2018
Tre ingredienti che formano un “cocktail esplosivo”, che rispecchiano una spaccatura della nostra società odierna: disoccupazione, povertà e solitudine.
Una riflessione la mia, che non vuol offuscare queste festività a nessuno, ma questi tre vocaboli toccano tutti noi, direttamente o indirettamente e fanno riflettere.
Sicuramente la situazione della disoccupazione nel nostro Cantone non aiuta a far superare i drammi personali e famigliari.
Aumentano statisticamente i posti di lavoro creati, ma non diminuiscono i senza lavoro. I fattori di un’economia sempre più stretta e distorta li conosciamo da tempo e molte cause sono direttamente collegate alla libera circolazione. Negli ultimi anni, abbiamo infatti assistito ad un’invasione territoriale di persone provenienti da oltre confine, che ha provocato un peggioramento delle condizioni salariali sul mercato del lavoro, favorendo il “dumping”. Un fenomeno pericoloso, che ha generato attriti in tutti i settori economici, dal secondario al terziario in modo particolare.
E’ fondamentale poter mantenere un tenore di vita, che si possa definire quantomeno dignitoso, per tutti i cittadini del nostro Paese. L’obiettivo dell’iniziativa “Prima i nostri”, divenuta nel contempo legge, è dare una svolta: tornare ad un sistema di limitazione delle assunzioni, simile al periodo prima dell’entrata della libera circolazione, firmata tra la Svizzera e l’Unione Europea.
Un obiettivo, che non viene affatto condiviso da molti partiti per ragioni oramai note.
Sarà basilare coinvolgere le nostre cittadine e cittadini ticinesi, così come i nostri giovani, nell’apprendimento, il perfezionamento e la riqualifica professionale, alfine di poter occupare quelle posizioni specialistiche, che oggi sono ricoperte da personale straniero.
Ritenuti i costi fissi e tutte le spese correnti, così come le condizioni professionali precarie, rapportati al nostro tenore di vita quotidiano piuttosto costoso, portano spesso a scivolare nella povertà.
La povertà è una brutta bestia e va combattuta, non solo dall’economia, ma anche da tutte le compagini politiche, complici anch’esse nel non voler ammettere e vedere che in Ticino, come in Svizzera, esiste ed è in crescita.
Oggi essere povero non significa non avere un luogo dove risiedere e dormire, ma equivale a non arrivare ad accantonare il denaro necessario per far fronte ai costi quotidiani ed a sfamare la propria famiglia, per svariati motivi personali, magari già alla seconda settimana del mese. Tra queste persone annoveriamo i workingpoor, cioè quegli uomini e quelle donne che un lavoro lo hanno, ma la cui retribuzione non permette loro una vita minimamente dignitosa. Un dramma silente, che la nostra società troppo spesso non riconosce e che porta all’emarginazione e alla solitudine.
La solitudine non è generata unicamente da fattori lavorativi o finanziari, ma è una causa altresì di difficoltà dell’individuo, come per le persone che non hanno la possibilità di condividere nulla con nessuno, senza parenti od amici.
Anche con l’introduzione di tecnologie e mezzi di comunicazione sempre più innovativi, la popolazione tende ad isolarsi. Vi è complessità nel distinguere la realtà dalla vita artificiale.
Il classico e vecchio modo di socializzare, come la frequentazione dei ritrovi pubblici o incontrarsi semplicemente in piazza, sembra purtroppo ormai superato.
Come politici abbiamo il compito di riflettere e risolvere queste situazioni, soprattutto per una coscienza individuale e colletttiva.
Mi auguro che in questo nuovo anno, si possano riconoscere queste situazioni drammatiche e trovare delle soluzioni, di cui la nostra società ha urgentemente bisogno per non finire nel baratro sociale.
Auguri e forza e coraggio a tutti.
Tiziano Galeazzi, deputato UDC in Gran Consiglio