Fabrizio Grussu

         Dagli albori del pensiero greco antico fino alla seconda guerra mondiale e oltre, la filosofia del diritto è stata contraddistinta da una sofferta, quasi ossessiva riflessione sul problema del rapporto tra autorità e potere, o se vogliamo usare un’altra espressione tra legalità e giustizia.

         Fin dai tempi antichi l’essere umano ha dovuto fare i conti con la possibilità che le norme giuridiche poste (diritto positivo) dai detentori del potere politico potessero contraddire un più alto e superiore ideale di Giustizia. Da questo conflitto la domanda a cui centinaia di pensatori hanno cercato di dare una risposta: la legge ingiusta è una vera legge? E a prescindere da ciò, è moralmente legittimo ribellarsi a una legge ingiusta? Se sì, entro quali limiti?

         Per secoli in molti hanno ritenuto che più in alto del diritto positivo stesse il c.d. “diritto naturale”, un insieme di principi etico-giuridici innati, universali ed eterni, dettati dalla ragione, che doveva fungere da limite all’arbitrio del potere. Dare contenuto concreto a questo insieme di principi ha portato a soluzioni tutt’altro che univoche, essendo evidentemente impossibile che Tommaso d’Aquino, Grozio e Voltaire e gli altri riuscissero ad avere tutti le stesse idee.

Monumento in ricordo alla Rosa Bianca

         Così nell’Ottocento incomincia ad emergere nella riflessione giusfilosofica la posizione di alcuni, nota poi come “positivismo giuridico”, secondo cui solo il diritto positivo (cioè “posto” dall’autorità umana, per i positivisti lo Stato) è vero diritto, anche se ingiusto. La giustizia, dicono i positivisti, è un concetto “relativo” e “soggettivo” onde per cui se si dovesse considerare norma realmente giuridica solo quella giusta si arriverebbe dover considerare vero diritto “tutto e niente”, questo perchè gli uomini hanno concezioni della giustizia assai diverse gli uni dagli altri.

         I giuristi di formazione cattolica si contraddistinsero fin da subito per una marcata opposizione al positivismo giuridico, essendo che un cattolico fedele al Magistero della Chiesa non può che ritenere “giusto” solo e soltanto ciò che Dio considera tale ed evidentemente la Volontà divina “trascende” e “prescinde” dalle convinzioni soggettive dei singoli uomini.

         Ancora oggi il Magistero ufficiale della Chiesa richiama l’importanza del concetto di “legge morale naturale”. Discorsi in tal senso sono stati espressi sia da Benedetto XVI che da Giovanni Paolo II. Non si pensì però ad estemporanee dissertazioni filosofiche di papi famosi per la loro eccelsa cultura. Di legge morale naturale parlano anche il Catechismo (nn. 1954 – 1960) e il Compendio di dottrina sociale della Chiesa (specialmente n. 140). In entrambe queste fonti si indica nel Decalogo un’espressione privilegiata ed essenziale della legge naturale, vista come divino anello di congiunzione tra la vera fede (compiuta in Cristo) e la ragione dell’uomo. Tale insegnamento magisteriale risulta di fondamentale importanza per un motivo molto semplice: finchè esisterà un’autorità politica, esisterà il rischio che essa, oltre passando i limiti della sua legittimità, attenti ai sacri e inviolabili diritti di cui l’essere umano gode per decreto divino: vita (dal concepimento alla morte naturale), dignità, libertà (a meno che per libertà non si intenda il diritto di fare il male al prossimo, che non esiste). Indicando nel Decalogo un’espressione privilegiata della legge naturale, la Chiesa cattolica romana dona contenuto concreto e pratico ad un concetto etico-giuridico di fondamentale importanza, quello di legge naturale per l’appunto, che rischiarebbe altrimenti di essere trascinato nell’astrattismo del dibattito filosofico. Le conseguenze sante di questa presa di posizione della Chiesa contro ogni forma di potere politico che attenti al rispetto del Decalogo possono evincersi dalla constatazione di un fatto: dal card.

Von Galen al circolo di Kreisau, senza dimenticare mons. Konrad von Preysing Lichtenegg Moos, padre  Alfred Delp, il Beato Bernhard Lichtenberg e i fratelli Scholl (gruppo la “Rosa Bianca”) una parte assai consistente della resistenza tedesca al nazismo fu cristiana ed ispirò agli eroi da me citati, come a tanti altri martiri silenziosi, questa santa opposizione al nazionalsocialismo perchè il regime hitleriano aveva manifestamente, gravemente e satanicamente oltrepassato i limiti posti da Dio in persona alle autorità umane: e quali sono questi limiti se non quelli del Decalogo? Dunque cosa fa la Chiesa se non riaffermare oggi con le sue posizioni magisteriali (Catechismo e Compendio di dottrina sociale) la santità della fede e dell’azione di quelle persone che per amore di Cristo si opposero a Hitler e ai suoi programmi di sterminio? Come messo in luce da padre Fortea (ex esorcista cattolico spagnolo) nel suo trattato di demonologia (Summa Demoniaca – ed. “Tre editori”) i fratelli Scholl (gruppo la Rosa bianca) vedevano nella lotta contro il nazismo una lotta contro gli emissari dell’AntiCristo.

Dello stesso avviso doveva essere Sua Santità Papa Pio XII se consideriamo che, come emerso dalle testimonianze del processo di beatificazione, il sommo pontefice riteneva Hitler indemoniato e per questo aveva tentato di esorcizzarlo a distanza. Basta questo a confutare la leggenda nera che vede in papa Pacelli un amico del dittatore tedesco? Non lo so, dunque nel dubbio mi permetto di citare in conclusione due uomini della cui irreprensibilità nessuno può dubitare; il primo è Eugenio Zolli, rabbino capo di Roma durante l’occupazione nazista: si converte al cattolicesimo e chiede come nome di battesimo “Pio” proprio in onore del papa, per ringraziarlo di ciò che la Chiesa romana aveva fatto per gli ebrei perseguitati. Ancor più apologetico, però, il rabbino statunitense David Gil Dalin, ancora vivente e mai convertitosi al cristianesimo, che difende Pio XII nel libro “The Myth of Hitler’s Pope: How Pope Pius XII rescued Jews from the Nazis” pubblicato in Italia con il titolo “La leggenda nera del Papa di Hitler”, ed. Piemme.

         Insomma: la lotta cristiana contro tutti quei poteri umani che si oppongono alla giustizia del Dio rivelatosi in Cristo è un santa lotta che veda da una parte la Chiesa nella sua più pura essenza spirituale e morale e dall’altra gli emissari dell’AntiCristo. Come diceva il Signore: “chi ha orecchie per intendere, intenda”.