si chiama Julie’), conia una perfetta coppia con la “spalla” Lino Ventura.
Anche nella vita privata, Belmondo può dirsi soddisfatto. Sposatosi per ben due volte, prima con la ballerina Elodie che gli ha dato tre figli, poi con l’ultima compagna Natty, è stato legato a lungo anche con Laura Antonelli.
Si spegne un attore simbolo degli anni d’oro della Nouvelle Vague, conio perfetto tra Francia ed Italia.