L’ingresso di Romania e Bulgaria nello spazio Schengen, avvenuto il 1° gennaio 2025, rappresenta un ulteriore passo verso l’estensione di un’Unione Europea che è sempre più centralizzata e meno attenta alle peculiarità dei singoli Stati membri. Dopo anni di pressioni e lunghe negoziazioni, spesso guidate da logiche politiche internazionali piuttosto che da una reale preparazione o capacità tecnica, i due Paesi hanno ottenuto l’accesso all’area senza controlli alle frontiere interne.
La decisione, presa il 12 dicembre 2024 dai ministri degli Interni dell’UE, è stata possibile solo grazie al ritiro del veto dell’Austria, un paese che in passato aveva giustamente espresso preoccupazioni sulla gestione dei confini esterni e sui rischi di migrazione incontrollata. L’accettazione da parte dell’Austria sembra più il risultato di compromessi politici interni all’Unione che una valutazione effettiva delle capacità di Romania e Bulgaria di garantire la sicurezza delle frontiere.
La retorica ufficiale celebra la “libera circolazione” come un grande risultato economico e sociale. Tuttavia, questa visione ignora i rischi concreti: una maggiore permeabilità delle frontiere potrebbe favorire non solo un aumento della migrazione irregolare, ma anche il traffico di esseri umani, droga e armi. Paesi come la Germania e la Francia, già sotto pressione a causa delle tensioni migratorie, rischiano di essere ulteriormente penalizzati da un sistema che elimina i controlli interni senza rafforzare adeguatamente quelli esterni.
Dal punto di vista economico, mentre le élite celebrano i benefici per le imprese e il commercio, la popolazione locale di Romania e Bulgaria potrebbe non vedere miglioramenti significativi. L’integrazione in Schengen rischia di favorire l’emigrazione dei giovani verso i paesi più ricchi, aggravando il problema dello spopolamento e della fuga di cervelli che da anni affligge i due Stati.
Più in generale, l’estensione dell’area Schengen solleva dubbi sulla sostenibilità di un’Unione Europea sempre più ampia e disomogenea. Invece di concentrarsi su una vera riforma delle sue istituzioni, l’UE sembra puntare sull’espansione come risposta alle sue debolezze strutturali, ignorando le crescenti critiche di chi vede nello spazio Schengen un sistema inefficace e potenzialmente dannoso per i singoli Stati membri.
In questo contesto, l’adesione di Romania e Bulgaria appare più come una vittoria simbolica per Bruxelles che un reale progresso per i cittadini europei. Le celebrazioni alle frontiere, organizzate per simboleggiare l'”unità europea”, mascherano i problemi di fondo di un progetto che molti considerano sempre più distante dalle esigenze reali delle persone. Schengen, invece di unire, rischia di accentuare le divisioni all’interno di un’Europa in crisi di identità e prospettiva.
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