I Lavoratori del Mare di Victor Hugo è un racconto di inconsapevolezza e abnegazione, dove i protagonisti vengono schiacciati dalla natura e dal destino.
Ognuno ha qualcosa: Gilliat ha la capacità di parlare con la natura; Lethierry possiede un battello a vapore, Rantaine la violenza, Clubin l’inganno, Deruchette la grazia…
La trama appare slegata, di difficile comprensione al lettore moderno.
Hugo impiega venti capitoli per ogni personaggio, per ogni evento, che solo alla fine si ricompone in un intarsio perfetto.
Lethierry lavora in società con Rantaine, ma viene derubato da quest’ultimo.
Lethierry, tuttavia, risale dalla povertà in cui è caduto, grazie a un battello a vapore, chiamato Durande, che – innovazione per l’epoca – porta carichi di merci dalla Normandia alle coste dell’Inghilterra. Il timoniere è Clubin, considerato da tutti uomo onestissimo.
Clubin rintraccia Raintaine (nel frattempo divenuto omicida) e, minacciandolo con una rivoltella, lo costringe a restituire a lui i soldi rubati. Quindi, impossessatosi dei soldi di Lethierry, restituiti da Raintaine, Clubin si procura il naufragio perfetto, facendo sì che la Durande si scagli contro gli scogli di Guernesey e progetta così di fuggire in Costa Rica, coi soldi che ha rubato a Raintaine, che a sua volta aveva rubato a Lethierry.
Disperato, Lethierry è di nuovo in rovina.
Gilliat, che per la sua perfetta conoscenza della natura e il suo amore per gli animali, si è guadagnato la nomea di “stregone” (noi diremmo “matto di paese”), è innamorato di Deruchette, nipotina di Lethierry. La giovane, orfana, al cospetto del dolore dello zio-tutore, promette di sposare chiunque salvi dalla secca la Durande.
Gilliat parte così per la disperata missione di recupero del relitto, stabilendosi per due lunghi mesi sullo scoglio su cui si è schiantata la Durande.
Persi nella loro rovina, Lethierry e Deruchette, zio e nipote, vengono visitati da due preti anglicani. Il più giovane, Ebeneezer, coglie il cuore di Deruchette.
Nel frattempo, Gilliat si sfinisce sugli scogli normanni, per riprendersi la Durande. Quando tutto sembra finito, un’immensa piovra lo avvolge, trascinandolo sott’acqua. All’ultimo, però, Gilliat riesce ad uccidere il mostro marino e, mentre fugge, rinviene uno scheletro: si tratta dei resti di Clubin, tempo addietro perito, assieme ai suoi soldi rubati. Gilliat trova, issati alla cintura dello scheletro, una scatoletta ermeticamente chiusa, con all’interno ancora i soldi che Clubin ha rubato a Rantaine e che Raintaine aveva rubato a Lethierry.
Gilliat riesce nella riconquista della Durande, con perizia, forza e intelligenza, ma alla fine, quando un ultimo buco nella stiva minaccia che tutta la fatica sia resa vana, Gilliat si affida alla fede.
Allora, affranto da tutta quella enormità ignota, non sapendo più che cosa si voleva da lui, paragonandosi con l’arcano, in presenza di quello oscurità irriducibile […] avendo intorno a sé e sotto di sé l’oceano è sul suo capo le costellazioni , sotto il peso dell’insondabile, si accasciò, rinunciò, si distese supino sullo scoglio, con il viso rivolto alle stelle stelle, vinto, e, giungendo le mani dinnanzi la terribile profondità, grido all’infinito: “Grazia!”
Atterrato dall’immensità, la pregò.
E il sole di maggio sconfigge la tempesta.
Speranzoso di sposare Deruchette, alla fine della sua apocalittica impresa, Gilliat ritorna a Guernesey, dove restituisce barca e soldi a Lethierry.
Eppure, poc’anzi, nascosto nel giardino di Deruchette, assiste all’incontro tra la giovane e il reverendo Ebeneezer, che le dichiara il suo amore.
Proprio a Ebeneezer, Lethierry ordina di sposare Gilliat a Deruchette, che cade svenuta.
Gilliat ottiene da Lethierry la custodia di Deruchette, ma in un momento di estrema abnegazione, rinuncia a lei, facendo sì che si sposi con Ebeneezer. Quindi, li guarda salpare per l’Inghilterra.
Si issa su di uno scoglio, lasciando che la marea salga, sino a coprirgli le caviglie, il ventre, il collo, la testa.
Nel momento stesso in cui il bastimento si cancellò dall’orizzonte, anche la testa di spara sotto l’acqua. E non vi fu più altro, se non il mare.