Recensione a cura di Desio Rivera
Piazza Grande
Rita / Spagna
Regia di Paz Vega
In spagnolo, sottotitoli in inglese e francese
Eh si, niente sottotitoli in italiano
Il bel film (si mi è piaciuto), inizia con diversi minuti dedicati ai giochi, al quotidiano felice, semplice, spensierato di Rita e Lolo, sorellina e fratellino di 7 e 5 anni. Rita, 7 anni, che ha già atteggiamenti da adulta educata e servizievole, pettina il fratellino, lava i piatti… sotto gli occhi amorevoli di una bella, dolce e brava mamma.
E il mio primo pensiero: ecco un’altra regista che vuole accattivarsi il pubblico che, da sempre, gongola e apprezza bimbi che si comportano da giovani adulti teneri, già saggi, tratti e lineamenti piacevoli. Ma questo cattivo pensiero si cancella quasi immediatamente e capisco che vi è molto di più , di molto avvincente e coinvolgente. E la trama, che appare così lineare e semplicistica, ci porterà a godercelo tutto.
Ambientato nell’anno 1984, 12 anni dopo che in Spagna la legge permette il divorzio. Lo si capisce dal servizio e interviste sul tema divorzio che passa in TV ma del quale non si vedono le immagini ma si sente l’audio in sottofondo. E ti fa comprendere, anche se finora il film non lo esplica, che quell’audio TV non si sente per caso. Poi, un quotidiano sfogliato e la madre che si sofferma sulla pagina di annunci di studi di avvocatura. Tutto ciò dà un’idea di cosa potrebbe accadere. Ma il film, invece, non finirà con un divorzio.
Padre taxista, senz’altro padre-padrone in quella società dove il patriarcato è un fatto acquisito e accettato (tanto diverso da oggi? Mica troppo). Partite di calcio e birra, esigente sui doveri che la brava moglie è tenuta a compiere, a lui che porta a casa i soldi. Tenerezze con i figli ma senza nessun ritegno quando, di fronte a loro, sfoga la sua rabbia impositiva con la compagna di vita. Moglie, ai suoi occhi, e anche a quelli della chiesa (la costola di Adamo) destinata sottomessa e brava casalinga e madre.
Chi era bambino, come lo ero io, negli anni ‘80, risentirà senz’altro quell’effetto specchio che ti dà l’impressione che quei due bambini eri tu. Stessi giochi, stesse innocenti marachelle, stessi sogni e piccoli incubi, stesso amore per la mamma, stesso televisore con tubo catodico.
Le parole della regista: il personaggio-bambina Rita è nata dal bisogno di calmare una parte della mia esistenza. Per mettere a tacere le voci che, giorno dopo giorno, risuonano nella mia mente e mi legano a troppi ricordi di incerta bellezza. Questo non è un racconto di fate.