I magnifici diciassette sono elementi delle tavola periodica tra cui ittrio, scandio (che decretò, storia nella storia, la supremazia dell’aviazione sovietica in piena guerra fredda) e la numerosa famiglia dei lantanoidi scoperti dal chimico norvegese, ma nato a Zurigo Victor Moritz Goldschmidt, negli anni venti del novecento.
Da qui, le Rare Earth Elements (REEs) di interesse globale sono principalmente i lantanoidi, tra cui il neodimio (Nd), il terbio (Tb) ed il disprosio (Dy) ed in misura minore, per quanto concerne il mondo dei magneti permanenti, il samario (Sm). Nel campo delle fibre ottiche, come elemento di arricchimento per l’amplificazione del segnale luminoso che le attraversa, viene utilizzata una percentuale di erbio (Er) “erbium doping”. Infatti, l’enorme lunghezza di una fibra ottica, pensiamo al caso di quelle sottomarine impiegate per un uso civile e militare per la trasmissioni di dati, vede il segnale ottico amplificato più volte a causa all’attenuazione della fibra, alle dispersione della connettività, oltre alle perdite derivanti dalle giunzioni e qui intervengono, inseriti all’interno del cavo, i dispositivi chiamati EDFA (Erbium-doped Optical Fiber Amplifier) ed Erbium-doped waveguide amplifier (EDWA).
Gli usi sono molteplici, dai microfoni presenti nei comuni smart phones, agli schermi TV di ultima generazioni, ai laser, ai grandi magneti delle turbine eoliche, ai satelliti, ai motori elettrici, oltre al campo militare (tra cui sistemi di guida per missili, sonar e radar, sistemi integrati d’arma e di comunicazione per veicoli terrestri, marini, aeromobili e droni).
Un mondo di applicazioni sempre più esteso, anche grazie alla spinta propulsiva della “green technology”, ma che vede un unico vero player mondiale, la Repubblica Popolare Cinese (RPC).
La Terra di Mezzo ha un ruolo unico nel panorama mondiale, il controllo dell’intera filiera dall’estrazione mineraria, allo stoccaggio, purificazione, ingegnerizzazione del ciclo produttivo, realizzazione di nuovi prodotti, controllo qualità e distribuzione internazionale. Una situazione ad alto rischio per gli equilibri geoeconomici in cui la L’RPC perseguirà misure sempre più coercitive per sfruttare il vantaggio della supply chain nel perseguimento di obiettivi più ampi. Probabilmente, sfruttare le materie prime è in definitiva una forma debole di politica economica, che suscita strategie di diversificazione efficaci che a loro volta indeboliscono le fonti di leva finanziaria di uno stato fornitore, ma la vera chiave di volta del dominio cinese è la leadership tecnologica legata alla progettazione, realizzazione ed infine vendita capillare.
La RPC vanta, secondo i dati elaborati dal sito tedesco Statista a fine 2023, una produzione di metalli da REEs del 67,6%, che come abbiamo visto servono per molteplici applicazioni, ma ben il 90% di tutta la raffinazione a livello mondiale per un totale di 240 mila tonnellate per metro cubo (tonnellate metriche).
Il cerchio aperto da Deng
L’affermazione, risalente al 1987 da parte del leader cinese Deng Xiaoping, durante la visita al grande giacimento cinese di Baotou, nella Mongolia Interna “Il Medio Oriente ha il petrolio, la Cina ha le terre rare” è profetica della strategia a lungo termine della RPC. Nel 1990 (transizione dalla leadership di Deng a quella di Jang Zemin) il Governo popolare centrale ha classificato le terre rare come “minerali protetti e strategici”. Ciò significava che le società straniere erano escluse dall’estrazione delle REE e potevano trasformarle solo attraverso una joint venture con imprese cinesi, previa approvazione del Governo popolare centrale ed aumentando così, in maniera esponenziale, il proprio controllo sul settore. Nei primi anni 2000, sempre il Consiglio di Stato della RPC, ha introdotto quote per le esportazioni di terre rare che, in relazione ai diversi scenari geopolitici sono state costantemente ridotte. Nel 2005 con Hu Jintao, si sono aggiunte una riduzione delle quote di produzione, un divieto di esportazione di concentrati di terre rare e l’imposizione di una tassa sull’esportazione di ossidi e metalli di terre rare.
Significativo, dal 2010, il controllo interno con il piano quinquennale della RPC ai fini di consolidare e controllare il settore. Il numero di miniere verrebbe ridotto da 123 a meno di dieci e il numero di impianti di lavorazione da 73 al 2023. Una strategia più ampia per riformare il settore delle terre rare è stata definita dal Consiglio di Stato nel 2011 e nel 2012. Le priorità includevano il controllo delle capacità di estrazione e lavorazione delle terre rare e il miglioramento dei controlli sulle esportazioni di terre rare, la fusione di aziende in un piccolo numero di imprese dominanti, eliminando al contempo le imprese tecnologicamente arretrate, affinamento degli standard tecnologici, potenziamento dello sviluppo tecnologico di tutta la filiera, miglioramento del coordinamento tra i diversi ministeri, i diversi livelli di governo (centrale, provinciale e locale) e l’industria e ordinamento degli aspetti giuridici e normativi per le terre rare.
Sempre sul solco tracciato, il Piano nazionale per le risorse minerarie (2016-2020) ha affrontato, consolidando molti degli elementi precedenti. Inoltre, ha ribadito che le terre rare sono minerali strategici che richiedono un attento monitoraggio e un meccanismo di risposta rapida ai cambi repentini degli scenari geopolitici Tuttavia, la classificazione delle terre rare come di importanza strategica riflette i vantaggi che l’abbondante base di risorse della Cina apporta al paese, piuttosto che la dipendenza della nazione da importazioni Il Piano nazionale per le risorse minerarie ha identificato 24 aree di pianificazione mineraria nazionale per le terre rare e sei basi di risorse energetiche REEs (Mongolia interna, Guangxi, Fujian, Sichuan, Jiangxi e Hunan) che rappresenterebbero l’80% della produzione di terre rare entro il 2020.
Nel breve termine, è probabile che l’attenzione del governo cinese rimanga sul miglioramento della gestione della supply chain e sulla soddisfazione della domanda nazionale di REEs. È probabile che le importazioni di minerali REEs rimangano elevate poiché è improbabile che la crescente capacità di lavorazione all’estero tenga il passo con l’aumento della domanda a causa dei lunghi tempi di consegna. Al contrario, è improbabile che le esportazioni di composti e metalli REEs aumentino in modo significativo e potrebbero addirittura diminuire con la crescita della domanda interna. E’ probabile che la Cina potrebbe addirittura vietare l’esportazione di alcune tecnologie legate ai metalli delle terre rare (ad esempio i magneti), come ritorsione per il divieto statunitense sulle esportazioni di semiconduttori, ma molti punti verranno chiariti a seguito dell’esito delle presidenziali statunitensi.
Vi è comunque da sottolineare, già dai primi 2000 dello sviluppo e del successivo consolidamento di accordi di estrazione con aziende minerarie in diversi paesi tra cui l’Australia, il Vietnam, la Malesia.
L’UE ha definito un piano programmatico con la Raw Materials Initiative, già nel 2010, seguita da un Critical Raw Materials Report nel 2014. Inoltre, la Commissione europea ha incaricato il panel di esperti di metalli rari Erecon (European Rare Earth Competency Network) ai fini di delineare una politica europea che garantisca l’approvvigionamento di REEs.
Rimane una grande criticità della politica europea, quella di non dare una linea precisa comune, anzi permettendo ad ogni stato membro di muoversi in autonomia e conseguentemente a discapito degli altri. La strategia economica e industriale francese, denominata “Francia 2030”, ha spinto verso un’iniziativa dell’Eliseo, probabilmente per un trattamento di favore, all’interno dell’accordo economico e commerciale Canada-Europa (Ceta).
La risposta dell’Europa, sebbene lenta ad emergere, è stata una strategia per reinvestire nelle proprie capacità di estrazione, raffinazione e riciclaggio dei minerali, da un lato, e diversificare le catene di approvvigionamento globali espandendo le proprie partnership strategiche, dall’altro. Regolamento (UE) 2024/1252 del Parlamento Europeo e del Consiglio, dell’11 aprile 2024, che istituisce un quadro per garantire un approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche.
Le tardive risposte produttive occidentali
Nell’emisfero australe, Canberra vorrebbe potenziare la miniera di Mount Weld nel West Australia e considerando che fornisce poco meno del 5% della produzione mineraria mondiale di terre rare, potrebbe essere una scelta strategica di ampio respiro, anche per la proprietà Lynas Rare Earths. Gli Stati Uniti, con la loro miniera californiana di Mountain Pass, cercano di stare al passo investendo nell’ammodernamento dell’impianto.
Oltre alle due alternative extraeuropee, l’occidente può contare su un impianto di separazione per la produzione di magneti in Estonia, gestito da Neo Performance Materials di Toronto, in futuro il sito francese di La Ronchelle della belga Solvay. Si aggiunge Kiruna, nel nord della Svezia, con il più grande giacimento europeo di metalli di terre rare di proprietà della società mineraria statale svedese LKAB.
Gli Stati Uniti, sotto la presidenza Biden, hanno guidato la creazione del Minerals Security Partnership per “rafforzare le catene di approvvigionamento minerario critiche ed essenziali per la transizione all’energia pulita”, nel giugno del 2022. Al primo incontro, nel settembre 2022, hanno partecipato i partner ufficiali Australia, Canada, Finlandia, Francia, Giappone, Repubblica di Corea, Norvegia, Svezia, Regno Unito, Stati Uniti ed Unione Europea. Inoltre, hanno partecipato anche paesi ricchi di giacimenti come Argentina, Brasile, Repubblica Democratica del Congo, Mongolia, Mozambico, Namibia, Tanzania e Zambia.
Il grande cerchio si chiude
Man mano che la transizione energetica continua, si prevede che la domanda di REEs aumenterà drasticamente fino al 2030 e oltre, spinta dal loro utilizzo nei magneti permanenti per i motori dei veicoli elettrici (compresi i veicoli ibridi) e nelle turbine eoliche. Ma c’è una notevole incertezza sulle stime della domanda futura. Le tecnologie alternative, come la statunitense Niron Magnetics, con la produzione di magneti permanenti senza terre rare, ma con nitruro di ferro, potrebbero ridurre il consumo di REEs sia nei veicoli elettrici, sia nelle turbine eoliche, dipendendo in parte dal sostegno politico per ridurre la domanda di REEs, nonché dalle condizioni di mercato come i prezzi e le interruzioni dell’offerta a seguito dei mutati contesti internazionali ed economici.
Allo stesso tempo, gli sforzi per stimolare l’offerta sono complicati dalle incertezze della domanda e dei prezzi, dai lunghi tempi di sviluppo di nuove capacità di estrazione e lavorazione e dalle preoccupazioni ESG (ambientali, sociali e di governance) in queste catene di approvvigionamento. L’espandersi di conflitti internazionali e l’implementazione dell’industria bellica in termini di Ricerca e Sviluppo, oltre che di consumo dei materiali, imprime un’ulteriore incognita.
Rimane sempre un punto nodale a favore dei cinesi, il controllo totale della catena del valore e questo grazie alla lungimiranza del Governo centrale sin dagli anni cinquanta con lo sviluppo di batterie per le biciclette che, non a torto vista la situazione economica di allora, sarebbe stata una via più economica e semplice rispetto a piccoli motorini a scoppio alimentati a benzina. Una forma autarchica di mobilità popolare che ha portato, anni dopo, alla creazione di numerosi corsi di laurea in ingegneria delle terre rare.
Come accade sempre nella Terra di Mezzo, il grande cerchio aperto anni prima, si chiude nell’armonia della forma, ma questa volta è quella di un sorriso beffardo del padre del risveglio cinese che sembra chiederci: quanti ingegneri occidentali, con specializzazione in terre rare, escono dai politecnici europei o nordamericani? Deng Xiaoping, anche questa volta, aveva visto molto lontano.
Davide Zappa