In Turchia c’è un borgo fantasma con 700 minicastelli invenduti, ennesima ciclopica iniziativa immobiliare fallimentare, perché pessimamente pianificata, e sfortunata
Nella Turchia Nord Occidentale, in provincia di Bolu (capoluogo con circa 120mila abitanti, nell’antichità pre-romana era una delle più importanti città del regno di Bitinia, sotto l’impero romano prese il nome di Claudiopolis), sorge il nuovo borgo di Burj Al Babas Villa (presso la cittadina omonima, cui hanno aggiunto “Villa” per identificarlo e distinguerlo), che almeno nelle intenzioni dei progettisti e finanziatori doveva diventare una cittadina privata d’élite, di quelle per intenderci tutte recintate e sorvegliate con accesso controllato e limitato, per residenti assai benestanti, rispetto agli standard turchi.
Gli edifici, ben 732, hanno caratteristiche strutturali tipiche del castello gotico di stile francese (si sono ispirati ad alcuni castelli della Loira) e delle ville signorili, con annessa torretta con balconata multilivello per poter ammirare il paesaggio circostante, che è noto per la ricchezza delle sue foreste. Foreste peraltro abbattute per centinaia di ettari per costruire l’enorme complesso immobiliare.
Tutte le centinaia di edifici sono stati concepiti con tecniche all’avanguardia, rifiniture di pregio e con l’opportunità di personalizzare parte degli interni: pavimenti in legno o marmo, pareti e soffitti decorati con stucchi, dorature alle rubinetterie, piscine interne riscaldate e/o esterne, moderni ascensori silenziati (alloggiati nel lato piatto e privo di finestre dell’edificio, come risulta evidente in una delle foto allegate), sistemi di condizionamento e domotica, sistemi aggiuntivi di sicurezza, panic room, ecc..
Realizzato dal consorzio di imprese Sarot Group, dal 2014 al 2017 sono stati investiti oltre 200 milioni di dollari per la costruzione del nuovo borgo fiabesco e principesco, che avrebbe dovuto comprendere anche un centro commerciale, vie e piazze che però a causa del recente fallimento del consorzio non sono state completate.
Gli edifici avrebbero dovuto essere cenduti tra i 260 mila e 440 mila euro l’una (secondo le rifiniture e gli accessori e i complementi d’arredo e di servizio), richieste che rispetto alla qualità degli immobili per molti sarebbero risultate appetibili, se solo avessero provveduto a raccogliere un congruo numero di prenotazioni e anticipazioni, le cosiddette prevendite a livello progettuale.
A peggiorare il già pessimo business plannig è sopraggiunta la specifica crisi politico economica che ha colpito la Turchia con conseguente inflazione galoppante e svalutazione della lira turca, che ha allontanato anche i pochi potenziali acquirenti. Per cui nonostante fosse una delle operazioni edilizie tecnologicamente più all’avanguardia e meglio promosse, pubblicizzate e comunicate tramite siti web, web cam e visite virtuali che consentivano ai potenziali acquirenti di seguire i lavori in tempo reale, non ha avuto il meritato successo, e il consorzio dopo un paio di anni abbondanti (dei tre previsti per la conclusione dei lavori) ha dovuto rinunciare, lasciando incompleti alcuni edifici, oltre alle infrastrutture di servizio.
Secondo i media nazionali e internazionali Burj Al Babas rappresenta uno dei peggiori fallimenti immobiliari della storia della Turchia. Gli investitori del consorzio sono stati probabilmente tratti in inganno dall’enorme crescita economica che la Turchia stava vivendo da un paio di decenni, crescita economica aiutata da un boom edilizio che sembrava interminabile e da importanti progetti infrastrutturali finanziati dal governo. Ma poi le cose sono cambiate repentinamente in peggio.
Casi simili sono avvenuti in Spagna e in altri paesi, che hanno vissuto analoghe recessioni in questi anni, dove interi villaggi e cittadine di nuova costruzione ora sono abbandonati, divenendo ghost town, simboli giganteschi e tragici della sovraproduzione di beni della nostra società consumistica, che anziché limitarsi a cercare di soddisfare la domanda crea l’offerta inducendo a desiderarla, anche in assenza di sufficienti motivazioni e soprattuto di risorse per potersela permettere. Perché evidentemente chi ha le risorse, vive già in una casa di lusso e non ha bisogno di comprarne un’altra, e chi la vorrebbe non può permettersela.
L’intero complesso fiabesco andrà molto probabilmente all’asta fallimentare e verrà ritirato per un decimo del suo valore da qualche società specializzata che ci speculerà sopra completando i lavori e incassando i profitti senza colpo ferire.
Claudio Martinotti Doria