Francesco Pontelli – Economista – 28 Aprile 2025

Si rivelano fondamentale la definizione quantitativa e le specificità regionali nella quantificazione del PIL nazionale, specialmente in un’ottica di strategie economiche e negoziali da utilizzare con l’amministrazione statunitense e relative al negoziato relativo ai dazi imposti da Trump.

Il PIL statunitense è di poco superiore ai 27.000 miliardi mentre quello dell’Unione Europea si aggira attorno ai 18.000 miliardi, ovviamente espressi in dollari americani. Recentemente queste cifre sono state contestate in quanto si considera più rispondente alla realtà economica il valore del PIL espresso in PPA, cioè a parità di potere d’acquisto ed in questo nuovo calcolo l’Unione Europea sembrerebbe sopravanzare in termini numerici gli stessi Stati Uniti.

Tuttavia anche questi dati risultano fuorvianti nella definizione delle potenzialità di un mercato e quindi nella sua stessa appetibilità come destinazione dell’export. Certamente sarebbe molto più calzante il calcolo del PIL pro capite, il quale darebbe anche l’indicazione di quale potrebbe essere il reddito disponibile di ogni abitante nelle singole macro aree oggetto della definizione di PIL e quindi delle potenzialità di mercato.

In questo nuovo conteggio le dimensioni cambiano di nuovo in quanto il pil/pro capite viene indicato ad oltre 82.000 dollari negli Stati Uniti mentre quello medio europeo risulta di poco superiore ai 34.000 dollari con punte di oltre 100.000 dollari nel Liechtenstein fino ai 12.300 della Romania. Queste diverse rilevazioni disponibili infatti, in considerazione del rapporto tra PIL ed il numero di abitanti che concorrono alla economia, fanno sì che gli Stati Uniti con 330 milioni di abitanti risultano avere un reddito individuale superiore rispetto all’Unione Europea con 450 milioni di abitanti. Come logica conseguenza anche il reddito disponibile si dimostra superiore negli Usa rispetto a quello europeo.

Questi risultati esprimono non solo i diversi livelli di produttività nelle due diverse macro aree e, di conseguenza, anche il livello qualitativo delle produzioni (cioè ad alto valore aggiunto) espresse nei due continenti, americano ed europeo, ma rappresentano un elemento fondamentale e qualificante nella definizione delle potenzialità di assorbimento di export di un mercato.

Di fronte a questa ridefinizione dei due mercati e delle proprie principali caratteristiche si inseriscono le scelte strategiche all’interno di un’attività negoziale appunto con gli Stati Uniti. Anche recentemente, infatti, era stata indicato come un valore aggiunto, e quindi una posizione di forza, la volontà europea di far “pesare” nei confronti degli Stati Uniti il valore dei numeri e della composizione del mercato europeo.

Viceversa, proprio in considerazione del sempre minore reddito disponibile nel vecchio continente (*) l’Europa, o meglio l’Unione Europea, si dimostra un mercato appetibile per i prodotti a basso valore aggiunto provenienti dall’estremo Oriente e quindi dalla Cina.

Proprio in considerazione di questa progressiva diminuzione del reddito disponibile in un contesto negoziale con l’amministrazione Trump la Ue può far valere solo la volontà politica (non certo economica) di acquisire lo shale-gas dagli Stati Uniti con costi superiori anche del +40%, in modo da arrivare ad una attenuazione dei dazi imposti sui prodotti europei. Una scelta che ricadrà soprattutto su quelle economie, come quella italiana, prive da trent’anni di una qualsiasi politica energetica.

Ancora una volta, quindi, si ridurrà il reddito disponibile per i consumatori specialmente italiani il cui interesse viene sacrificato in nome del mantenimento in vita di una economia export oriented ma che continua a penalizzare i redditi disponibili degli europei e soprattutto dei consumatori italiani.

(*) L’impoverimento reale all’interno dell’Unione Europea è confermato dal fatto che nel 2023 l’auto più venduta è stata la Dacia Sandero mentre pochi anni fa era la Volkswagen Golf