La Parigi che l’aveva acclamata, ne ricevette il corpo, per sezionarlo
E’ sera, in una Parigi dei primissimi anni del ‘900. Una donna alta, dalle movenze sinuose, e dagli occhi intriganti ma velati di tristezza, rincasa al Grand Hotel, dopo aver intrattenuto i convenuti, al circo del signor Molier, in una danza senza veli ispirata a quella delle sacerdotesse della dea Shiva, che la giovane ha appreso mentre era una colona a Giava. Al Grand Hotel l’attende il suo amante, il barone Henri de Marguérie. Questi è soddisfatto della sua giovane amante, in breve, la fama della “danzatrice venuta dall’Oriente” esploderà in tutta la capitale della Belle Epoque.
Lady Mac Leod, nome d’arte di Margaretha Geertruida Zelle, in Oriente c’è stata solo come colona, e, nonostante la sua carnagione abbronzata è olandese. E’ nata a Leeuwarden il 7 agosto del 1876; ha divorziato dal marito, caporal maggiore in servizio a Sumatra Rudolph Mac Leod, sposato nel 1895, dopo che i rapporti si sono incrinati, anche per la tragedia che ha colpito i coniugi: il primo figlio della coppia è stato avvelenato a Giava dalla moglie autoctona di un servo che voleva vendicarsi con il padrone per un’apparente ingiustizia subita. Ritornati in Olanda con l’unica figlia rimasta, la piccola Jeanne Louise, nata nel 1898, i due hanno continuato a litigare, anche per la tendenza di Rudolph ad abusare dell’alcol. Nel 1902 questi ha tuttavia ottenuto la custodia della piccola, ritiratosi dall’esercito, e Margaretha, sola e senza più famiglia, ha così intrapreso la vana via del successo nei torbidi sobborghi di Parigi. Lì è stata notata dal ricco barone Henri, che l’ha resa sua amante.
La consacrazione della “danseuse”
Dal circolo del signor Molier, la giovane passa ad esibirsi nel Museo orientale di monsieur Guimet, dove cambia il suo nome in Mata Hari, “Occhio dell’Alba”. Dal Trocadero, al Café des Nations, Al Mulin Rouge, la fama della ballerina olandese d’oriente diviene splendente.
Tra i suoi ammiratori, compare anche il musicista Giacomo Puccini. Mata Hari gira per le capitali d’Europa, acclamata come una dea, e il padre s’inventa persino parentele con principesse Giavanesi, per esaltare la figlia (e soprattutto se stesso). Giunge anche alla Scala di Milano, dove diede cinque rappresentazioni tratte dal Tasso, da D’Annunzio e dal Gluck.
Nel 1914 è attesa a Berlino, per l’esibizione de la Chimera, nell’albergo Cumberland, spettacolo che non avrà mai luogo. Nello stesso anno scoppia la Prima Guerra Mondiale.
L’esercito tedesco invade il Belgio, Mata Hari rientra in Svizzera, contando di tornare in Francia, ma è trattenuta alla frontiera, sola e senza un bagaglio (le valigie viaggiavano in un altro convoglio) e viene così rimandata a Berlino. Un industriale olandese Jon Kellerman la nota e le offre del denaro per il viaggio, consigliandole di andare a Francoforte per passare in Olanda. Il funzionario del consolato olandese, le concede il visto.
Ad Amsterdam gli amanti per Mata Hari non scarseggiano: dal banchiere Van der Schalk al barone Eduard Willem van der Capellen, colonnello degli Ussari, al console tedesco Alfred von Kremer. Questi ultimo decide di assoldarla come spia al servizio della Germania.
la danseuse diviene Spia
Istruita dalla spia Fräulein Doktor, immatricolata col nome codice di AF44, Mata Hari si reca in Francia, a Contrexéville, a fare una pretestuosa visita al capitano russo Vadim, Masslov. Sorvegliata dal controspionaggio inglese e francese, tra cui il suo ex amante tenente di cavalleria Jean Hallaure, viene da quest’ultimo ingaggiata per tradire la nazione che l’aveva resa spia, e passare dalla parte della Francia.
Ma Mata Hari decide di attuare un pericoloso doppiogioco: inviare agli agenti tedeschi informazioni sul suo soggiorno in Francia; lavorando al contempo per i francesi. Da questi fu inviata in Spagna, dove riferì al colonello Denvignes le azioni dei sottomarini tedeschi.
Questa manovra fu compresa da Von Kalle, che telegrafò ai superiori, i quali decisero, per punire l’irruenza della ballerina, di rivelare ai francesi che Mata Hari era una spia tedesca.
Il 2 gennaio del 1917 Mata Hari rientrò a Parigi e il 13 febbraio fu arrestata nell’albergo Elysée Palace, e rinchiusa del carcere di saint Lazare.
Il processo d’una femme fatale
Al processo negò, poi ammise d’esser stata assoldata ai servizi dei francesi, senza alcuna controprova iniziale. Di Von Kalle disse che egli attuava la vendetta d’un uomo respinto. Il capitano francese Ladoux negò che ella fosse stata al servizio della Francia, l’ufficiale Musslov negò la di lei relazione.
Isolata, venne rinviata a giudizio. Ma nell’estate del 24 luglio si riaprì il processo e le vennero imputate otto accuse:
- l’essersi intrattenuta coi soldati Francesi per consegnare le informazioni ai tedeschi,
- l’aver ottenuto informazioni riservate da Von Kramer in Olanda,
- l’aver avuto rapporti con questi
- l’aver carpito informazioni francesi nel 1916 per consegnarle alla Germania
- l’aver favorito le operazioni militari della Germania
- l’aver avuto contatti con Von Kramer a Madrid, nel 1916
- l’aver utilizzato un inchiostro simpatico scoperto da un generale francese
- l’aver avuto rapporti con la Germania nella zona di Parigi nel 1917
Così muore una spia
Ritenuta colpevole, fu condannata a morte. Chiese la grazia, le fu respinta. Il 15 ottobre del 1917, destata all’alba, fu condotta al patibolo. Accompagnata da due suore, salutò col capo il plotone d’esecuzione che, come previsto, le presentava le armi. Fu legata a un palo, rifiutò la benda.
Otto colpi andarono a vuoto, uno la colpì al ginocchio, un altro al fianco, un terzo al cuore. Il maresciallo Pétey le sparò al capo, inutilmente.
Nessuno ne reclamò il corpo, che fu sezionato nell’istituto di medicina legale di Parigi, nella stessa città dove tante volte aveva danzato, incantando gli spettatori. La testa venne trafugata e mai più ritrovata.
Chantal Fantuzzi