Un’icona sacra è stata trattenuta nel suo pellegrinaggio dal leviatano della burocrazia.
Nel cuore dell’ Unione Europea, tra i corridoi di un aeroporto e le gabbie della burocrazia, è rimasta “in attesa” una delle icone più amate della cristianità: la copia della Madonna di Częstochowa, protagonista dal 2012 della grande peregrinazione mondiale “Da Oceano a Oceano”, in difesa della vita e della dignità umana. Dopo aver attraversato cinque continenti, oltre 220.000 chilometri e trentadue Paesi, l’immagine sacra è stata trattenuta nella dogana italiana dell’aeroporto di Milano-Malpensa, suscitando sconcerto tra i fedeli e gli organizzatori.
https://www.ekai.pl/matka-boza-czestochowska-zatrzymana-na-granicy-unii-europejskiej

La peregrinazione dell’icona di Częstochowa non è un evento qualunque: è una mobilitazione di fede che unisce credenti di culture diverse sotto il segno della protezione della vita e della maternità spirituale della Vergine Maria. Milioni di persone hanno pregato davanti a questa sacra immagine, consacrata al Santuario di Jasna Góra, in Polonia, luogo simbolo della fede cattolica slava. La versione itinerante, benedetta e appoggiata all’originale, è stata accolta in tutto il mondo come messaggera di speranza.
Dopo un lungo periodo in Sud America, tra Ecuador, Brasile, Argentina e Uruguay, l’icona doveva tornare in Europa, con arrivo previsto a Milano il 30 maggio scorso. Ma all’ultimo momento, la compagnia aerea KLM ha rifiutato l’imbarco dell’icona per via delle nuove direttive UE che limitano a 35 kg il peso dei bagagli speciali, mentre la custodia dell’icona – una robusta cassa d’alluminio – ne pesa 45, come stabilito già nel 2012.
Dopo il mancato imbarco, e con grande difficoltà, l’icona è stata spedita via cargo tramite la compagnia DHL. Il suo custode, il missionario polacco padre Leon Juchniewicz – da quarant’anni in Ecuador – ha dovuto affidarla con riluttanza a mani estranee, pur di non bloccare la missione. Il costo della spedizione ha superato i duemila dollari, una somma coperta solo grazie a prestiti e all’aiuto della rete dei sostenitori della peregrinazione.
Eppure, una volta atterrata a Malpensa il 1° giugno, l’icona è rimasta bloccata nella dogana italiana. Gli organizzatori denunciano l’atteggiamento incerto e poco collaborativo delle autorità doganali: “Non hanno fretta e non sanno cosa fare con una spedizione così insolita” – si legge nel comunicato della Coalizione Internazionale “Da Oceano a Oceano”.
La documentazione fornita è ampia e chiara: si attesta che l’icona non è un bene artistico antico, non ha valore commerciale e appartiene a un culto riconosciuto. È accompagnata da certificazioni tradotte ufficialmente in spagnolo, lingua del Paese di partenza. Tuttavia, la burocrazia sembra oscillare tra ignoranza e sospetto, arrivando perfino a chiedere se l’autore dell’icona sia un artista famoso, per poter presumibilmente applicare dazi più alti.
Questa vicenda rievoca una pagina dolorosa della storia polacca: negli anni del regime comunista, l’originale icona di Jasna Góra fu più volte ostacolata nella sua peregrinazione tra le parrocchie, considerata sovversiva perché portatrice di un’identità cristiana nazionale. Oggi, paradossalmente, in una libera Europa, accade qualcosa di simile.
Non si tratta solo di un inciampo burocratico. Il ritardo, la mancata accoglienza, l’indifferenza verso un oggetto sacro sono segnali che interrogano le coscienze. In un tempo che proclama l’inclusione e il rispetto delle culture, come può l’Europa faticare a comprendere il valore simbolico e spirituale di un’icona venerata da milioni di fedeli?

La Madonna di Częstochowa attende. Ma la sua attesa non è vana. È già un segno, un invito a non lasciare che la spiritualità venga imprigionata nei meandri dell’amministrazione. Gli organizzatori chiedono preghiere, consapevoli che la missione continuerà: la Madonna “supererà ogni ostacolo”, come si legge nel loro appello, “e riprenderà il suo cammino per difendere la civiltà della vita e dell’amore”.
Nel pieno dell’Anno Giubilare del 2025, dedicato ai “Pellegrini della Speranza”, questa sosta forzata può diventare un momento di riflessione per tutti: non si può parlare di speranza senza accogliere chi ne è segno vivente.
