ll temporama alchemico di Francesco Filippelli rappresenta un incontro sublime tra arte e scienza, un terreno dove la pittura diviene il laboratorio dell’anima e la chimica si trasforma in alchimia visiva. Filippelli, maestro di un linguaggio artistico che trascende il tempo e lo spazio, si distingue per una tecnica unica, in cui i suoi dipinti non sono mai statici, ma in continua metamorfosi, come se possedessero una vita propria. I suoi dipinti sono realizzati con particolari colori chimici che, con la temperatura e la luce, mutano aspetto e ci portano a riflettere sulla caducità del tempo.
Le sue opere, impregnate di mistero e sapienza, sembrano catturare l’essenza stessa della trasformazione alchemica: una ricerca incessante della perfezione, una trasmutazione che non è solo materia, ma spirito. Attraverso l’uso di sostanze chimiche che interagiscono con la luce, il calore e l’umidità, Filippelli evoca il principio cardine dell’alchimia: solve et coagula. I suoi dipinti, come metalli grezzi sottoposti al crogiolo, mutano forma e colore a seconda delle condizioni ambientali, trasformandosi in “immagini vive” che sfuggono alla staticità della tradizione pittorica.
La tavolozza alchemica di Filippelli include materiali che sembrano dialogare con la natura stessa: pigmenti che reagiscono alla luce, ossidazioni che evolvono nel tempo, velature che rivelano o celano dettagli a seconda dell’angolazione da cui si osserva. È come se l’artista fosse un moderno alchimista, capace di manipolare gli elementi in modo tale che il suo lavoro non sia mai definitivo, ma eterno nella sua capacità di rinascere. I suoi dipinti, a dipendenza della luce e della temperatura, si trasformano.

Un osservatore attento, contemplando le sue opere, non può che sentirsi trasportato in un universo dove l’arte diventa un’esperienza temporale: al mattino, i colori appaiono delicati, quasi sussurrati, come l’alba di un nuovo giorno. Al calar della sera, invece, tonalità più cupe e profonde emergono, quasi fossero l’eco di un segreto celato nelle pieghe del tempo. È un’arte che vive, che respira, che invita chi la osserva a una partecipazione attiva, a un dialogo continuo tra realtà e illusione.
L’alchimia, per Filippelli, non è solo una metafora, ma una pratica concreta che si traduce in una pittura che non celebra l’immobilità, ma abbraccia la mutevolezza come principio divino. L’artista sembra sussurrare al mondo che la bellezza non è mai ferma, ma si evolve continuamente, proprio come la pietra filosofale al centro dei sogni degli alchimisti. In questo senso, il temporama alchemico diviene un ponte tra ciò che è visibile e ciò che è invisibile, tra il tangibile e il trascendente.
Con Francesco Filippelli, la pittura non è più semplicemente contemplazione del finito, ma un’esperienza trasformativa che invita lo spettatore a lasciarsi plasmare, proprio come i suoi colori mutano e si trasformano. È una danza alchemica tra luce, materia e tempo, che ci ricorda che, anche nell’arte, la vera bellezza risiede nella continua ricerca del divenire.