Kim Jong-un, il terzo successivo monarca nella storia del Nord Corea, fa sempre parlare di sé e mai per buone notizie.

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Nelle scorse settimane di fronte ad un assemblea di 10 mila capi del Partito Unico ha spronato tutti i quadri  ad attivarsi onde evitare quello che sembra incipiente, una carestia simile a quella degli anni ’90.

Si è scusato (succede spesso di recente) con la nazione per ciò che accade attribuendo il dramma e le sofferenze come imposte dalle circostanze e dagli errori della burocrazia. Ha ammonito che potrebbe trattarsi di una tragedia simile a quella patita negli anni ’90 (“ l’Ardua Marcia”, per alleviare i patimenti delle masse davanti alla peggiore situazione di  sempre).

 Vediamo innanzitutto che cosa fu l’Ardua  Marcia negli anni ’90. La causa principale della carestia fu, ed è, lo spropositato impegno (investimenti) nel settore militare che sottraeva e sottrae al paese vitali risorse per la sopravvivenza e lo sviluppo economico. È la stessa storia che  oggi si ripete. 

In secondo luogo ci furono in quegli anni una serie di alluvioni e siccità devastanti che colpirono l’agricoltura causando la carestia. Poi il  fattore politico, il crollo dell’Unione Sovietica e quindi la fine del suo fondamentale aiuto economico in un momento così critico e poco poteva fare l’altro partner, la Cina, che non era la superpotenza di oggi.

Fu solo al vertice della crisi nel 1995 che Pyongyang si decise ad abbandonare, almeno per il momento, la sua filosofia di Juche, ovvero di autarchia: fare da soli. Dovettero mettere da parte l’orgoglio ed allungare la mano.

Mi ricordo personalmente nel 1989 quando visitavo fabbriche ed infrastrutture nella Corea del Nord, l’orgoglio dei miei “due angeli” che mi accompagnavano sempre, nel dirmi “abbiamo fatto tutto da soli sotto la guida del nostro grande leader Kim Il Sung (il nonno di Jong-un). 

Il governo chiese aiuto all’ONU, ma tardi e la frittata era già fatta….

La stima su quanti nord coreani morirono di fame e malnutrizione sono impietose. Il Census Bureau stima dai 300 ai 500 mila morti. Altre stime sono peggiori, ma già così ti prende un nodo alla gola.

Su una popolazione di 25 milioni in quanti potrebbero morire ora?  Secondo voci di diplomatici a Pyongyang, attualmente mancherebbe di tutto, dal dentifricio ai medicinali e per un coreano non della nomenclatura, l’Ardua Marcia potrebbe voler dire morire di stenti.

La carestia non è solo il decesso ma lascia effetti collaterali sulle generazioni future. Le agenzie umanitarie rilevarono anni dopo che la differenza di statura fra ragazzi del Nord e del Sud (parlando sempre di Corea) si cifrava fra i 3-8 centimetri.

Vediamo questa volta le cause delle crisi che si spera la Cina in primis, ma anche da noi in Occidente, si possa attutire.

In primis, le sanzioni contro il regime di Pyongyang provocate dal programma nucleare e missilistico. Kim di recente è tornato a riguadagnarsi la fama di rocket-man che Trump ironicamente gli aveva affibbiato. Ha fatto lanciare missili intermedi preoccupando i vicini di casa, Giappone e Corea del Sud.

In secondo luogo l’eccessiva spesa per le forze armate (prima il militare): quasi un terzo del PIL secondo la Reuters. È ovvio che rimanga poco per comprare riso e companatico per il popolo. Ovviamente, terza cosa, la colpa di tre tifoni che hanno devastato l’agricoltura. Infine, altro punto, la chiusura completa della frontiera con la Cina decretata a gennaio per evitare il contagio virale. L’unico importante partner del regime.

Si stima che già il commercio con la Cina si fosse  precedentemente ridotto dell’80% a causa delle sanzioni.

È probabile, a questo punto, che il bombarolo sia costretto a venire a patti con l’Occidente e Cina inclusa, per implorare aiuti alimentari implicitamente addossando la colpa delle disgrazie alle plutocrazie occidentali.

Sulla base delle sue lunghe esperienze, Biden sa che il “ tempo delle more “ è passato. Kim non negozierà mai una rinuncia all’arma nucleare perché è l’unica leva che gli permette di essere considerato e temuto.

Al nord della Corea non sono naturalmente degli allocchi. Sanno bene che fine hanno fatto i loro pari (Gheddafi, Saddam Hussein, etc.) i quali non avevano un’arma nucleare in mano. Inoltre se arriveranno aiuti dall’estero che limiteranno il dramma della carestia, Kim si presenterà come il salvatore della patria

Per ora si limita ad addossare la responsabilità ai suoi  gerarchi, eliminandone alcuni e a richiamare l’attenzione di Pechino che non ha interesse a vedere il suo vicino di casa implodere.

Detto ciò, ci rimane il rammarico di questo dramma. Un baratto fra l’atomica e le vite umane.  Facendo anche noi il nostro esame di coscienza, ci dovremmo domandare quanti trilioni di dollari si sprecano nel mondo invece che investirli per ricostruire un mondo migliore.

Vittorio Volpi