di Fabio Traverso
Il recente annullamento delle elezioni rumene da parte della corte costituzionale di quel paese aldilà dei suoi aspetti grotteschi ( anche le elezioni italiane del 1948 furono pesantemente influenzate da “ingerenze straniere” e un’ipotetica macchina del tempo dovrebbe assegnarne la vittoria al fronte popolare di Togliatti e Nenni, riscrivendo la storia) evidenzia che il re, ovvero il popolo sovrano , è nudo , ossia che nell’Europa occidentale sia venuta meno la democrazia intesa come governo del popolo.
Da oltre trent’anni infatti la sovranità popolare è ormai del tutto conculcata dalle oligarchie economiche che agiscono sovvertendo o ignorando il voto popolare (il sovvertimento dei referendum francesi e olandesi sull’adesione all’UE) sfiduciando governi sgraditi ancorchè legittimati dal voto (emblematico il caso dello spread utilizzato per far cadere il governo italiano nel 2011) isolando partiti che , in condizioni normali, avrebbero vinto le elezioni (il caso delle ultime elezioni francesi) .
Gli scienziati politici hanno da tempo ben compreso questa involuzione coniando, per i paesi dell’area UE , la nozione di “post-democrazia” per indicare un regime politico in cui le elezioni rappresentano un vuoto formalismo per ratificare decisioni e parametri presi al di fuori della sovranità popolare : vi è in proposito una produzione scientifica ormai abbondante , anche se per comprensibili ragioni poco nota al grande pubblico, a partire dall’ormai classico “la ribellione delle elites” dell’americano Cristhopher Lasch per continuare con il classico “post democrazia” del politologo inglese Colin Crouch in cui questo termine viene compiutamente circostanziato per finire con il recente “la sconfitta dell’occidente” del sociologo francese Emmanuel Todd.
In quest’opera il Todd contrappone le “post-democrazie “ europee con quella che viene definita la “democrazia autoritaria” russa: in quest’ultima la sfera del “politico” (Todd è uno studioso di Max Weber) riesce a preservare al propria autonomia rispetto alle oligarchie, sia pure ricorrendo a (deprecabili) metodi autoritari.
Un esempio desunto dalla recente storia italiana varrà a chiarire questa differenza: il crollo del ponte Morandi a Genova nel 2018 , occorso mentre era al governo del paese vi era un’inedita coalizione tra le due principali forze antisistema italiane , evidenziò i limiti e le storture di quello che il grande politologo Giorgio Galli definì il “capitalismo imperfetto” italiano ovvero la sudditanza del potere politico alle lobbies economiche : va ricordato che all’epoca dei fatti il governo italiano , per quanto eterogeneo, godeva di un’inedita fiducia da parte della popolazione e che i vice premier Salvini e Di Maio , recatisi a Genova dopo la tragedia furono applauditi dalla cittadinanza.
Non vi è dubbio che, in analoghe circostanze un Putin italiano avrebbe fatto arrestare i responsabili della tragedia nazionalizzando le autostrade e con ciò capitalizzando il proprio consenso nell’opinione pubblica, come accadde in Russia nel caso Gazprom.
Nulla di simile accadde invece in Italia determinando l’esaurirsi dell’esperienza di governo.
Probabilmente il futuro delle istituzioni europee sarà caratterizzato da un acuirsi delle caratteristiche “post-democratiche” , sempre che gli effetti nel lungo periodo del conflitto russo-ucraino non costringa i popoli europei a un radicale cambio di rotta, come avvenne proprio alla Russia del dopo Eltsin .
(Fabio Traverso)