Scegliamo come pensiero del giorno questo interessante post Facebook di Lyudmila Gorbaciova Bernasconi.
“Diciamocelo: tutti abbiamo raccontato qualche piccola o grande bugia nel corso della nostra vita, per sfuggire a una verifica a scuola o per non volerci assumere la colpa di un nostro errore, o, perché no, a volte, anche per “quieto vivere”. Abbiamo, però, sicuramente conosciuto anche persone che hanno fatto della menzogna una sorta di stile di vita. È il caso di quelli che vengono definiti, appunto, “bugiardi compulsivi” e “bugiardi patologici”, facenti parte di quella che viene chiamata Sindrome di Pinocchio, ispirata alla nota fiaba di Collodi…”
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Sul tema fondamentale della Bugia Ticinolive ha pubblicato poche cose. Uno dei rari spunti è il seguente.
Martedì 27 maggio 2014
La menzogna – enuntiatio cum voluntate falsum enuntiandi (Agostino, De mendacio, c. IV) – è tanto più efficace e pericolosa quanto maggiore è la carica di pre-informazione e quindi di aspettative dell’interlocutore (come nella situazione dell’innamorato che chiede “Mi ami?”, oppure nella domanda posta a Hitler*** alla Conferenza di Monaco: “Davvero dopo l’annessione dei Sudeti la Germania non ha altre aspirazioni territoriali?”)
Dell’ “ultimo” Hitler (nei pressi dell’ineluttabile fine) scrive uno storico (penso lo Shirer): “Egli ormai mentiva sistematicamente, e credeva che tutti gli mentissero”.
Era piu’ grande il sommo Agostino o Collodi? Difficile dire, giudicate voi.
– E ora le quattro monete dove le hai messe? – gli domandò la Fata.
– Le ho perdute! – rispose Pinocchio; ma disse una bugia, perché invece le aveva in tasca. Appena detta la bugia, il suo naso, che era già lungo, gli crebbe subito due dita di più.
– E dove le hai perdute?
– Nel bosco qui vicino.
A questa seconda bugia il naso seguitò a crescere.
– Se le hai perdute nel bosco vicino, – disse la Fata, – le cercheremo e le ritroveremo: perché tutto quello che si perde nel vicino bosco, si ritrova sempre.
– Ah! ora che mi rammento bene, – replicò il burattino, imbrogliandosi, – le quattro monete non le ho perdute, ma senza avvedermene le ho inghiottite mentre bevevo la vostra medicina.
A questa terza bugia, il naso gli si allungò in un modo così straordinario, che il povero Pinocchio non poteva più girarsi da nessuna parte.
E la Fata lo guardava e rideva.
– Perché ridete? – gli domandò il burattino, tutto confuso e impensierito di quel suo naso che cresceva a occhiate.
– Rido della bugia che hai detto.
– Come mai sapete che ho detto una bugia?
– Le bugie, ragazzo mio, si riconoscono subito! perché ve ne sono di due specie: vi sono le bugie che hanno le gambe corte, e le bugie che hanno il naso lungo: la tua per l’appunto è di quelle che hanno il naso lungo. (cap. XVII)