A cura di Tommaso Berletti
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Osservando il genere umano ne’ giorni intercorrenti tra la Festa di San Martino e il Santo Natale, ci
siamo resi conto di come la società occidentale viva questo periodo senza minimamente preoccuparsi
delle celesti cose e della propria anima quasi che l’uomo si sia sostituito a Dio. Vediamo la maggior
parte delle persone correre a dritta e a mancina per fare spese (vivande, regali ecc.) con una solerzia
che se allo stesso modo corressero per preparasi alla venuta di Cristo, potremmo affermare che
l’inferno potrebbe essere più vuoto di quanto non lo sia. Oggi il Natale è una festa laica, atea, svuotata
completamente del suo significato. Codeste poche righe si vuole che siano uno stimolo a recuperare
il vero significato dell’Avvento e del Natale in modo da chiedere sinceramente a Dio di poter rientrare
nelle Sue grazie così da prepararsi per la Sua seconda venuta. Vegliate dunque, perché non sapete né
il giorno né l’ora.
Facciamo un piccolo salto indietro, alle origini della storia crisitana ove troviamo la figura unica,
misteriora di Gesù Cristo il quale, con sdegno degli ebrei suoi concittadini, dichiarava di essere il
Figlio di Dio. Gesù Cristo, la cui esistenza è provata storicamente1, attorno alla sua figura, generava
conflitto già quando era in vita e continua ancora oggi. Alcuni (come noi) lo riconosciamo come Dio
fatto uomo, altri lo ritengono solamente un profeta esageratamente esaltato, altri un gran maestro di
moralità. Come detto, nonostante le prove storiche della sua esistenza, certuni sostengono che non sia
mai esistito.
Cristo, dietro di sé, non ha lasciato alcun scritto, solo un gruppo di discepoli costituenti il nucleo
iniziale della Chiesa. «Non c’è cristianesimo senza chiesa», scrive il vescovo martire Ilarion Troickj.
«Il cristianesimo è la chiesa »– fa eco padre Georgij Florovskij.
Non dobbiamo mai dimenticare che è attraverso la mirabile opera della Creazione, e ancor più della
Redenzione che Dio ha manifestato agli uomini la propria onnipotenza e la propria bontà e la Chiesa
gliene rende costantemente e perpetuamente lode secondo il ciclo temporale e santorale.
La Creazione, col suo servizio eucologico settimanale, è cantata negli inni vespertini, mentre la
Redenzione con l’annuale ciclo temporale che va dalla prima domenica di Avvento all’ultima dopo
Pentecoste rievocando mano a mano tutti i misteri della vita del Cristo.
Lo svolgimento dell’anno liturgico della Chiesa Latina corrisponde grosso modo con quello della
Chiesa Orientale, nonostante le differenze intrinseche dovute al diverso percorso storico
Adventus Domini Nostri Jesu Christi è nome attribuito dalla Chiesa Latina al tempo destinato a
preparare i fedeli alla celebrazione della Festa della Natività. Questo tempo impone preghiera e
penitenza, ma è impossibile stabilire esattamente la prima istituzione di questo tempo. Con il termine
“Avvento” si intende, come designato dai primi libri liturgici, il periodo di preparazione sia alla
commemorazione ascetico – liturgica della nascita di Cristo, sia alla eventualità escatologica della
sua seconda venuta sulla terra, ossia la parusia finale.
La proclamazione del Dogma della Maternità Divina, ad opera del Concilio di Efeso del 431 D.C.
diede un grande impulso alla commemorazione del Natale di Nostro Signore. È infatti poco dopo il
Concilio di Nicea del 325 D.C. che la Festa della Natività venne fissata al 25 dicembre dalla chiesa
Romana attingendo dall’Oriente i primi elementi della celebrazione dell’Avvento.
Nell’attuale organizzazione della liturgia in Occidente, con il tempo di Avvento incomincia l’anno
liturgico. Messale e Breviario si aprono infatti con gli uffici della prima domenica di Avvento
Dobbiamo considerare l’Avvento sotto due punti di vista differenti:
- Un tempo di preparazione propriamente detta alla nascita di Gesù, mediante esercizi di
penitenza. - Un Corpo di Uffici ecclesiastici organizzato con lo stesso scopo penitenziale.
Comunque fin dal secolo V troviamo l’usanza di fare esortazioni al popolo per prepararlo al Natale.
Sono giunti a noi sermoni di San Massimo, altri attribuiti a sant’Ambrogio, a Sant’Agostino, altri
attribuiti a San Cesario d’Arles. Parecchi dottori dell’ XI e XII secolo hanno lasciato dei sermoni
speciali “de adventu Domini” distinti dalle omelie domenicali sulle pericopi evangeliche del tempo.
Ma è in un antico documento che si trovano descritti a grandi linee il tempo e gli esercizi
dell’Avvento. San Gregorio di Tours, al tomo X della sua «Storia dei Franchi», riferisce che il suo
decessore, san Perpetuo, occupante la Sede verso l’anno 480, aveva stabilito che i fedeli digiunassero
3 volte a settimana da San Martino a Natale. L’Avvento era consacrato con penitenza come una
seconda quaresima sebbene con minor rigore.
Quindi troviamo il IX canone del primo concilio di Mâcon del 583 il quale ordina che durante
l’intervallo da San Martino a Natale, si digiunerà il lunedì, il mercoledì e il venerdì e si celebrerà il
Sacrificio secondo il rito quaresimale. Da qui il nome anche di Quaresima di San Martino. Oggi,
l’avvento di 6 settimane è mantenuto nella Chiesa facente capo al Rito Ambrosiano e la stessa usanza
la troviamo nel Messale gotico e in quello Mozarabico. Per quello che concerne la Chiesa romana
pare che sia stato San Gregorio (590 – 604) per primo ad istituire questo ufficio che avrebbe
abbracciato dapprima 5 settimane. A partire dal IX – X secolo, le domeniche erano già ridotte a
quattro3. Usanza antica di mille anni nonostante alcune Chiese di Francia, fino al secolo XIII era
osservata l’usanza a 5 domeniche.
Veniamo ora alla Chiesa d’oriente. Non hanno un ufficio proprio dell’Avvento e non celebrano la
messa dei Presantificati come d’uopo in Quadresima. Nel corpo stesso dell’ufficio dei santi troviamo
parecchie allusioni alla maternità di Maria, alla Grotta di Betlemme. Nella domenica precedente il
Natale si celebra la Festa de’ Santi Avi4 al fine di celebrare l’attesa del Messia.
Dopo aver fatto un piccolo excursus storico sul tempo di Avvento, riteniamo d’uopo scrivere qualche
riga sulla mistica del tempo di Avvento.
Il mistero della venuta di Cristo è uno e triplice. La prima nella carne, la seconda nell’anima e la terza
con il giudizio.
Durante il tempo di Avvento, la Chiesa attende impazientemente la visita di Cristo Redentore nella
prima sua venuta aggiungendo le proprie suppliche alle espressioni dei profeti che non sono poi una
semplice commemorazione dei desideri dell’antico popolo ebraico. La Chiesa aspira anche alla
seconda venuta vista come visita che lo Sposo fa alla Sposa. Questa venuta, ogni anno è perpetuata
nella festa della Natività e una nuova nascita del Divin Figlio libera la società dei fedeli dal giogo di
servitù che il nemico vorrebbe far pesare su di essa. Per completezza, la Chiesa aspira alla terza venuta che aprirà le porte dell’Eternità. Abbiamo fretta di essere liberati dalla condizione di questo tempo
che ha rinnegato Dio e in cui l’uomo si crede, a torto superiore a tutto. Attendiamo pazientemente e
preghiamo per il compimento della profezia del discepolo prediletto: «Sono giunte le nozze
dell’Agnello e la Sposa è pronta»5.
Il giorno dell’arrivo dello Sposo sarà un giorno terribile e nessun uomo scamperà al Divino Giudizio,
e la tristezza sarà per coloro che si ritroveranno alla sinistra e quindi destinati alla dannazione eterna.
Ecco il motivo per cui le letture in questo tempo siano scelte per ridestare un salutare spavento
nell’anima di coloro che ancora vivono nel peccato.
L’arcaico messale di Bobbio da cui si evincono le consuetudini monastiche di San Colombano e dei
suoi contiene tre formulari di messa di tipo gallicano «in Adventu Domini» da cui tenore delle parole
si pone l’accento sull’ultimo giudizio e sul dovere di vigilare in attesa della Parusia del Signore. 6
A Roma, dove il battesimo il giorno dell’Epifania non fu mai in vigore, non abbiamo traccia del
tempo di avvento fin dopo San Leone Magno il quale ne tace. Comunque in un primo tempo anche a
Roma dovettero celebrarsi 6 domeniche “De Adventu Domini”. San Leone Magno, adottando
un’usanza già in vigore a Capua nel 546 restrinse a quattro domeniche il tempo di avvento, forse per
racchiudere al mese di dicembre.
La più lunga durata dell’Avvento, secondo l’uso gallicano la ritroviamo oggi nel rito ambrosiano,
secondo quanto scritto nel sacramentario di Bergamo del secolo IX.
Attualmente l’Avvento si presenta esteriormente come un tempo mesto e di penitenza. Il sacerdote
indossa paramenti violacei, il diacono e il suddiacono depongono la dalmatica e la tunicella, si
sopprime il «Te Deum» e il «Gloria in excelsis» nelle ufficiature, tace l’organo e gli altari sono
spogliati dai fiori. Nonostante in alcune chiese in passato si usò pure coprire le immagini come nel
tempo di Passione e usare paramenti neri, a Roma alla metà del secolo XII7 in Avvento ancora si
cantava sia il «Te Deum» che il «Gloria in Excelsis». Molte chiese adoperavano pure la dalmatica8.
Anche oggi l’Alleluja non si tralascia, a differenza della quaresima.
Quindi possiamo tranquillamente ritenere che l’Avvento celebra “utrumque Christi adventum in
carnem et ad judicium”. Pertanto il carattere fondamentale di questo tempo di attesa è un intenso
desiderio della venuta del Messia che attraverso i secoli gli impressero le ardenti voci dei profeti e
dei salmisti mantenendo viva la mirabile ansia verso di Lui.
Veniamo ora alla liturgia dell’Avvento. Ci baseremo sulla liturgia romana che consta quattro
domeniche.
La prima domenica di Avvento è detta «Domenica ad te levavi» dalle prime parole dell’introito
oppure anche «Domenica aspiciens a longe» dalle prime parole di uno dei responsori del mattutino.
La stazione è a Santa Maria Maggiore9 ed è qui che la Chiesa incomincia l’anno liturgico.
La prima antifona, all’Invitatorio non per nulla recita: “Regem venturus Dominum, venire adoremus.
L’antifona ai primi vespri della prima domenica di avvento recita: “Ecce nomen Domini venit de
longiquo et claritas eius replet orbem terrarum” ed è presa dal profeta Isaia che fornirà fino a Natale
tutte le lezioni, delle antifone e dei responsori assai numerosi e fra i più elaborati di tutto il Breviario.
Un’altra caratteristica medievale dell’ufficiatura della domenica “Ad te levavi” era data dal canto di
un tropo in omaggio a San Gregorio Magno cantato in forma solenne10:
“Graegorius praesul meritis et nomine dignus
Unde genus ducit, summu, conscendit honorem
6 Troviamo qualcosa del genere anche in San Massimo da Torino il quale ai suoi fedeli diceva:- «Ergo, fratres, Natalem
Domini suscepturi, ab omni conscientiam nostra foece mundemus» - ma nel contempo non parlava delle modalità concrete
di preparazione.
7 Cfr. Ordo del Canonico Benedetto di S.Pietro. Trattasi dell’ ordo romano XI scritto poco prima del 1143 da cui si evince
riguardo la 1° domenica di Avvento: - “ Mane statio ad Santam Mariam Majorem quo Dominus Papa cum omnibus
ordinibus venit; ibique honorifice, sicut mos est, cantat missam cum Gloria in excelsis Deo, sicut in aliis dominicis usque
ad Natale Domini”
8 Bernoldo di Costanza nel suo «Micrologus de eccles observ» scrive: “ Quidam infra Adventum Domini casulis pro
dalmaticis utuntur; quidam more solito vestitunturm, eo quod missam ad tertiam et alleluja sicut tota aestate dicunt”.
9 Per alcuni giorni dell’anno sono segnate, nel Messale, le Stazioni che altro non sono che le chiese dove il Papa con il clero e tutto il popolo si recava in processione per celebrare la messa solenne. Questa usanza risale circa al secolo IV.
10 Un ordo della Chiesa di Tours ne prescrive così il rito:- «Accensis cereis, duo canonici in cappis negris incipiut ante
altare, alta voce antiphonam Gregorius Praesul, qua finita, statim cantor incipit “Ad te levavi”».
Renovavit monumenta patrum priorum ; tun
Composuit hunc libellum musicae, artis
Scholae cantorum anniu circuli, eja, dic, domne eja”
Questo canto scomparve verso il secolo XIV.
I formulari più antichi li troviamo nel Sacramentario gelasiano insieme a quelli del Santorale e
consistono in due orazione “Super oblata” e di un prefazio proprio comune a tutte le 6 domeniche del
primitivo Avvento Romano.11
Diverse pericopi evangeliche, prima della riforma piana venivano lette in questa prima domenica del
tempo di Avvento. Nel rito Romano trattasi di Lc 21, 25 sebbene non rifletta la tradizione romana.
Vi fu introdotta da San Gregorio in occasione di un terremoto, secondo il Righetti, che aveva assai
spaventato le popolazioni dell’Italia centrale. In altre chiese si leggeva l’incipit del Vangelo di San
Marco, in altre il cap XXI del Vangelo di Matteo, nel Messale Ambrosiano (1954) il cap XXIV del
vangelo di Matteo. Forse la lettura primitiva del Vangelo in questa domenica era l’annuncio della
missione profetica di Giovanni Battista che trovasi al centro delle pericopi evangeliche delle altre tre
domeniche. Tali pericopi erano già state scelte nella liturgia gallicana per la preparazione dei
catecumeni al battesimo nella festa dell’epifania fa presupporre che si volesse presentare San
Giovanni come battezzatore piuttosto che come precursore del Cristo.
- Note:
1-Tacito – Annales
2 Come osservato dal Cabrol, «è con la venuta di Cristo che incomincia il tutto nella Chiesa»
3 Così riportato già dal Sacramentario gregoriano
4 Commemorazione dei Santi dell’Antico Testamento
5 Ap 19,7 – Gaudeamus et exultemus et demus gloriam ei, qia venerunt nuptiae Agni, et uxor eius preparavit se.
6 Troviamo qualcosa del genere anche in San Massimo da Torino il quale ai suoi fedeli diceva: «Ergo, fratres, Natalem
Domini suscepturi, ab omni conscientiam nostra foece mundemus» ma nel contempo non parlava delle modalità concrete
di preparazione.
7 Cfr. Ordo del Canonico Benedetto di S.Pietro. Trattasi dell’ ordo romano XI scritto poco prima del 1143 da cui si evince
riguardo la 1° domenica di Avvento: “ Mane statio ad Santam Mariam Majorem quo Dominus Papa cum omnibus
ordinibus venit; ibique honorifice, sicut mos est, cantat missam cum Gloria in excelsis Deo, sicut in aliis dominicis usque
ad Natale Domini
8 Bernoldo di Costanza nel suo «Micrologus de eccles observ» scrive: “ Quidam infra Adventum Domini casulis pro
dalmaticis utuntur; quidam more solito vestitunturm, eo quod missam ad tertiam et alleluja sicut tota aestate dicunt”.
9 Per alcuni giorni dell’anno sono segnate, nel Messale, le Stazioni che altro non sono che le chiese dove il Papa con il
clero e tutto il popolo si recava in processione per celebrare la messa solenne. Questa usanza risale circa al secolo IV.
10 Un ordo della Chiesa di Tours ne prescrive così il rito: «Accensis cereis, duo canonici in cappis negris incipiut ante
altare, alta voce antiphonam Gregorius Praesul, qua finita, statim cantor incipit “Ad te levavi”».