La riflessione si allaccia a un testo del professor Pietro Ichino, pubblicato su questo stesso portale.
Da parte mia, con la qualifica di piccolissimo seguace di Cristo, sogno un’altra cosa. Non certo che Papa Francesco faccia rimuovere i crocifissi (!?). Ma che egli organizzi o meglio faccia organizzare dalla Curia un incontro pubblico in luogo altamente laico. Del tutto verosimilmente saranno presenti moltissime persone. Il Papa arriverebbe in abito semplicissimo, bianco ma senza croce pettorale. Seduto al posto in primo piano che ovviamente gli verrebbe assegnato, comincerebbe col depositare al suolo una pesante borsa chiusa. Ai presenti porrebbe una domanda iniziale, non “perché siete qui?”, ma piuttosto “Cosa vi preoccupa di più in voi e nel mondo?”. Ovviamente se ne sentirebbero di tutti i colori, chi il non avere abbastanza soldi, chi la colpa è di pessimi politici, chi l’emergenza del clima, chi tanto altro. Visto che il pubblico sarà numeroso è però probabile che qualcuno dica “la sofferenza, mia e di tanti altri”.
A questo punto il Papa estrarrebbe dalla borsa un semplice crocifisso, non certo lussuoso. “Ecco, questa e non un’altra è stata la soluzione della Chiesa al problema dell’uomo”. Ammettere prima di tutto la sofferenza, non come maledizione ma come via per capire tante cose sul mondo. E poi agire meglio che si può per farvi fronte. Oggi non è diverso da una volta. Che fanno invece coloro che non vogliono sentir parlare di Cristo, del crocifisso e delle croci che accompagnano la nostra vita? Negano tutto, come se non esistessero queste cose. Ma hanno la loro soluzione, fatta di orgoglio e di dominio. Inventano i problemi, la crisi finanziaria, l’emergenza climatica, tante altre novità di ieri e di oggi. Alla fine ci sono sempre le guerre.
A questo punto a chi non è d’accordo non rimane altro che affidarsi a un’altra storia, da duemila anni in poi. Studiarla, conoscerla. Ma questi sono soltanto piccoli desideri. Della sofferenza non si parlerà mai in tavole rotonde, in importanti consessi. Chissà però, Papa Francesco, magari dal balcone, ne potrebbe trattare in modi semplici o più solenni. Non sarebbe come quei preti che come prima cosa si augurano il benessere, poi per il resto vada come vada.
Franco Cavallero