La Sindone di Torino è un tessuto di lino intrecciato, realizzato da un tessitore professionista, che con ogni probabilità apparteneva a un uomo benestante (come Giuseppe d’Arimatea). Le fibre di lino sono tracciabili fino al Medio Oriente. Le cuciture sono simili a quelle di un reperto trovato a Masada, datato tra il 40 a.C. e il 73 d.C. Il tessuto è stato datato tra il 300 a.C. e il 300 d.C. Test chimici hanno confermato la presenza di macchie di sangue (gruppo AB) sulla Sindone. Non sono stati rilevati pigmenti di pittura, escludendo così la possibilità di un falso artistico. Il tessuto porta l’immagine di un uomo adulto, alto 1,80 m, con capelli lunghi fino alle spalle e barba, vittima di una crocifissione secondo l’uso romano.

La scienza non riesce a spiegare come le impronte siano rimaste impresse sul tessuto come in un negativo fotografico. Inoltre, leggendo il racconto della resurrezione in Giovanni 20:3-7, vediamo che Giovanni corse al sepolcro e vide i “teli di lino” posati lì; poi arrivò Pietro e vide anche lui i “teli di lino” (v. 5), insieme al sudario, “non posato con i teli di lino, ma ripiegato in un luogo a parte” (v. 7). Un dettaglio notevole. Chi ha ripiegato quei teli? Gli angeli? O, più probabilmente, il Signore stesso? In ogni caso, quei teli di lino significavano qualcosa per Giovanni, così come dovrebbero significare qualcosa per noi. La morte di Gesù è un fatto storico, così come lo è la resurrezione.