Milano, 1488. Leonardo da Vinci, scienziato, pittore, genio, giunge alla corte di Ludovico il Moro e ne ritrae l’amante. Lei è Cecilia Gallerani, ha sedici anni, ed è la cortigiana più fine della corte. Leonardo le mette in mano un furetto, animale da compagnia dell’epoca, ma lo trasforma in ermellino, galè, in francese, paretimologia di Gallerani, cognome della giovane e rimando anche all’Ordine dell’Ermellino, cui apparteneva Ludovico Sforza il Moro, per concessione del re di Napoli.
Doppia rotazione, quella con cui Leonardo ritrae Cecilia, a ben guardare innaturale, a prima vista, invece, di spettacolare plasticità.
L’acconciatura della giovane, come tutto il suo vestiario, è alla spagnuola, molto costoso per l’epoca. A prima vista pare che i capelli castani della ragazza siano legati stretti sotto il suo collo, ma, a ben guardare, è un velo, dello stesso colore dei capelli, a sottolineare e a stringere l’esile collo della fanciulla.
Ma chi era veramente Cecilia? Di origini senesi, era nata a Milano nel 1473, da una famiglia di ghibellini esiliati nella capitale viscontea. Rimasta orfana ben presto di padre, Cecilia venne educata dalla madre che, nonostante le ristrettezze economiche, le impartì una solida educazione culturale. Promessa a sposa a dieci anni a Stefano Visconti si salva dalla monacazione coatta, così può studiare e continuare a farsi valere. Poi, dall’oblio delle carte del tempo, emerge un dato, fondamentale: i fratelli ritornano proprietari delle terre che avevano perso quando erano divenuti orfani di padre. Ad opera di chi? Nella vita della fanciulla è da poco comparso un uomo, ce se ne è invaghito, l’ha salvata dalla miseria, l’ha portata a corte.
Come avvenne l’incontro tra Cecilia e Ludovico? Non ci è dato a sapere, possiamo solo immaginarlo. Lui ha trentasei anni, scuro in volto e nei capelli, lei sedici, castano ramata, occhi scuri e carnagione chiara; lui è il più potente duca di Milano, ha preso il potere dopo l’assassinio di Galeazzo Maria Sforza (assassinato dalla congiura dei Lampugnani), sottraendo il ducato alla duchessa vedova Bona e al nipote (di lei figlio, morto prematuramente nel 1494); lei è solo una nobile decaduta, ma bellissima e giovanissima. Due anni dopo, quando Cecilia ha diciotto anni ed è ancora nubile, l’ambasciatore estense Jacopo Trotti scrive al suo signore che Ludovico ha un male causato dal troppo coito di una sua bella puta che prese presso di sé, molto bella, parecchi di fa, la quale gli va dietro dapertutto, e le vuole tutto il suo ben e gliene fa ogni dimostrazione. Oltre a fare all’amore con Ludovico, Cecilia presiede diverse riunioni culturali, brilla per intelligenza, stringe amicizia con Leonardo, che, su commissione di Ludovico, la ritrae.
L’anno dopo Cecilia partorisce a Ludovico un figlio (illegittimo), Cesare Sforza, bello come la madre, paffuto, dai capelli rossicci. Morirà a ventitré anni, dopo una vita passata in convento.
Cecilia si vede riconosciuto il figlio, ma viene allontanata dalla corte: ha vent’anni, riceve in dono il Palazzo Carmagnola che diverrà uno dei più importanti e dei primi salotti letterari, sposa Ludovico Carminati de’ Brambilla a cui genera quattro figli, passa un po’ di tempo alla corte di Isabella d’Este, la quale chiede a Leonardo di essere ritratta anche lei come Cecilia. Leonardo stima la marchesa di Mantova, ma le dedica solo un (bellissimo) disegno.
Ludovico ha allontanato Cecilia perché nel frattempo ha sposato, all’età di 40 anni, la sorella minore di Isabella, Beatrice d’Este, che ha due anni meno di Cecilia (quindi diciotto), che pare Biancaneve: occhi neri, pelle bianca, treccia nera lunga fino alla vita. È piccola ed esile, (studi scientifici dimostrano che portava il 34 di piede), porta pianelle (zeppe) per non essere troppo piccina al confronto del marito, che è alto un metro e novanta, e morirà di parto a soli ventitré anni. Ludovico, che pure era un uomo truce e non aveva esitato a far assassinare (così ipotizza) il nipote, ne sarà addoloratissimo e non si risposerà. Si prenderà però come amante Lucrezia Crivelli, (che conosceva già, in quanto sposata col cameriere di corte dell’ex duchessa Bona) anch’ella ritratta da Leonardo come La Belle Ferronnière, che gli ricordava Cecilia.
Beatrice era scherzosa e gioviale, rideva nel fare scherzi al marito e ai cortigiani, odiava la rivale Cecilia e la rivale Lucrezia. Era morta anzitempo le sue nemiche.
Lucrezia morirà a ottantadue anni. A 45 anni aveva dato un figlio a Ludovico, Giovanni I Sforza, che sarà condottiero di Caravaggio.
Cecilia, invece, morirà a sessantatré anni, quando Ludovico il Moro è ormai prigioniero di dei Francesi e Milano ha già perso la sua indipendenza e così sarà per 360 anni.
La bella età dell’oro (ma anche degli assassini di corte) di Milano, era finita per sempre. Il rinascimento si chiudeva così, con il duca prigioniero, le sue dame invecchiate ed il suo genio espatriato.
In Francia, infatti, più tardi, andrà anche Leonardo, ma come ospite privilegiato di Francesco I, cui donò la Gioconda, sulla cui identità, invece, vi è ancora mistero.
Chantal Fantuzzi