Indro D’Orlando

Pur conoscendo la fama del sommo poeta cristiano Dante Alighieri, molti cristiani cattolici ne conoscono poco oppure ne ignorano il notevole valore per la fede.

Cinque Pontefici, dal 1914 ai tempi presenti, hanno lasciato una sicura testimonianza di questo fatto di significativa importanza per la religiosità cristiana e la spiritualità universale.

Le parole su Dante e la Commedia di coloro che hanno guidato la Chiesa cattolica nell’ultimo secolo, rappresentano una lettura che mi auguro possa stimolare a scoprire o riscoprire le pagine di questo grande cristiano che trovò anzitutto nella sua fede il motivo originante della sua straordinaria operosità.

I testi pontifici completi sono consultabili sul sito web della Santa Sede:

http://w2.vatican.va/content/vatican/it.html

Benedetto XV

NOBIS, AD CATHOLICAM

28 ottobre 1914

“(…) l’ Alighieri è nostro. Infatti il poeta fiorentino, come ognuno sa, congiunse l’amore per la natura all’amore per la religione e conformò la sua mente ai precetti desunti dall’intima fede cattolica e nutrì il suo animo con i più puri ed elevati sensi di umanità e di giustizia.

(…) non avvenne mai ch’egli deflettesse dalle verità della dottrina cristiana. Infatti, chi potrà negare che il nostro Dante abbia alimentato e rafforzato la fiamma dell’ingegno e la virtù poetica traendo ispirazione dalla fede cattolica, a tal segno che cantò in un poema quasi divino i sublimi misteri della religione?”

IN PRAECLARA SUMMORUM

30 aprile 1921

“In verità Noi riteniamo che gl’insegnamenti lasciatici da Dante in tutte le sue opere, ma specialmente nel suo triplice carme, possano servire quale validissima guida per gli uomini del nostro tempo.”

“Questo è il suo elogio principale: di essere un poet cristiano e di aver cantato con accenti quasi divini gli ideali cristiani dei quali contemplava con tutta l’anima la bellezza e lo splendore, comprendendoli mirabilmente  e dei quali egli stesso viveva.”

Paolo VI

ALTISSIMI CANTUS

7 dicembre 1965

“Dante è nostro, possiamo ben ripetere; e ciò affermiamo non già per farne ambizioso trofeo di gloria egoista, quanto piuttosto per ricordare a noi stessi il dovere di riconoscerlo tale, e di esplorare nell’opera sua gli inestimabili  tesori del pensiero e del sentimento cristiano, convinti come siamo che solo chi penetra nell’anima religiosa del sovrano Poeta può a fondo comprenderne e gustarne le meravigliose spirituali ricchezze.”

“Il Poema di Dante è universale: nella sua immensa grandezza, abbraccia cielo e terra, eternità e tempo, i misteri di Dio e le vicende degli uomini, la dottrina sacra e le discipline profane, la scienza attinta dalla Rivelazione divina e quella attinta dal lume della ragione, i dati dell’esperienza personale e le memorie della storia (…) del Medioevo è il monumento più rappresentativo.

Nel suo contenuto tesoreggia la sapienza orientale, il logos greco, la civiltà romana, e in sintesi il dogma e i precetti della legge del Cristianesimo nella elaborazione dei suoi dottori.”

“Il fine della Divina Commedia è primariamente pratico e trasformante. Non si propone solo di essere poeticamente bella e moralmente buona, ma in alto grado di cambiare radicalmente l’uomo e di portarlo dal disordine alla saggezza, dal peccato alla sanità, dalla miseria alla felicità, dalla contemplazione terrificante dell’Inferno a quella beatificante del Paradiso.”

“Per tutto ciò la Divina Commedia si presenta come un itinerarium mentis in Deum, dalle tenebre della inesorabile riprovazione, alle lacrime della espiazione purificatrice, e, di gradino in gradino, da chiarezza in chiarezza, da fiammante a più fiammante amore, sino alla Fonte della luce, dell’amore, della dolcezza eterna: Luce intellettüal, piena d’amore/amor di vero ben, pien di letizia/ letizia che trascende ogni dolzore (Paradiso, XXX 40-42)”

G.P.II

Giovanni Paolo II

DISCORSO ALL’INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA ‘DANTE IN VATICANO’

30 maggio 1985

“Senza dubbio il poema dantesco, come racconto, richiama le composizioni dell’arte medievale. Si tratta di simboli e di allegorie per chiarire i concetti. La sostanza è teologicamente vera, ispirata alle Sacre Scritture, alle considerazioni dei Padri e dei teologi; le forme sono quelle del tempo, che tentava con ogni mezzo la didascalia sacra, il contatto con il popolo. Era una predicazione popolare, che aveva bisogno d’innalzarsi alla dignità dell’arte sulla facciata delle cattedrali, negli affreschi dell’abside, negli archi di trionfo. Dante fu coinvolto da questo racconto teologico, e trovò la parola, che proveniva dalla sua diretta esperienza, per chiarire nella forma narrativa il distacco dalle cose vane e peccaminose della terra e la purezza sublime delle grandi prospettive della fede.”

“C’è un’indicazione preziosa che fa parte dell’ascesi cristiana, e che in italiano trova espressione in un verbo molto efficace: transumanare. Fu questo lo sforzo supremo di Dante: fare in modo che il peso dell’umano non distruggesse il divino che è in noi, né la grandezza del divino annullasse il valore dell’umano.”

Benedetto XVI

DISCORSO AI PARTECIPANTI ALL’INCONTRO PROMOSSO DAL PONTIFICIO CONSIGLIO “COR UNUM”

23 gennaio 2006

“Luce e amore sono una cosa sola. Sono la primordiale potenza creatrice che muove l’universo. Se queste parole del Paradiso di Dante lasciano trasparire il pensiero di Aristotele, che vedeva nell’eros la potenza che muove il mondo, lo sguardo di Dante tuttavia scorge una cosa totalmente nuova ed inimmaginabile per il filosofo greco. Non soltanto che la Luce eterna si presenta in tre cerchi ai quali egli si rivolge con quei densi versi che conosciamo: “O luce etterna che sola in te sidi/sola t’intendi, e da te intelletta/e intendente te ami e arridi!(Paradiso, XXXIII, 124-126)

In realtà, ancora più sconvolgente di questa rivelazione di Dio come cerchio trinitario di conoscenza e amore è la percezione di un volto umano – il volto di Gesù Cristo – che a Dante appare nel cerchio centrale della Luce. Dio, Luce infinita il cui mistero incommensurabile il filosofo greco aveva intuito, questo Dio ha un volto umano e – possiamo aggiungere – un cuore umano. In questa visione di Dante si mostra, da una parte, la continuità tra la fede cristiana in Dio e la ricerca sviluppata dalla ragione e dal mondo delle religioni; al contempo, però, appare anche la novità che supera ogni ricerca umana – la novità che solo Dio stesso poteva rivelarci: la novità di un amore che ha spinto Dio ad assumere un volto umano, anzi ad assumere carne e sangue, l’intero essere umano.”

Francesco

LUMEN FIDEI

29 giugno 2013

“Comprendiamo allora che la fede non abita nel buio; che essa è una luce per le nostre tenebre. Dante, nella Divina Commedia, dopo aver confessato la sua fede davanti a San Pietro, la descrive come una favilla/che si dilata in fiamma poi vivace/e come stella in cielo in me scintilla (Paradiso XXIV, 145-147).”

MESSAGGIO AL CARDINAL GIANFRANCO RAVASI, PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA, IN OCCASIONE DELLA CELEBRAZIONE DEL 750 ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI DANTE ALIGHIERI.

4 maggio 2015

“Dante è, dunque, profeta di speranza, annunciatore della possibilità del riscatto, della liberazione, del cambiamento profondo di ogni uomo e donna, di tutta l’umanità. Egli ci invita ancora una volta a ritrovare il senso perduto o offuscato del nostro percorso umano e a sperare di rivedere l’orizzonte luminoso in cui brilla in pienezza la dignità della persona umana. Onorando Dante Alighieri, come già ci invitava a fare Paolo VI, noi potremo arricchirci della sua esperienza per attraversare le tante selve oscure ancora disseminate nella nostra terra e compiere felicemente il nostro pellegrinaggio nella storia, per giungere alla meta sognata e desiderata da ogni uomo: l’amor che move il sole e l’altre stelle (Paradiso XXXIII, 145)”.

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