Amore, morte e misticismo nel romanzo di Cristina Cappellini, assessore alla cultura. Recensione del libro FINO ALL’ULTIMA SALITA, puntoacapo Editrice, 2024.
FINO ALL’ULTIMA SALITA è il primo romanzo di Cristina Cappellini. Dopo varie esperienze in campo giuridico-legislativo e l’incarico istituzionale – dal 2013 al 2018 – come Assessore alle Culture, Identità e Autonomie della Regione Lombardia, Cristina Cappellini ha deciso, negli ultimi anni, di dedicarsi a tempo pieno alla cultura, scrivendo e promuovendo attività artistiche multidisciplinari.
Dopo una serie di pubblicazioni letterarie, spaziando dalla poesia alla narrativa breve, ha dato alle stampe sei mesi fa il suo primo romanzo, che sta portando in giro per l’Italia, con presentazioni e incontri pubblici in diversi comuni e luoghi della cultura. Dopo aver girato la provincia di Cremona (sua terra d’origine), passando poi per Milano, la Valchiavenna e successivamente Roma e le Marche, FINO ALL’ULTIMA SALITA riprenderà tra settembre e ottobre il suo viaggio per raccontare una strana storia, quella di Ester, giornalista in carriera che vive da molti anni in Costa Azzurra, e Max, attore di teatro, in tournée in diverse città italiane ed europee.
Cosa accomuna le vite, apparentemente felici, ma in realtà turbolente, dei due protagonisti?
L’aver condiviso, da adolescenti, una parte significativa delle loro vite, alle prese con il primo amore giovanile e la tragica morte di un bambino, il fratellino di Max, di soli nove anni. Una disgrazia che ha sconvolto per sempre le loro vite e quelle delle persone a loro più vicine. È molto difficile incasellare questo romanzo in un genere ben definito; ha sì dei risvolti gialli ma non è un noir, intreccia storie d’amore complesse e sofferte, ma non è per nulla un romanzo rosa.Si può dire che FINO ALL’ULTIMA SALITA sia la storia di una ricerca, della verità in primis, non solo per fare luce sulla morte del piccolo Johnny, ma soprattutto per chiarire tanti dubbi e questioni affettive rimasti irrisolti nel cuore e nella mente dei protagonisti.
Quello di Ester è un viaggio che la porta dalla Costa Azzurra alle sue origini, in Italia, soprattutto nella bassa padana, dove si svolge una parte significativa delle vicende, raccontando la vita di provincia di un gruppo di ragazzi come tanti, negli anni ’90, fatta di amicizie, amori, passioni per il teatro, la musica, la letteratura, il calcio. Le prime feste sul fiume, con agli amici, tra i sogni ancora da realizzare e la scure del tempo e della morte che si abbatte sulla loro innocente adolescenza, sconvolgendola completamente. Quello di Ester è anche un viaggio temporale e interiore (il libro scorre con una serie di flash back) nell’arco di oltre vent’anni, dagli anni ’90 ai giorni nostri, intrecciando le vicende principali con eventi storici realmente accaduti e le vite di altri personaggi che, in vario modo, entrano in contatto con i due protagonisti e che hanno molto da raccontare, in un mosaico di esperienze e sentimenti.
Il libro approfondisce molto il tema della morte e dell’amore (“Forte come la morte è l’amore” dice uno dei versi biblici più famosi e potenti), ma anche la fragilità umana, l’incapacità di affrontare certe situazioni, e allo stesso tempo la determinazione di Ester nell’arrivare alla verità (come si legge nella quarta di copertina del volume “Una vita senza verità è solo una vita a metà”). Attraverso il viaggio di Ester, pieno di enigmi ed emozioni profonde, traspare la ricerca di una spiritualità come balsamo per le ferite dell’anima, ben evidente nel passo in cui la donna si ritira per una giornata fuori dal mondo, sull’isola di Saint Honorat, a pochi minuti di battello da Cannes, dove si trova un’abbazia cistercense e il “Cristo che sorride”, un rarissimo crocifisso ligneo in cui l’espressione del Cristo sembra mostrare un leggero e dolce sorriso.
Oppure quando Ester fa tappa a Roma per aggiungere un tassello fondamentale alla sua ricerca e si sofferma ad osservare il celebre dipinto “La vocazione di Matteo” del Caravaggio, nella chiesa di San Luigi dei Francesi.
Molto approfondite, in tutto il libro, sono infatti le descrizioni dei luoghi, degli aspetti identitari dei territori, soprattutto Soncino, uno dei borghi più belli d’Italia, di stampo medievale, che si trova in Lombardia ed è noto per la sua imponente rocca sforzesca, le stupende chiese e la ex filanda dove lavoravano un tempo le donne del paese, oggi grande centro culturale ed espositivo. Ma anche Cremona, con il suo torrone, Milano, con i suoi simboli sacri e profani, la Valchiavenna, il triangolo lariano con il paese di Albavilla, dove si svolge il momento clou del viaggio di Ester, quell’ultima salita che le permette di fare finalmente i conti con il suo passato.
E poi c’è la ridente Costa Azzurra, con degli squarci su Cannes, la Croisette e il Palazzo del Festival del Cinema, come a rimarcare il contrasto tra l’infanzia e l’adolescenza di Ester, passate nella campagna cremonese, e il glamour della sua vita di donna affermata nel panorama culturale francese e internazionale. E come accade spesso, parafrasando quel gigante di Tolkien, “le radici profonde non gelano mai”. Saranno proprio le radici di Ester a farla tornare indietro nel tempo e nello spazio, per tornare finalmente a guardare avanti.