Recensione del saggio di Gabriele Boccaccini e Giulio Mariotti, “Paolo di Tarso, un ebreo del suo tempo “(Frecce 409), Carocci, Roma 2025
La figura di Paolo di Tarso ha da sempre rappresentato un crocevia di interpretazioni e controversie, sia all’interno degli studi biblici italiani sia nel panorama internazionale.
Il volume “Paolo di Tarso, un ebreo del suo tempo” di Gabriele Boccaccini e Giulio Mariotti si pone come un punto di riferimento imprescindibile per coloro che desiderano comprendere l’Apostolo delle genti alla luce della più recente ricerca accademica, in particolare riguardo alla sua ebraicità. Questo testo funge da ponte tra gli studi paolini italiani e le prospettive internazionali più affermate, in particolare la Paul-within-Judaism Perspective, che ha rivoluzionato la comprensione dell’ebraicità di Paolo.
Uno degli aspetti più originali e innovativi del volume è la dettagliata analisi della formazione del volto antigiudaico di Paolo a partire dal II secolo. Gli autori dimostrano come, nel corso della storia, la figura dell’Apostolo sia stata progressivamente decontestualizzata dal suo ambiente originario, trasformandolo da un ebreo osservante a una sorta di precursore del cristianesimo come religione separata dal giudaismo. Questo processo interpretativo ha avuto conseguenze profonde non solo sulla teologia cristiana, ma anche sulle relazioni ebraico-cristiane.

Nella seconda parte del volume, Boccaccini e Mariotti si concentrano sulla riscoperta dell’ebraicità di Paolo nell’ultimo secolo. A partire dagli studi pionieristici di Montefiore e Moore fino alle più recenti acquisizioni della Paul-within-Judaism Perspective, il libro traccia un percorso storico e critico che ridefinisce Paolo come un ebreo perfettamente inserito nel giudaismo del Secondo Tempio. Lungi dall’essere un apostata o un innovatore radicale, Paolo emerge come un pensatore che, pur introducendo elementi originali, rimane saldo nel dibattito teologico del suo tempo, in dialogo con le correnti apocalittiche e con l’escatologia giudaica.
Un elemento centrale dell’opera è la reinterpretazione della missione paolina alla luce del problema del male. Secondo gli autori, Paolo scopre nel Messia Gesù la soluzione definitiva a questa questione, riconoscendo in lui “l’unica e inclusiva via di salvezza”. Contrariamente a un’interpretazione esclusivista che ha dominato la teologia cristiana per secoli, il volume propone una lettura in cui la giustificazione per fede in Cristo non annulla le altre vie di salvezza presenti nella tradizione giudaica, ma si aggiunge ad esse in un’ottica inclusiva. In questo senso, il messaggio di Paolo non si configura come un rifiuto del giudaismo, ma come un ampliamento della promessa divina anche ai gentili.
La ricerca di Boccaccini e Mariotti si distingue per la sua capacità di connettere il dibattito accademico con le implicazioni teologiche e interreligiose contemporanee. Il recupero della piena ebraicità di Paolo apre nuove prospettive di dialogo tra ebrei e cristiani, sfidando le letture tradizionali che lo hanno visto come il paladino dell’antigiudaismo cristiano. Il volume dimostra con rigore storico e metodologico che Paolo non si separa dal giudaismo, ma vi rimane radicato fino alla fine, proponendo una visione della salvezza che, pur centrata in Cristo, non esclude le altre espressioni della fede d’Israele.
In conclusione, “Paolo di Tarso, un ebreo del suo tempo” si configura come un’opera fondamentale per gli studi paolini e per la riflessione teologica contemporanea. La sua originalità risiede nella capacità di ricomporre il volto autentico di Paolo all’interno del suo contesto giudaico, sfidando secoli di letture distorte e aprendo nuove vie di comprensione dell’Apostolo. Un contributo essenziale per chiunque voglia esplorare la complessità del pensiero paolino e voglia conoscere sempre più dettagliatamente il suo autentico volto.