“Alcuni mostrarono diffidenza o scetticismo; molti altri profondo interesse e addirittura entusiasmo”

Il 26 aprile 1996 Marina Masoni, da un anno consigliera di Stato (e prima consigliera di Stato del Ticino), presentava ufficialmente le sue “101 misure” in tempo di crisi. In occasione dell’anniversario siamo lieti che abbia accettato di rispondere ad alcune nostre domande, anche perché le sue interviste non sono frequenti.

Marina, hai lasciato la vita politica da 14 anni ma tutti ti ricordano… e molti ti rimpiangono!

Un’intervista di Francesco De Maria

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Francesco De Maria Qual era la situazione economica del Cantone nel 1996? Poteva essere definita critica? Quali scompensi economici provocarono la crisi?

Marina Masoni Il Cantone era colpito da una profonda e lunga crisi economica. Nella prima metà degli anni Novanta, il PIL reale pro capite aveva perso quasi il 10%, tra il 1991 e il 1996 erano stati persi quasi 20’000 posti di lavoro e tra il 1990 e il 1996 la disoccupazione era quadruplicata, arrivando al 7,6%, con oltre 10’000 disoccupati. Indubbiamente era una situazione molto critica. La crisi era strutturale: la globalizzazione aveva investito tutto il territorio svizzero e l’aveva reso in breve tempo molto meno competitivo. Per il Ticino (economicamente più fragile della Svizzera), le conseguenze di questo processo in atto nel mondo intero, con forti pressioni sui costi e i salari, avrebbero potuto essere pesantissime. Ma la globalizzazione offriva anche opportunità: occorreva predisporre il nostro territorio a coglierle adeguando rapidamente i nostri fattori di competitività. L’alternativa era un declino controllato, un’opzione non praticabile. Il nuovo compito dello Stato diventava quindi quello di sostenere la competitività, per produrre maggiore ricchezza e farne beneficiare, in termini di benessere e accresciute opportunità, tutta la popolazione

Le 101 misure avevano un concetto comune? A titolo d’esempio, citi due misure particolarmente significative.

L’idea di fondo era proprio questa: competitività economica per generare opportunità e lavoro a beneficio di tutti, mantenendo salda la coesione sociale. Significativo era soprattutto l’insieme delle misure, che si inserivano nel quadro del cantone universitario e dell’alleanza tra sapere e produrre che stava nascendo. Ma per citarne solo due: la nuova legge sul rilancio dell’occupazione e il sostegno ai disoccupati (incentivi alle assunzioni, incentivi all’autoimprenditorialità, bonus di inserimento in azienda e misure attive di reinserimento) e la nuova legge per l’innovazione economica (modifica del concetto di innovazione; introduzione di diverse agevolazioni per nuove aziende e incentivi per quelle esistenti).

Come furono accolte dal mondo politico? E dal mondo imprenditoriale?

Il documento delle 101 misure fu presentato con l’avvio di una consultazione aperta a tutti gli interessati. Si avviò subito un dibattito molto vivace: da un lato, soprattutto all’inizio, vi fu un certo scetticismo o diffidenza da parte di alcuni mass-media, partiti e organizzazioni, ma dall’altro alto vi fu profondo interesse e anche entusiasmo da parte di imprenditori, di molti cittadine e cittadini e di associazioni economiche. Oltre 1000 interessati fecero richiesta del documento, ricevemmo circa 200 prese di posizione scritte e 300 persone parteciparono alla discussione organizzata nell’aula magna della scuola di Trevano al termine della consultazione. Questo confronto aperto e approfondito ci permise di affinare il documento e ci aiutò molto a realizzarlo.

La loro attuazione fu completa o soltanto parziale? Nel 2007 si potè tracciare una valutazione complessiva della loro efficacia?

Su 101 misure, 81 furono realizzate appieno. Solo 7 furono abbandonate, qualcuna realizzata solo in parte. Oltre l’80% delle misure concretizzate mi pare un ottimo risultato. Nel 2006 tracciammo bilancio positivo: in Ticino il PIL reale pro capite era tornato a crescere recuperando il crollo della prima metà degli anni Novanta, il carico fiscale di cittadini, famiglie e aziende era diminuito e i gettiti aumentati; il tasso di disoccupazione era tornato sotto il 5% ed erano stati creati oltre 10’000 posti di lavoro.

Quali potrebbero essere le nuove “101 misure” (o anche un po’ di meno…) dell’anno 2021 ?

Le contingenze impongono con urgenza una serie di misure puntuali e di brevissimo termine affinché il tessuto economico non esca devastato dalla pandemia e dalle misure anti-pandemia decise dal consiglio federale. Penso innanzitutto ai vaccini (che ci permetterebbero di tornare alla normalità e la cui gestione non è degna del nostro paese), a un concreto piano di rientro alla normalità e alla libertà, ma anche a indennizzi tempestivi e completi per le attività chiuse o limitate dalle autorità. Non si tratta di concedere “aiuti straordinari”, ma di riconoscere indennità adeguate alle gravi limitazioni imposte alla libertà di industria e di commercio, un diritto fondamentale garantito dalla nostra costituzione. E non solo a chi ha perso almeno il 40% della cifra d’affari. Non viene mai ripetuto abbastanza, ma la cifra d’affari non è l’utile. Non si può pensare che un’azienda perda il 40% della cifra d’affari per un anno e oltre e poi sia ancora viva per fare richiesta degli aiuti. Poi, al di là di questa emergenza contingente, dobbiamo guardare al medio termine.

Il bivio davanti al quale ci troveremo una volta superata la pandemia è per certi versi analogo a quello davanti al quale ci eravamo trovati negli anni Novanta: vogliamo un Ticino difensivo, ripiegato su se stesso, che gioca in difesa e guarda indietro o un Ticino aperto, innovativo, coraggioso, inventivo, che gioca in attacco?

Per me non ci sono dubbi: il futuro appartiene alla seconda visione. Nell’altra non c’è futuro. C’è invece un rischio di declino aggravato da un fattore che 25 anni fa non c’era: il regresso demografico. Chi ha cullato il sogno o l’utopia della decrescita felice ora dovrebbe avere un’idea più chiara di cosa significhi la decrescita. È l’atrofizzarsi della società. E in questo scenario perde di più chi oggi ha meno, anche se l’effetto regresso investirebbe l’intera comunità. La visione che può darci nuove opportunità è quella del Ticino innovativo, inventivo, coraggioso, aperto, che gioca in attacco.

Con quali contenuti o priorità? Lavoro qualificato; impegno prioritario sulla formazione, incentivi alle imprese, fiscalità compresa; mobilità più fluida. Si è investito giustamente nelle ferrovie, ma bisogna continuare. Il completamento di Alptransit non può essere rinviato a dopo il 2050 e bisogna migliorare anche il trasporto stradale, con le sei corsie autostradali; e tutti i collegamenti (mobilità integrata). Poi va recuperata la solidità finanziaria del Cantone e dei Comuni, senza la quale ogni progetto resta una pura illusione. Infine, nell’ambito delle competenze del Cantone, va promosso l’adattamento ai cambiamenti climatici (non la lotta ai cambiamenti climatici: questa è la nuova utopia che illude i cittadini e rischia di far regredire la società tanto quanto il declino demografico).

Qual è il commento più cattivo che le 101 hanno dovuto subire?

Per fortuna non lo ricordo: il ricordo è quello dell’enorme lavoro fatto per prepararle, della partecipazione molto attiva e costruttiva di molti attori – cittadini, associazioni, imprenditori – del nostro Paese per discuterle, approfondirle, precisarle, modificarle, e poi di nuovo, negli anni successivi, il nostro lavoro per attuarle. A una a una: un impegno molto concreto, che ha portato buoni risultati.

Esclusiva di Ticinolive

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