Stampe ed iconiche vedute alla mostra di Hokusai aperta dal 24/10/2024 al 23/2/2025. Acclamata da pubblico, si entra nella mostra nello splendido Palazzo Blu sul lungarno pisano con emozione. Non solo per e 200 opere esposte, ma anche perchè alcune di esse sono capolavori inediti per la prima volta visibili al grande pubblico.

Sullo sfondo la città di Edo, la moderna ed attuale Tokyo, così come doveva essere per stile di vita e gusto artistico di un’epoca, quella di Hokusai, che significava il genere “Ukiyoe” come movimento artistico oltre che per arte commeciale per il grande pubblico.

E non solo. La mostra pisana offre anche esempi noti e meno noti di tante collaborazioni del Maestro che “inseguiva la stella di Istar” come appunto dice il suo pseudonomo “Hokusai”, in primis rendersi conto dei lavori a quattro mani della figlia, Oi

Katsushika, a tutto tondo e rivalutata ultimamente come fiera collaboratrice artistica di molti dei capolavori del maestro, sia dopo essere stato colpito da un fulmine, sia dopo il suo ictus. Figlia, artista autonoma , aiutante di bottega e badante paterna, insomma, capace di carpirne i segreti, sviluppare e forme della “stella” Hokusai e riportarne la sua originalità e natura in modo espressivo splendido ed inedito. tra la pittura tradizionale di un Giappone fiero e intransigente e chiuso e colori , come il blu di Prussia ed il rosso o tecniche, che commissioni di occidentali residenti in Giappone ai tempi e la testimonianza delle tecniche dei grandi maestri occidentali, facevano intravedere già all’orizzonte.

Autentici linguaggi poetici. Da segnalare alcune opere di Katsushika Ōi 葛飾応為 (1800 – 1866 ca.) come il “Trio di suonatrici di kokyū, koto e shamisen” (Sankokyu gassō zu), 1818-1830 che riproduce tre strumenti tipici giapponesi attraverso la grazie di tre donne che per abbigliamento provengono da ambienti differenti e difficilmente nel reale avrebbero potuto suonare insieme identificando la grazia femminile in mille particolari e dalla posa innovativa della figura femminile in primo piano, di schiena e con la nuca nuda e le lunghe dita affusolate che accarezzano lo strumento. Un dipinto kakejiku, con inchiostro e colori su carta incredibile e conservato al Museo Chiossone, Genova che testimonia non solo la grandezza delle capacità pittoriche della figlia del “grande” Hokusai, ma la portata inedita del suo lavoro.

Altro esempio è la presenza della celebre “Onda” che è non solo “testimonial” della mostra con la sua presenza, ma anche spunto per ulteriori riflessioni artistiche con altri autori contemporanei che hanno subito la sua influenza come esempio di come i linguaggi poetici di questi lavori trascendono l’opera stessa e le cose che rappresentano, per diventare di ispirazione a altri linguaggi sempre più contemporanei ed universali.

Vi è poi la bella sezione dei “Surimono”, ovvero i biglietti con tecnica pubblicitara legata a preziosi inviti di classi sociali elevate del tempo prodotti in modo inedito ed originale solo in una edizione molto limitata (e per questo preziosissimi e difficili da vedere in una mostra) che sono stati prodotti con delle leghe pigmentate d’argento e d’oro, molto difficile da vedere in una sezione cosi ricca ed inedita. 

Tanti i capolavori in mostra.  Molti le “prime visioni” per il pubblico e sicuramente alcuni autentici capolavori molti dei quali della collezione del Museo italiano dedicato a Chiossone , noto stampatore italiano vissuto in Giappone nel più “fervido e fecondo periodo della Restaurazione imperiale Meiji (1868-1912)” e che donò alla città ligure la sua collezione. Chiossone fu uno degli “stranieri”.Ovvero i residenti occidentali che in quel periodo contribuirono a modernizzare ed internazionalizzare i Giappone che tanto poi influenzarono artisti come Degas, Galle, Toulouse Lautrec in Europa e che vengono nella parte finale della mostra, citati con pannelli di confronto. Altre opere furono invece del Principe Enrico di Borbone, Conte di Bardi, che alla fine dell’Ottocento (1887 – 1889)fece il giro del mondo e per nove mesi visse in Giappone riportando numerosi oggetti che sono ora annoverati nella collezione che porta il suo nome e che a fine della prima guerra mondiale , dopo la sua morte e vicissitudini internazionali, venne restituita all’Italia in conto riparazione dei danni causati dalla guerra invece che essere venduta e dispersa sul mercato antiquario.

E cosi,tra le varie sezioni della mostra, ecco erigersi ben note vedute e maestose onde, ma anche animali sacri e divinità leggendarie oltre che a dee, poetesse e poeti. Una sezione molto ben curata è quella sui disegni e sui manuali tra cui i primi “manga”  e i celebri manuali. Linguaggi poetici giapponesi che trascendono le cose che vengono rappresentate tra tradizione, forma e arte e culmina con la presenza di alcuni artisti contemporanei tra cui il collettivo TeamLab con l’opera immersiva in bianco e nero “Memory of Waves”.  Una mostra da visitare, prodotta e organizzata da Fondazione Palazzo Blu e MondoMostre, con il contributo di Fondazione Pisa, a cura di Rossella Menegazzo.