Leggo sul Caffè odierno che “in un antico palazzo di via Cattedrale” si è insediato, da un anno, il club Turba, il quale (pare) molesti il vicinato con volumi troppo alti di musica. A cinquanta metri da lì, in via Bertaccio 2, ho trascorso i primi 5 anni della mia vita.
Mi hanno assicurato che il Turba occupa precisamente l’appartamento che fu del professor Romano Amerio e della di lui consorte Marta.
Due anni or sono lo ricordai con un cenno, citando una sua breve quanto notevole composizione latina.
* * *
Romano Amerio visita l’aula di Norimberga
Un uomo che non dimenticherò. È il professor Romano Amerio, mio docente di filosofia, autore del trattato “Iota Unum”, grande cultore di grecità e latinità. Il 2 settembre 1968 Amerio, che era in viaggio in Germania con due amici, il dottor Vero Castelli e il giudice Vincenzo Traversa, visitò l’aula del tribunale di Norimberga, dove il 20 novembre 1945 si aprì il processo ai massimi gerarchi nazisti sopravvissuti: Göring, Ribbentrop, Keitel, Rosenberg, Streicher, …
In quella particolarissima occasione, scosso dall’aspetto di quell’aula di “tragica solennità”, Amerio compose l’epigrafe seguente.
UT AETERNUM HOMINUM FOEDUS
VINDICATUM SANCTUMQUE STARET
HIC
NOVATUM EST IUS SEMPER IDEM ET UNUM
HIC
PERDITI HOMINES
CRUENTO SCELERE IN DEI IMAGINEM IMPII
POENA MULCTATI
ANNO MCMXLVI
DEUS CONTERAT BELLA
Affinché il patto eterno tra gli uomini
fosse rivendicato e restasse santo
qui
fu innovata la giustizia, sempre identica e una,
qui
uomini perduti
che empi offesero l’immagine di Dio con sanguinoso crimine
furono colpiti dal castigo
nell’anno 1946
Dio annienti le guerre
* * *
I tre colti viaggiatori dal Ticino tentarono di convincere le autorità tedesche ad apporre una lapide recante questa epigrafe nell’aula del tribunale. Invano. Amerio pubblica il relativo scambio di corrispondenza nel suo “Scritti latini editi e inediti”, 1978, ed. Pedrazzini, Locarno.