Il 7 aprile 1498 i Domenicani e i Francescani si sfidano alla prova del fuoco in piazza della Signoria davanti a tutto il popolo fiorentino in frenetica attesa.

Intanto era venuto il 7 aprile destinato alla singolar tenzone; il francescano Giuliano Rondinelli contro il domenicano Domenico da Poscia erano i campioni scelti di comune accordo. Il Savonarola, in seguito ad una comunicazione sonnambula di angeli avuta da Fra Silvestro, non era adesso più alieno dalla cosa.

Il detto giorno, celebrata in San Marco una messa, egli tenne quindi al popolo un breve discorso. « Io non posso oggi accertarvi che l’esperimento avrà luogo perchè questa cosa non dipende da noi ; ben posso assicurare, che, ove si venga al fatto, la vittoria sarà certamente nostra. » Di poi, seguito da tutti i suoi frati cantando il salmo Exsurgat Deus et dissipentur inimici ejus, si avviarono in processione alla piazza della Signoria.

I Francescani, venuti quetamente, vi si trovavano ormai assembrati; di più, una folla innumerevole di gente in trepida aspettazione del non mai visto spettacolo. Pel mantenimento dell’ ordine erano stati presi dalla Signoria i più larghi provvedimenti. La loggia dei signori era stata divisa in due spazi, una pei Frati Minori e l’altra pei Domenicani; la piazza era guardata da molto numero di soldati a cavallo e a piedi, le armature dei capitani splendide come a un torneo.

I Compagnacci che si mettevano innanzi a tutti, uomini nobili e ricchi la maggior parte, facevano anch’essi un bel vedere con la loro compagnia, che si andò a porre vicino al palco. Distendevasi questo singolare apparecchio per la lunghezza di 40 braccia, dall’angolo del palazzo della Signoria verso il tetto de’ Pisani. La sua base, larga 5 braccia, alta 2 e mezzo, era coperta di terra e mattoni: sopra di essi furono disposte cataste di legno con olio e materie resinose, lasciando nel mezzo un passaggio libero ai due campioni della larghezza di due braccia.

Era ormai il mezzodì che i Domenicani e i loro seguaci in solenne processione (il Savonarola portava il Santissimo) arrivarono in sulla piazza. Prima vi erano giunti i Francescani in forma semplice per non far chiasso ed avevano occupato il posto loro assegnato sulla loggia, mentre i Domenicani pregavano ad alta voce. Tutto era pronto; ma ora sorsero vari pareri circa a quello che i due campioni potessero recar seco nelle fiamme. Fra Domenico cioè insisteva di portare con sé il Crocifisso, al che i Francescani non volevano assentire. Mentre che dalle due parti andavano e venivano messi per intendersi sui punti controversi, un subitaneo rovescio di pioggia minacciava di mandar tutto a male. Se non che la bramosia del popolo, eccitato al sommo, era tanto grande, che esso tenne saldo tanto più che la pioggia, venuta ad un tratto, cessava del pari inaspettatamente. Fra Domenico replicava nondimeno che monterebbe il palco col Crocifisso ; da ultimo dichiarò di voler prendere seco 1’Ostia invece della croce.

Contro di che levossi una protesta generale, non solo da parte de’ Francescani, ma anche fra il popolo, perchè giustamente vi si scorgeva una profanazione del Sacramento. Il Savonarola e Fra Domenico da Poscia la pensavano altrimenti; quest’ultimo ha poi confessato che non si era voluto arrendere, perchè gli angeli del sonnambulo Fra Silvestro avevano espressamente comandato si entrasse nel fuoco col Santissimo. Soltanto dall’influenza, che Fra Silvestro esercitava sul Savonarola, può spiegarsi come il Frate di San Marco si mostrasse in ciò altrettanto irremovibile. Come prete che egli era, doveva tuttavia sapere che i sacri canoni interdicevano coi termini più severi l’usare il Santissimo Sacramento a prove personali ; il corpo del Signore non deve servire che alla adorazione e alla comunione dei fedeli nella Chiesa. Il Savonarola pareva l’avesse del tutto dimenticato. Egli dichiarava che i soli accidenti abbrucerebbero e resterebbe intatto il Sacramento confortando tale opinione con l’autorità dei Sacri Dottori, mentre i Francescani non meno ostinatamente difendevano la loro sentenza.

In questo mezzo il giorno declinava, e gli avversari del Savonarola presero un atteggiamento sempre più minaccioso. Alla Signoria non restava che intimare alle due parti di allontanarsi. Ma ora la tolleranza della moltitudine, delusa nella sua aspettazione di un giudizio di Dio, ebbe termine. Naturalmente essa volse le sue ire contro i Domenicani; la loro pretensione di volere entrare nel fuoco solamente col Crocifisso o col Sacramento in mano, venne interpetrata come un’offesa del Santissimo. L’impressione, che tutto ciò fece sul popolo, fu tanto più sinistra in quanto che il Francescano sarebbe stato pronto ad entrare senz’altro nel fuoco, né aveva mostrato pretese di uno scampo miracoloso. Universalmente si riprovava l’indegno e illecito procedere del Savonarola e della sua fazione, la quale sola aveva sostenuto che avverrebbe un miracolo; prevalse infine l’opinione che non si era speculato che sull’inganno.

Se era così sicuro del fatto suo, così diceva il popolo, perchè non sostenere egli in persona l’esperimento? A qual fine insisteva egli che il suo confratello non andasse nel fuoco se non col Santissimo ? Eziandio i devoti del Profeta dicevano che egli avrebbe dovuto entrar solo nel fuoco per dare infine un argomento ineluttabile della sua missione divina. Tale pretesa era tanto meno strana in quanto lo stesso Savonarola avea alimentata la fede del popolo in questi segni miracolosi.

Così in un sol giorno il Savonarola aveva interamente perduto presso la moltitudine la sua aureola di profeta divino. La sua sorte era decisa. Egli soggiacque alla spietata vendetta del popolo, deluso nelle sue aspettazioni.

Savonarola perse quel giorno e la faccia e la vita. La sua vera prova del fuoco egli l’avrebbe affrontata un 23 maggio per nulla lontano, la gola strozzata nel laccio, il misero corpo preda di voraci fiamme.

Dalla “Storia dei papi” di L. Pastor (qui trattasi di Alessandro VI, Rodrigo Borgia, +18.8.1503)


Firenze, piazza della Signoria, 23 maggio 1498