Questa intervista, che abbiamo pubblicato il 3 novembre 2016, è stata tradotta in ungherese da Dávid Vass, figlio dell’intervistato, e pubblicato sulla rivista online della contessa Széchényi. Per il nostro portale è un onore. Leggere QUI.
Dániel Vass, musicista e fotografo, aveva tre anni e mezzo nei giorni dell’invasione.
“Vi parlo della mia Ungheria, quella del 1956, quella di oggi”
Il 4 novembre 1956 l’armata sovietica entrava in forze in Ungheria per stroncare la rivoluzione innescata dai patrioti anticomunisti il 23 ottobre. L’impari lotta durò una settimana. “L’Occidente si commosse ma non si mosse”.
Ricordiamo quel giorno fatale di 60 anni fa con un’intervista a Dániel Vass, musicista e fotografo, che vive in Svizzera dal 1974.
Un’intervista di Francesco De Maria.
Se lei dovesse descrivere, in non più di 8 righe, l’essenza della Rivoluzione ungherese – in altri termini: che cosa realmente è successo? – come si esprimerebbe?
Dániel Vass L’Unione Sovietica si rende conto che ci sono limiti al suo potere in Europa centrale. Simbolicamente cade il primo mattone del Muro di Berlino. L’inizio del dramma fu una manifestazione di simpatia con la Polonia, ma tutto esplose spontaneamente. La pressione era talmente forte che bastava poco per esplodere. La brutalità senza pari delle forze di polizia innescarono la rivolta. Dal tetto del Ministero dell’agricoltura sparavano sulla folla pacifica adunata davanti al parlamento, ed è solo un esempio.
Lei è (anche) un fotografo, lei ha la scienza e il culto delle immagini. Ci descriva tre immagini di quei giorni tragici che si impressero per sempre nella sua mente di bambino.
DV Mi ricordo ancora benissimo, nonostante avessi solo tre anni e mezzo, i cadaveri sulla strada davanti allo stadio centrale, abbracciavano il pane. Tombe fresche nel cuore della città, nei parchi. Passavo tenendo per mano mio nonno. Non potevo capire tutto, ma comprendevo che stava succedendo qualcosa di grave.
I rivoluzionari volevano veramente sganciare l’Ungheria dal blocco sovietico e dal Patto di Varsavia? Oppure i loro intenti erano più limitati?
DV Certamente, i patrioti desideravano l’indipendenza e chiedevano elezioni libere.
Fu l’Occidente a innescare e a fomentare la rivolta?
DV C’erano piccoli gruppi di attivisti, ma il loro raggio d’azione era limitato.
L’Occidente avrebbe potuto fare qualcosa per salvare i patrioti ungheresi?
DV Purtroppo niente, oltre tutto il ruolo degli Stati Uniti era tutt’altro che pulito. Dietro le quinte gli americani facevano sapere sapere all’URSS che l’Ungheria la vedevano nella sfera d’interesse sovietica. Gran parte della popolazione si illudeva. Radio Free Europe forniva informazioni false e suscitava false speranze.
Leggo nella sua intervista al GdP che lei lasciò l’Ungheria nel 1974, 18 anni dopo l’intervento militare sovietico. Che cosa ricorda di quegli anni, che furono quelli della sua infanzia e della sua adolescenza? Come viveva il popolo? Come fu applicata la repressione? Si manifestò un’evoluzione politica?
DV Una piccola parte del popolo collaborava e stava relativmente meglio, ma regnava la paura. Col tempo tutto il paese incominciò a godere di “piccole libertà”, ma il prezzo fu carissimo: più di 400 condannati a morte, circa 40 mila persone in carcere, mentre 200 mila lasciavano il paese. Fino agli anni 90 e anche dopo i figli e i nipoti di tanti collaboratori hanno occupato posizioni importanti, sia in politica sia in economia.
Come ricorda la figura del cardinale Mindszenty e la sua tragica vicenda?
DV Era un personaggio senza compromessi, il comportamento del Vaticano non desidero commentarlo…
Veniamo ai giorni nostri. Come se la passa la moderna Ungheria in seno all’Unione Europea?
DV Se la passa lottando per i valori europei e per poter mantenere la sua identità europea.
Quali sono le principali forze politiche in campo?
DV Il partito Fidesz fa parte dei partiti popolari . Il partito Jobbik è all’opposizione, per fortuna. Una formazione oscura, che ha contatti dubbiosi con forze diverse.
Quali sono i punti forti della sua economia, quali i punti deboli?
DV L’apertura verso oriente è un punto forte; il Paese è riuscito a rilanciare l’economia senza l’aiuto del Fondo monetario internazionale. Punto debole: un’opposizione che ostacola tutto e non riesce ad accettare la sua doppia sconfitta.
Come mai il primo ministro Orban viene continuamente attaccato dai media occidentali, soprattutto dai “politicamente corretti” ?
DV Molto semplice: ha tassato le banche e le multinazionali per obbligarle a contribuire al benessere del paese.
Esistono ancora nel paese i nostalgici dell’Ungheria comunista?
DV Sì, ad esempio tra certi pensionati che godevano dell’aiuto dello stato, ma sono sempre di meno. Il loro partito arriva al massimo all’un percento. Attenzione però: “socialisti” significa, nei paesi postcomunisti, i nuovi capitalisti, che hanno messo in salvo (e rubato) quasi tutta la proprietà statale. Privatizzando selvaggiamente ed arricchendosi in modo scandaloso.
Esclusiva di Ticinolive