come nacque l’odio intorno a Cesare e come lo perdette?

L’odio intorno a Giulio Cesare nacque per vari motivi, alimentato da fattori politici e personali. Come generale e politico, Cesare consolidò un potere straordinario, minacciando la tradizionale repubblica aristocratica romana e l’autorità del Senato. La sua alleanza con Pompeo e Crasso nel Primo Triumvirato, e le sue riforme sociali e politiche, destarono timori tra i senatori, che lo vedevano come un pericolo per la loro influenza.

Con le campagne militari, in particolare la conquista della Gallia, Cesare accrebbe enormemente il suo prestigio e la sua base di potere. Quando attraversò il Rubicone nel 49 a.C., dichiarando guerra a Pompeo e al Senato, suscitò ulteriori ostilità e timori di una tirannia. Anche dopo la vittoria nella guerra civile e la sua nomina a dittatore perpetuo, molti aristocratici temevano che volesse divenire re, una figura estranea e aborrita nella cultura repubblicana di Roma.

Cesare cercò di placare l’opposizione promuovendo riforme a favore della plebe e concedendo cittadinanza ai provinciali, ma questo suscitò altre critiche, soprattutto fra le élite romane. Tuttavia, l’odio culminò nell’omicidio: alcuni senatori, guidati da Bruto e Cassio, lo assassinarono nel 44 a.C. al grido di Sic semper tyrannis (“Così sempre ai tiranni”).

La sua morte non placò però il risentimento, poiché subito dopo il popolo romano lo celebrò come martire e il suo erede designato, Ottaviano, continuò la sua opera, trasformando di fatto Roma da repubblica a impero. Ironia della storia, l’odio per Cesare morì con lui, e dopo la sua morte divenne una figura venerata, persino divinizzata: il popolo, anziché ribellarsi contro la sua memoria, accolse con favore il consolidarsi di una leadership forte, realizzando in parte proprio l’ambizione cesariana.

quale fu la fine di Bruto e Cassio?

Bruto e Cassio, i principali congiurati nell’assassinio di Cesare, incontrarono entrambi una fine tragica e violenta, strettamente legata alle conseguenze politiche del loro atto.

Dopo l’omicidio di Cesare nel 44 a.C., Bruto e Cassio dovettero lasciare Roma per sfuggire alla reazione popolare e alle forze cesariane, che li consideravano traditori. I due trovarono sostegno in Oriente, dove radunarono un esercito per contrastare la vendetta dei cesariani. Nel frattempo, Ottaviano, il giovane erede di Cesare, si era alleato con Marco Antonio e Lepido per formare il Secondo Triumvirato, con l’obiettivo di vendicare Cesare e ristabilire l’ordine.

Lo scontro decisivo avvenne nel 42 a.C. a Filippi, in Macedonia, dove le forze di Bruto e Cassio affrontarono quelle di Marco Antonio e Ottaviano in due battaglie. La prima battaglia si concluse con esiti incerti, ma Cassio, erroneamente convinto che Bruto fosse stato sconfitto, si suicidò gettandosi sulla propria spada.

Bruto continuò a combattere per alcuni giorni, ma nella seconda battaglia subì una sconfitta definitiva. Consapevole che la cattura era imminente e che la sua causa era ormai perduta, anche lui decise di togliersi la vita. Secondo la tradizione, si suicidò gettandosi sulla spada che aveva usato per uccidere Cesare, chiudendo così il cerchio della sua tragica parabola.

La morte di Bruto e Cassio segnò la fine delle speranze di restaurare la repubblica e il dominio senatorio. Da quel momento, il potere di Ottaviano e Marco Antonio divenne sempre più solido, aprendo la strada alla trasformazione di Roma in un impero sotto il controllo autocratico di Ottaviano, il futuro Augusto.