Il filosofo Benedetto Croce fu, senza aver conseguito la laurea , eccellente ministro dell’istruzione del Regno d’Italia, per le medesime ragioni nulla vieta di prevedere che anche Alessandro Giuli sarà un ottimo ministro della cultura della Repubblica; ha torto pertanto l’ex presidente del consiglio Matteo Renzi a stigmatizzare il fatto che Giuli sia il primo ministro della cultura privo di laurea.
Resta però il fatto che orami da anni sia in corso una sistematica e virulenta denigrazione e svalutazione del valore legale del titolo di studio, e che questa svalutazione sia in corso in ogni settore del vivere civile, nelle istituzioni come in politica , nella società come nel costume, nella cultura come nel giornalismo, nel sindacato come nella contrattazione collettiva.
Riflettiamo su alcuni “meme” sull’argomento che circolano in rete il primo dei quali recita: “Sono stati i nostri nonni con la quinta elementare a far grande l’Italia e questi sapientoni laureati l’hanno distrutta” mentre il secondo ne rappresenta una variazione: “Ho visto uomini con la terza elementare mettere su un’azienda e dar lavoro a decine e migliaia di persone.. Poi ho visto professori con due o tre lauree far chiudere migliaia di aziende affamando milioni di persone”
Come abbiamo già avuto modo di evidenziare non va sottovalutata l’importanza psicologica di questi meme che, ripetuti enne volte , finiscono per fissarsi nella psicologia collettiva divenendo una potente, quanto subdola, forma di indottrinamento.
Tornando alle frasi riportate colpisce il fatto di essere del tutto slegate alla realtà storica: a “far grande l’Italia” sono state in primis personalità come Adriano Olivetti o Enrico Mattei, entrambi laureati , mentre gli artefici dei principali crack economico-finanziari del dopoguerra furono imprenditori privi di titolo di studio superiore.
Ma va da se che la propaganda non deve essere veritiera, ma semplicemente atta a condizionare le menti .
Il sospetto è che dietro l’astio che parte della società italiana nutre nei confronti degli studi universitari si celi qualcosa di peggio che mero livore piccolo borghese: denigrare il valore del titolo di studio è stato la scusa per realizzare, in primo luogo nella pubblica amministrazione, autentici abusi di potere collocando ai vertici di amministrazioni o enti persone che per legge non ne avrebbero i requisiti.
Ma c’è dell’altro; abbeverarsi all’alma mater degli studi universitari ; specialmente di tipo umanistico, dà all’uomo contemporaneo la consapevolezza di non essere uno sradicato ma di essere erede di una storia, di una cultura, di una spiritualità, esattamente quello di cui il capitalismo apolide vuol fare tavula rasa.
Desta ottimismo il fatto che il neo ministro della cultura si sia dimostrato in passato consapevole di quest’eredità come si evince nel bel passo di una sua intervista sulla spiritualità italica : “Gli dèi non volano mai via, sono qui, sono sugli Appennini come sulle rive del Tirreno, negli abissi e sulle vette, sono convocati quotidianamente da noi attraverso i giorni della settimana, sono nelle stelle e nei pianeti che osserviamo in rispettoso silenzio, sono in ogni aspetto della manifestazione, anche i più infimi”.
C’è da augurarsi che Giuli, anche divenuto uomo di potere, resti devoto a Minerva dea della sapienza senza cedere alle lusinghe di una qualunque maga Circe.
(Fabio Traverso)