Nel Canton Ticino, il DECS (Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport) ha promosso, in spazi pubblici e scolastici ( Vicino alle scuole medie Canobbio) , una serie di pannelli informativi sul corpo, gli stereotipi e l’identità di genere. Le immagini che circolano – con titoli come «Quali parti del corpo depili?» e «Come ti vesti rivela il tuo genere?» – adottano un linguaggio diretto, crudo, quasi da mostra interattiva, per stimolare domande su abitudini sessuali, ruoli e aspettative sociali.

Il punto critico

Molti cittadini, come genitori preoccupati per i loro figli, percepiscono questi poster come “volgari” o inappropriati, soprattutto se collocati in contesti frequentati da minori. La critica non è solo estetica: riguarda l’impostazione culturale del messaggio, letta da alcuni come adesione a un’impostazione decostruzionista del genere (spesso associata al pensiero di Judith Butler), secondo cui identità e ruoli sarebbero in gran parte costruzioni performative e quindi slegabili dal dato biologico. Da prospettive filosofiche o religiose che affermano l’unità integrale di corpo e anima, questa chiave interpretativa è vista come antropologicamente riduttiva: se il corpo diventa solo “materiale” su cui proiettare un’identità, si rischia di indebolire il senso di unità della persona.

Il nodo dei fondi pubblici

L’altro punto sensibile è l’uso di risorse pubbliche. Quando la comunicazione istituzionale entra in ambiti etici e antropologici controversi, i contribuenti chiedono:

  • Trasparenza su costi, obiettivi, partner e valutazione d’impatto.
  • Neutralità e pluralità degli orientamenti proposti, evitando che la scuola appaia megafono di una sola visione culturale. Il post-modernismo, la decostruzione e il relativismo morale sono un’ideologia nata coi movimenti di emancipazione sessuale del 1968.
  • Appropriatezza di linguaggio e immagini in rapporto all’età e al contesto. Le immagini anatomiche proposte su questi poster sono crude, volgari ed efferate, il corpo umano è ridotto a carne di macelleria esposta sul bancone. La conoscenza del proprio corpo non può ridursi a a dissezione anatomica di un cadavere.

Parti anatomiche del corpo umano smembrate ed illustrate. Questo approccio crudo che spone parti anatomiche dissezionate è decisamente di cattivo gusto. Ad un bambino di prima media queste immagini possono creare disagio e perturbamento.

Educare senza polarizzare: cosa si può fare meglio

Se l’intento del DECS è combattere stereotipi e bullismo – obiettivi condivisibili – si può perseguirli senza scivolare nella provocazione:

  1. Cornice pedagogica chiara: i poster, da soli, semplificano. Vanno integrati con unità didattiche chiare, materiali per docenti e mediazione in classe.
  2. Fasce d’età: differenziare linguaggio e contenuti (primaria ≠ secondaria). In quell’area, infatti, vi sono anche ragazzi delle scuole medie che hanno appena terminato le scuole elementari. Serve prudenza.
  3. Coinvolgimento delle famiglie: incontri informativi, possibilità di opt-in/opt-out per le attività più sensibili.
  4. Pluralità di voci: includere più approcci antropologici (filosofico, medico, psicologico, giuridico, anche religioso), in modo che gli studenti conoscano il dibattito, non un’unica tesi.
  5. Valutazione indipendente: misurare con strumenti terzi l’efficacia su clima scolastico, rispetto, riduzione di insulti o discriminazioni.
  6. Sobrietà comunicativa: evitare grafica e testi che possano risultare allusivi o crudi in spazi generalisti; puntare su messaggi di dignità, rispetto, responsabilità.

La scuola ha il dovere di educare al rispetto della persona e di contrastare violenza e stereotipi. Ma quando tocca temi antropologici sensibili deve farlo con prudenza educativa, pluralismo e trasparenza, ricordando che la formazione appartiene a una comunità educativa fatta di studenti, docenti e famiglie.
Se l’obiettivo è superare le “maschere” imposte dagli stereotipi, il mezzo non dovrebbe diventare esso stesso uno strumento divisivo. Un dialogo serio – anche acceso, ma leale – è possibile: comincia dalla qualità dei contenuti, dal rispetto dei diversi orientamenti culturali e dall’uso responsabile dei fondi pubblici.