di Tito Tettamanti
La Commissione ha presentato il preventivo di spesa dell’UE per il periodo 2028-2034 che
arriva ai duemila miliardi di euro. Un impressionante aumento di ben 800 miliardi rispetto al
periodo precedente.
I capitoli di spesa sono quattro. Quello per il Fondo di coesione e della politica agricola e per la
migrazione, difesa e sicurezza che assorbe quasi 900 miliardi (34 miliardi per le sole
migrazioni). Quello per la competitività e innovazione di 600 miliardi di euro. Quello per le spese
per la politica estera di ben 215 miliardi. L’ultimo capitolo riguarda l’amministrazione dell’UE che
costa 118 miliardi.
Su questo preventivo e le singole poste di spesa inizieranno, protraendosi sino al 2027, le
discussioni e gli scontri tra i 27 Stati anche perché gli interessi sono divergenti e gli appetiti
pure. Comunque, già l’annuncio della richiesta di 2.000 miliardi di euro ha scioccato perché
l’incremento di 800 miliardi rispetto al budget di 1.270 miliardi per il periodo in corso costituisce
un aumento di oltre il 50%!
Sarà bene ricordare che per finire anche questi soldi usciranno dalle tasche dei diversi
contribuenti dei singoli Stati aggiungendosi agli oneri nazionali.
Lo strabiliante aumento delle uscite ha diverse ragioni. Sicuramente l’assunzione di sempre
maggiori compiti da parte dell’UE, la volontà di sostituirsi agli Stati nazionali in molti compiti,
creando in effetti dei costosi e complicati doppioni, ma anche un atteggiamento poco vigilante e
prudente a proposito della spesa.
L’UE ha voluto – in concorrenza con i ministeri degli esteri dei 27 Paesi membri – una propria
competenza per la politica estera con circa 150 ambasciatori, buona parte superflui (vedi
ambasciate a Barbados, Capo Verde, Eswatini, Isole Fiji). Un ambasciatore tra stipendio,
alloggio, trasporti costa oltre 300.000 euro all’anno ai quali vanno aggiunte le spese di struttura
e degli impiegati dell’ambasciata. Centinaia di milioni rispetto ai 2.000 miliardi, ma è proprio
trascurando i risparmi sulle piccole cifre (si fa per dire) che si arriva con noncuranza alle
migliaia di miliardi.
I 720 deputi al Parlamento europeo ricevono una indennità mensile di oltre 10.000 euro
(lavorando quattro giorni alla settimana per 11 mesi) ai quali si aggiunge un’indennità per spese
generali di 4.950 euro al mese oltre ad una indennità giornaliera di 350 euro. Ovviamente il
diritto al rimborso delle spese di trasferta, delle spese mediche e una copertura assicurativa ed
al termine del mandato un’indennità transitoria e una pensione. A tutto ciò si aggiunge la presa
a carico delle spese che i parlamentari sostengono per uno o più collaboratori personali. Il già
Primo ministro francese Fillon è stato condannato per aver fatto figurare la moglie quale
collaboratrice personale incassando 800.000 euro. Una deputata comasca ha assunto la madre
quale assistente. Per alcuni Paesi dove il costo della vita è modesto l’elezione a parlamentare
europeo equivale alla vincita di un terno al lotto.
A tutto ciò si aggiunge la costosa follia voluta dalla Francia, che ha preteso che il Parlamento
Europeo avesse due sedi, una a Bruxelles ed una in Francia, a Strasburgo. Il solo costo del
trasferimento mensile dell’intero Parlamento da Bruxelles a Strasburgo e ritorno con tutta la
documentazione costa 150 milioni ogni anno.
Perché mi sono dilungato – anche se potrei continuare – su questi apparentemente modesti
aspetti del bilancio dell’UE? Per due ragioni. Da un lato per sottolineare la pericolosa
inclinazione al gonfiarsi delle spese di enti pubblici quando vengono sottratte al controllo e
approvazione dei cittadini. La burocrazia ed i politici non lesinano nell’attribuirsi competenze
sempre più vaste e quindi costose e a condizioni che rendono interessante l’esercizio della
propria attività.
Con ciò voglio anche sottolineare il pesante contrasto tra la struttura dell’UE e la nostra, quella
svizzera. Ora, con l’accordo che la maggioranza del Consiglio federale ci vorrebbe imporre, avremo
tempo di discuterne, ci dovremmo legare non solo all’UE ma con lei ad un modo di concepire la
gestione della cosa pubblica e le generosità e mancanza di controllo dei relativi costi che
contrastano frontalmente con il nostro atteggiamento.
Un raffronto dei dati statistici che confermano l’equilibrio della Svizzera e la disastrosa
situazione dell’UE, con i propri maggiori Paesi super indebitati, dà la risposta relativa al
successo (o insuccesso) delle rispettive politiche.
Particolarmente allarmante che l’UE per coprire il proprio sempre maggior fabbisogno intenda
ora imporre anche delle tasse direttamente (scavalcando l’autorità dei singoli Paesi) sulle
grosse società, sul tabacco, ricorrendo pure a possibili dazi e forme di imposte sul valore
aggiunto.
Attenzione, prima o dopo troverà il modo di chiederle anche alla Svizzera in virtù dell’accordo
proposto.
Nel contempo l’UE imperterrita continua le sue importanti attività. Leggo: 10 luglio 2025,
Regolamento (UE) 2025/1337, la Commissione europea, modifica allegato III del regolamento
no. 133/2008 del Parlamento e di Consiglio riguardo “l’uso del Polyvinylpolypyrrolidone (E
1202) come supporto per la colorazione decorativa dei gusci delle uova del pollame”.
^¨Burocrazia e parlamento molto impegnati.