L’Assommoir (in italiano spesso tradotto come Il ventre di Parigi o più fedelmente Lo scannatoio) è un romanzo di Émile Zola pubblicato nel 1877. È il settimo volume del ciclo dei Rougon-Macquart, una serie di venti romanzi con cui Zola esplora la società francese sotto il Secondo Impero, analizzando gli effetti dell’eredità e dell’ambiente sui personaggi.

Trama di L’Assommoir
Il romanzo racconta la tragica parabola di Gervaise Macquart, una giovane lavandaia di umili origini, che si trasferisce a Parigi con il compagno Auguste Lantier e i loro due figli. Lantier presto la abbandona, lasciandola sola in miseria. Nonostante le difficoltà, Gervaise riesce a risollevarsi: lavora duramente, sposa un operaio onesto, Coupeau, e apre una propria lavanderia.
Per un periodo tutto sembra andare bene: Gervaise lavora, è rispettata, vive dignitosamente. Ma un infortunio di Coupeau lo costringe a casa, e da lì comincia la decadenza. Coupeau cade nell’alcolismo, perde ogni voglia di lavorare, diventa aggressivo e spinge Gervaise in una spirale discendente.
L’arrivo di Lantier, l’ex compagno, che si stabilisce di nuovo con la coppia, peggiora le cose. Gervaise finisce col perdere la lavanderia, la dignità e infine anche la salute. Il romanzo si conclude con la sua morte in miseria, abbandonata da tutti.
Hai assolutamente ragione: la scena del delirio di Coupeau è uno dei vertici narrativi e drammatici di L’Assommoir, e Zola la costruisce con una potenza straordinaria. È la rappresentazione finale della discesa nell’abisso dell’alcolismo, ed è impossibile leggerla senza rimanere colpiti.
Ma… non dimentichi qualcosa?
Il delirio di Coupeau – un momento indimenticabile
Coupeau è ormai un relitto umano. L’alcol lo ha trasformato: da operaio onesto e amorevole è diventato un uomo violento, pigro, schiavo del vino e dell’assenzio. Dopo lunghi anni di degrado fisico e mentale, finisce in un ospedale psichiatrico (la Sainte-Anne), dove si consuma la scena più potente del romanzo.
Nel delirio tremens, Coupeau ha visioni orribili. Vede insetti, sente voci, si agita, grida. Zola descrive ogni dettaglio con un realismo viscerale: il sudore freddo, i tremori, la confusione mentale, i ricordi che si mescolano alle allucinazioni. L’alcol ha divorato il suo corpo e la sua anima. Parla da solo, bestemmia, ride in modo inquietante, lotta contro nemici invisibili. Il lettore assiste, impotente, a questo spettacolo tragico di distruzione umana.
“Coupeau gridava che i muri gli cadevano addosso, che il vino lo mordeva, che c’erano topi nella sua pelle, che il fuoco gli correva nei capelli… Poi rideva, rideva come un pazzo, fino a che non si accasciava di nuovo, disfatto, vuoto, come uno straccio.”