Liliane Tami
Il 20 maggio 325 d.C., su iniziativa dell’imperatore Costantino, si apriva solennemente a Nicea, in Bitinia (l’odierna İznik in Turchia), il primo Concilio ecumenico della Chiesa cristiana. Era un evento senza precedenti: per la prima volta, i rappresentanti delle Chiese dell’Impero si riunivano in assemblea universale per affrontare e risolvere questioni dottrinali e disciplinari cruciali per l’unità della fede cristiana.
Un concilio per l’unità della Chiesa
L’intento di Costantino non era solo religioso, ma anche politico: l’Impero, appena uscito da guerre intestine e conflitti religiosi, aveva bisogno di pace e stabilità. La disputa teologica sull’arianesimo, che divideva profondamente le comunità cristiane, rischiava di compromettere l’unità religiosa dell’Impero stesso. Il concilio fu quindi convocato per dirimere il dibattito sulla natura del Figlio in relazione al Padre, una questione che coinvolgeva il cuore della fede cristiana: chi è veramente Gesù Cristo?
Il cuore del dibattito: l’eresia ariana
Al centro delle discussioni c’era Ario, presbitero di Alessandria, che sosteneva che il Figlio fosse una creatura di Dio, pur elevatissima, ma non della stessa sostanza del Padre, e quindi creato nel tempo. Di fronte a questa dottrina, la fede della Chiesa – trasmessa dagli apostoli e vissuta nella liturgia – proclamava invece che il Figlio è eterno, generato ma non creato, consustanziale al Padre (in greco: homoousios).
Il concilio, dopo ampio dibattito e con una larghissima maggioranza, condannò l’arianesimo e proclamò il Simbolo niceno, una dichiarazione di fede destinata a diventare la base dottrinale comune del cristianesimo ortodosso, cattolico e, in parte, anche riformato.

Il Credo niceno: una professione di fede universale
Il Credo del Concilio di Nicea rappresenta una pietra miliare nella storia della fede cristiana. È la risposta ufficiale e definitiva della Chiesa alle eresie cristologiche, una professione solenne che afferma con forza:
«Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili e invisibili.
E in un solo Signore, Gesù Cristo, il Figlio di Dio, generato dal Padre, unigenito,
cioè dall’essenza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, vero Dio da vero Dio,
generato, non creato, consustanziale con il Padre…»
Questo testo, che oggi recitiamo nella Messa con qualche arricchimento successivo (frutto del Concilio di Costantinopoli del 381), proclama la piena divinità del Figlio e la sua uguaglianza con il Padre. Inoltre, afferma l’incarnazione reale di Cristo, la sua morte redentrice, la resurrezione e la venuta finale per giudicare i vivi e i morti, contro ogni forma di spiritualismo gnostico o docetismo.
Lotta alle eresie e riforma della disciplina
Il concilio non si limitò alla questione ariana. Condannò anche le dottrine del vescovo Melezio di Licopoli, prese posizione contro le interpretazioni gnostiche della croce, riaffermò la nascita verginale di Gesù da Maria, e anatematizzò chiunque sostenesse che ci fu un tempo in cui il Figlio non esisteva.
Dal punto di vista disciplinare, il Concilio intervenne con 20 canoni che regolavano la vita ecclesiale: proibizione dell’usura tra chierici, norme sull’ordinazione episcopale, divieti sull’automutilazione, e l’obbligo di tenere due sinodi all’anno in ogni provincia. Si definì inoltre il ruolo dei vescovi metropoliti e si conferì particolare preminenza alle sedi di Roma e Alessandria, aprendo così la strada a una prima forma di organizzazione gerarchica della Chiesa universale.
La Chiesa una, santa, cattolica e apostolica
Il Concilio di Nicea rappresenta l’atto fondativo della Chiesa universale come comunione nella fede. Da allora, la formula “una, santa, cattolica e apostolica” non è solo una dichiarazione teologica, ma il segno della volontà di unità fondata sulla verità.
Il 25 luglio 325, alla conclusione dei lavori, si celebrò il ventesimo anniversario del regno di Costantino. In quella occasione, l’imperatore si rivolse ai Padri conciliari con parole accorate, esortandoli a vivere «come fratelli in pace», in nome di quella fede finalmente proclamata all’unanimità.
Oggi, a 1700 anni di distanza
Oggi, celebrando i 1700 anni dall’apertura del Concilio di Nicea, la Chiesa e il mondo cristiano sono chiamati a riscoprire il valore di quell’unità nella verità, che non annulla le differenze, ma le armonizza nella comune adesione al mistero di Cristo, vero Dio e vero uomo.
In un tempo segnato da divisioni e confusione dottrinale, il Credo niceno rimane la bussola della fede cristiana, l’antidoto contro ogni riduzionismo e l’affermazione della dignità divina del Figlio, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre.