La decisione di Joe Biden di autorizzare l’invio di mine anti-uomo all’Ucraina rappresenta un drastico cambiamento rispetto alla sua posizione del 2020, quando aveva criticato l’uso di tali ordigni come “pericolosi per i civili” e “inutili da una prospettiva militare”. Questo passo è stato motivato dall’evoluzione del conflitto in Ucraina, in particolare per contrastare l’avanzata russa nel Donbass e nella regione di Kursk, occupata dalle forze ucraine.

Il segretario alla Difesa uscente Lloyd Austin ha spiegato che il mutamento nella politica americana è una risposta alle tattiche militari russe, affermando che Kiev ha bisogno di strumenti che possano rallentare l’avanzata nemica. Secondo quanto riportato dal Washington Post, questa decisione sottolinea l’urgente necessità di supportare l’Ucraina con mezzi efficaci, anche se controversi, in un conflitto che continua a essere altamente dinamico.

La scelta di ricorrere alle mine antiuomo solleva comunque questioni etiche e strategiche. Da un lato, esse possono rappresentare un vantaggio tattico nel breve termine; dall’altro, pongono gravi rischi per i civili e lasciano una pericolosa eredità post-conflitto, dato che molte di queste mine potrebbero rimanere inesplose per anni. Tale decisione contrasta con gli impegni assunti dagli Stati Uniti nel passato per limitare l’uso di ordigni di questo tipo, in linea con la Convenzione di Ottawa, che però gli USA non hanno mai ratificato.

Questa mossa potrebbe suscitare critiche sia a livello interno che internazionale, mettendo in discussione la coerenza della politica estera americana e il suo impegno verso la protezione dei diritti umani nelle zone di conflitto.