Daniele Trabucco
L’affermazione della segretaria nazionale del Partito Democratico, On. Elly Schlein, secondo cui ai cinque referendum di natura abrogativa dei giorni 08-09 giugno 2025 avrebbero partecipato “più elettori di quelli che hanno votato la destra nel 2022” risulta, sotto il profilo giuridico-costituzionale e filosofico-politico, radicalmente infondata. Essa si basa su una confusione metodologica e concettuale che compromette la comprensione delle dinamiche proprie dello Stato costituzionale di diritto.
In particolare, tale dichiarazione manifesta un’erronea equiparazione tra due istituti che, sebbene entrambi espressione della sovranità popolare, appartengono a piani diversi dell’ordinamento e assolvono a funzioni differenti all’interno dell’architettura costituzionale. L’elezione del Parlamento, composto dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica, costituisce l’atto attraverso il quale il corpo elettorale, secondo il principio della rappresentanza politica, conferisce una legittimazione generale al potere legislativo e, per effetto del rapporto fiduciario (art. 94 Cost.), consente la formazione dell’Esecutivo. Il voto espresso in sede elettorale implica l’adesione a un progetto politico complessivo, sotteso a una visione organica della società e dell’ordinamento. Esso produce effetti giuridici che si articolano nella durata quinquennale della legislatura, nella determinazione dell’indirizzo politico nazionale e nell’esercizio della funzione di Governo ai sensi degli articoli 76, 77 e 95 della Costituzione vigente.

Il referendum abrogativo ex articolo 75 Cost., al contrario, non esprime alcuna volontà generale di governo, né comporta l’attribuzione di un mandato politico. Esso costituisce uno strumento di democrazia diretta, limitato nel suo oggetto e nella sua portata, destinato ad incidere su una o più disposizioni normative mediante una scelta binaria. La sua funzione non è quella di creare maggioranze politiche, ma di permettere al corpo elettorale, in presenza di determinati presupposti formali e sostanziali, di intervenire in via eccezionale in termini di abrogazione totale o parziale di una legge ordinaria o di un atto normativo avente forza di legge.
Il quorum richiesto, ovvero la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto, non conferisce al referendum alcuna valenza politica assimilabile a quella delle elezioni parlamentari, poiché manca la dimensione del progetto unitario e dell’assunzione di responsabilità che caratterizza la rappresentanza democratica. Affermare, allora, che il numero di votanti a un referendum “superi” quello dei votanti per una determinata coalizione politica in sede elettorale presuppone una concezione meramente aritmetica della democrazia, che ignora totalmente la struttura normativa dello Stato costituzionale.