Non è solo una guerra di carri armati, droni e propaganda. È una guerra fatta anche di atmosfera alta, di tecnologia, di laboratori mobili in aree di crisi. Una guerra, come ha detto Mario Scaramella – esperto di antiterrorismo e consulente del governo ucraino – che si combatte ormai tra la terra e il cielo, con ramificazioni che arrivano fino allo spazio.

Per la prima volta, un elicottero del DSNS (Servizio statale ucraino per le emergenze) è stato impiegato oggi per spegnere un vasto incendio nella zona di Kyiv, segnando un passo significativo nell’evoluzione dei mezzi di protezione civile impiegati in Ucraina. L’intervento aereo è parte di un progetto più ampio condotto in collaborazione con Capri Campus, finalizzato a testare una nuova generazione di strumenti di intervento e monitoraggio ambientale.

Tra i mezzi in sperimentazione figurano droni VTOL (a decollo e atterraggio verticale), velivoli anfibi, e sistemi autonomi per operazioni in aree impervie o contaminate. L’obiettivo è aumentare l’efficienza e la rapidità di risposta del DSNS in contesti di emergenza climatica, industriale o post-bellica.

Un evento particolarmente atteso avrà luogo il 18 giugno, quando sarà lanciato un razzo-sonda sviluppato nell’ambito di questa cooperazione internazionale. La missione del razzo sarà quella di raccogliere dati atmosferici e ambientali relativi alla contaminazione nella zona di Chernobyl, ancora oggi monitorata per il rischio radioattivo residuo.

L’uso della tecnologia aerospaziale per la protezione civile rappresenta una frontiera strategica per l’Ucraina, specialmente in un contesto di crisi ambientali aggravate dalla guerra. L’integrazione tra innovazione, sicurezza civile e ricerca scientifica si dimostra un modello virtuoso per affrontare le sfide del presente

Ospite del programma radiofonico “ZTL”, Scaramella ha raccontato una delle frontiere più sorprendenti e inquietanti della guerra russo-ucraina: l’impiego di droni spia, razzi-sonda e sensori per monitorare i rischi ambientali e strategici attorno all’area più simbolica del disastro nucleare del XX secolo: Chernobyl.

Il ritorno del terrore nucleare: l’attacco al sarcofago

Durante l’intervista, Scaramella ha rivelato che un drone russo ha colpito il deposito di scorie presso la centrale di Chernobyl, incendiandolo per 14 giorni consecutivi. “Un attacco rivendicato pubblicamente dal governo russo – ha detto – e diretto contro una struttura che è costata un miliardo agli europei, una cupola d’acciaio destinata a contenere i resti radioattivi dell’incidente del 1986”.

Nonostante le rassicurazioni ufficiali sull’assenza di contaminazione, Scaramella ha espresso dubbi sull’affidabilità delle fonti istituzionali: “Non abbiamo notizie ufficiali di rilascio radioattivo, ma i sensori in loco sono troppo pochi per garantire una valutazione completa”. Il sospetto, più che legittimo, è che la verità venga attenuata o taciuta per ragioni geopolitiche.

Capri Falcon e la guerra dei droni

Ma l’intervento più sorprendente è quello di Capri Falcon, il drone sviluppato dall’Università di Capri in collaborazione con Scaramella. Lungo 3,5 metri, decollo verticale e volo orizzontale, è un piccolo gioiello aerospaziale progettato per monitorare incendi dolosi nell’area contaminata di Chernobyl. “Non uccide nessuno – precisa – è un drone spia. Ma è molto avanzato, tanto da inquietare molti”.

Il Capri Falcon non è solo uno strumento di sorveglianza: è l’esempio concreto di come la tecnologia civile e accademica venga ibridata a scopi strategici in un contesto di guerra ibrida. Un drone per prevenire il fuoco può diventare, nel giusto (o sbagliato) contesto, uno strumento per gestire i conflitti asimmetrici.

Occhi nell’alta atmosfera: razzi-sonda per la mesosfera

La novità assoluta, però, arriva con l’annuncio del lancio di una serie di razzi-sonda dall’alta atmosfera. Il primo test, previsto per il 18 del mese, avverrà nel deserto del Nevada in collaborazione con la Guardian Aerospace e l’Università di San José. I razzi voleranno fino alla cosiddetta linea di von Kármán, a circa 100 km dalla superficie terrestre, soglia simbolica che separa l’atmosfera terrestre dallo spazio esterno.

L’obiettivo? Studiare se le emissioni causate dagli incendi o dai danni alla centrale possano raggiungere le alte quote e contaminare strati atmosferici più ampi. Non è solo una preoccupazione ambientale: è un dato strategico e politico, che punta il dito su un possibile crimine internazionale.

Terrorismo di Stato?

Scaramella è chiaro: ciò che sta accadendo in Ucraina va oltre la guerra convenzionale. “Siamo di fronte a una nuova forma di terrorismo internazionale, ma perpetrato da Stati. Non è più solo il lupo solitario o la cellula jihadista, è un governo che colpisce infrastrutture civili, scuole, ospedali, centrali nucleari”.

La definizione è grave e inequivocabile: terrorismo sponsorizzato dallo Stato. L’accusa è rivolta direttamente al Cremlino, accusato di trasformare la guerra in un atto sistematico di intimidazione psicologica e ambientale, al fine di destabilizzare l’Europa e mettere a dura prova la resistenza ucraina.

Una guerra del dollaro?

All’inizio della trasmissione, in un passaggio tutt’altro che secondario, il conduttore afferma: “Non è la guerra della NATO, è la guerra del dollaro”. Un modo per dire che il conflitto, al di là della narrativa bellica, è anche una guerra per la supremazia economica globale, in cui la moneta statunitense e il sistema unipolare occidentale sono messi in discussione dal blocco sino-russo e dai BRICS.

Una guerra, insomma, multiforme: combattuta con i droni, nello spazio, nelle criptovalute, nella propaganda, nei cieli contaminati dell’Ucraina. E, come spesso accade, sotto i radar della stampa generalista.