Con grande sollievo e riconoscenza, accogliamo la notizia dello spostamento della veglia di preghiera per il cosiddetto “superamento dell’omobitransfobia” — inizialmente annunciata presso la Basilica del Sacro Cuore di Lugano — in una sede non cattolica, ovvero presso una chiesa evangelica riformata. Si tratta di un segno di buon senso ecclesiale e di rispetto per il sensus fidei dei tanti fedeli che, con affetto filiale e voce chiara, hanno espresso alla Diocesi le proprie preoccupazioni dottrinali e pastorali.
Questa non è una “vittoria” su qualcuno. È invece una testimonianza di unità, nella verità, della Chiesa che, fedele al Vangelo, accoglie ogni persona, ma senza rinunciare alla propria identità e al proprio insegnamento.
Misericordia e verità non si oppongono
Come ricorda con forza e chiarezza Papa Francesco stesso in numerosi interventi, la Chiesa è madre: e come ogni madre, accoglie, accompagna, corregge e guida, senza mai cedere a ideologie che svuotano il cuore del Vangelo. Non si può infatti parlare di inclusione se si nega la verità sull’uomo e sulla donna. Non si può invocare la misericordia se si tace l’esigenza della conversione.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, in continuità con la Tradizione apostolica, è chiaro nel ribadire la dignità inviolabile di ogni persona, ma anche l’incompatibilità tra certe pratiche e l’ordine morale naturale e rivelato.
La famiglia è una sola
La petizione consegnata il 15 maggio alla Curia di Lugano ha voluto richiamare non solo un punto teologico, ma una verità umana ed evidente: la famiglia, come cellula fondamentale della società e sacramento dell’amore, nasce dall’unione tra un uomo e una donna, aperta alla vita e radicata nel dono reciproco. Lo ha affermato con forza Papa Leone XIII nell’enciclica Arcanum divinae sapientiae e lo ha ribadito più recentemente il Magistero della Chiesa in tutti i continenti.
Qualsiasi proposta che confonda i significati o appiattisca le differenze rischia di generare non solo smarrimento spirituale, ma anche una grave deriva culturale, dove la verità non conta più e l’identità diventa liquida.

Un segnale di speranza
La decisione di spostare la veglia al di fuori di un contesto cattolico è un segnale di speranza. Significa che il dialogo con le autorità ecclesiastiche, se condotto con rispetto e chiarezza, può portare frutti buoni. Significa anche che c’è ancora spazio nella Chiesa per una voce laicale consapevole, che non teme di parlare, di pregare, di agire per la verità.
Il vero amore pastorale è quello che indica la via della salvezza. Non si lascia confondere dalle mode culturali né si piega a pressioni ideologiche. La preghiera è cosa santa e preziosa, ma non può diventare veicolo di ambiguità morale.
Ringraziamo quanti hanno contribuito a far sentire la voce dei fedeli. E preghiamo perché la Chiesa continui ad essere luce del mondo, annunciando senza timore la verità che libera: che siamo stati creati maschio e femmina, e che la vocazione all’amore trova il suo compimento nel disegno sapiente di Dio.
Si ringrazia il giornale https://blog.messainlatino.it/2025/05/il-vescovo-assente-di-lugano-la-crisi.html?m=1 che, coi suoi articoli, ha avuto un ruolo importante nel guidare i cittadini ticinesi verso al discernimento tra il bene e il male.