Liliane Tami

Nel cuore del pensiero cristiano occidentale, il tema della libertà ha occupato un posto centrale, non solo come facoltà dell’uomo, ma come chiave di accesso alla verità e alla beatitudine. In particolare, il concetto di libertà si è articolato nella storia del pensiero teologico e filosofico attraverso due categorie fondamentali: la libertas major e la libertas minor. Si tratta di due visioni della libertà che trovano in Sant’Agostino e in San Tommaso d’Aquino due pilastri fondamentali, capaci di guidare la riflessione sull’uomo, sul peccato, sulla grazia e sulla realizzazione piena della persona.

Per Sant’Agostino, la libertà vera (libertas major) non è la semplice possibilità di scegliere tra il bene e il male, ma è piuttosto la capacità di aderire al bene in maniera stabile e profonda. La vera libertà è libertà dal peccato, è libertà per il bene, ed è possibile solo in virtù della grazia.

Agostino, convertito dall’esperienza del peccato e della debolezza della volontà, mette in luce come la libertà dell’uomo, se isolata dalla grazia divina, sia una libertà ferita (libertas minor), una libertà apparente che, paradossalmente, può condurre alla schiavitù interiore. “Libertas non est nisi in bono,” scrive Agostino: la libertà non esiste se non nel bene.

È Dio, infatti, che libera l’uomo dalla schiavitù del peccato, permettendogli di volere e di fare ciò che è veramente buono. L’uomo non perde la sua volontà, ma è liberato affinché essa possa corrispondere al suo vero fine: l’unione con Dio.

Sant’Agostino

San Tommaso d’Aquino, tre secoli dopo, sviluppa e rielabora questa intuizione in una struttura filosofica e teologica più sistematica. Il Dottore Angelico, nella Summa Theologiae, distingue chiaramente tra libertas arbitrii (libertà di scelta, o libertas minor) e vera libertas (libertà perfetta, o libertas major). La prima è quella che consente all’uomo di scegliere tra diverse opzioni; la seconda è quella che l’uomo raggiunge quando, perfezionato dalla grazia e dalla virtù, non vuole altro che il bene. Tommaso assume la visione aristotelica della libertà come autodeterminazione razionale: l’uomo è libero nella misura in cui agisce in conformità con la sua natura razionale, e questa trova il suo pieno compimento nel bene, nella verità, in Dio. Anche per Tommaso, dunque, la libertà è un cammino: non si possiede pienamente fin dalla nascita, ma si costruisce con l’educazione, l’esercizio delle virtù, la vita sacramentale.

La libertas minor è dunque la libertà dell’uomo che ancora non ha trovato il suo vero centro, che può scegliere, ma che può anche sbagliare, ingannarsi, perdersi. È la libertà fragile della condizione umana, esposta all’errore e al peccato. La libertas major è invece la libertà dei santi, dei redenti, di coloro che hanno interiorizzato il bene al punto da desiderarlo senza esitazione, da viverlo come il proprio destino più profondo.

In un tempo come il nostro, in cui la libertà viene spesso identificata con l’assenza di vincoli, con la possibilità di scegliere tutto e il contrario di tutto, il pensiero di Agostino e Tommaso rappresenta una provocazione e un’illuminazione. Essi ci ricordano che la libertà autentica non consiste nel fare tutto ciò che si vuole, ma nel volere ciò che è bene, nel diventare capaci di amare ciò che è giusto, vero, bello.

La libertà è una conquista spirituale, non un dato acquisito. E non è mai un cammino solitario: è sempre frutto di una relazione con Dio, che libera l’uomo da se stesso per condurlo verso la pienezza del suo essere.