Dall’oblio delle tenebre di una Storia che sembrava perduta per sempre, emerge nuova luce. Sangue, ossa, cervello. E’terribile come l’umanità permanga nell’essenza. Si tratta di frammenti di cervello carbonizzati, che a prima vista parevano vetro nero. Poi, analizzati dal laboratorio di Ostebiologia umana e Antropologia forense del Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Napoli, sotto la guida dell’antropologo Pier Paolo Petrone, che firma l’articolo sul prestigioso taboid New England Journal of Medicine, hanno mostrato la composizione dei trigliceridi grassi del cervello nonché delle proteine del capello. Cervello, quindi.
Ricostruire il dna del giovane uomo sarà impresa ardua per l’alterazione che subirono i tessuti della vittima, dovuta a una pressione talmente alta che gli fece esplodere il cranio e la cui catastrofe si propagò addirittura per 10 km.
Lo scheletro del giovane sacerdote fa parte di un’ultima scoperta di 80 corpi rinvenuti recentemente a Pompei, che, secondo Petrone, morirono sul colpo e subirono l’esplosione dopo il decesso.
Non se ne accorse, quindi, quel giovane che dalle analisi risulta avere dai 20 ai 25 anni, che quella tragica notte del 79 dC, il 24 agosto, all’ora settima, dormiva a pancia in giù, quando il materiale piroclastico lo sommerse, ed il cervello gli esplose.
Aveva 20 anni, dormiva nel Sacello degli Augustali, e rimarrà per sempre il sacerdote del Vesuvio.