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William Shakespeare, c’è davvero un mistero? parte 2

Della presunta origine italiana di William Shakespeare abbiamo parlato nella prima parte di questo articolo. Riprendendo brevemente la questione e sempre secondo il professore in pensione Martino Iuvara, nel 1588, al suo arrivo in Gran Bretagna Shakespeare non conosceva la lingua inglese ma questo non gli aveva impedito di iniziare a scrivere.
Iuvara sostiene che nei primi anni Shakespeare si era avvalso di traduttori professionali, mentre in seguito le traduzioni dall’italiano all’inglese venivano fatte dalla moglie. Sempre Iuvara ricorda come a detta dei biografi del tempo, William Shakespeare parlasse inglese con un notevole accento straniero.

E’ cosa indubbia che le sue opere denotano un sapere vasto. Nei suoi scritti Shakespeare mostrava una buona conoscenza dei procedimenti legali, una notevole conoscenza della medicina, aveva dimestichezza con il mondo dei cacciatori e dei falconieri, mostrava famigliarità con l’etichetta di corte. Non a caso gli storici lo definiscono “lo scrittore che sapeva tutto”.
A sminuire la qualità dell’educazione di Shakespeare ci aveva pensato il suo collega e amico Ben Jonson, drammaturgo, attore teatrale e poeta, che gli attribuiva una scarsa conoscenza del latino e del greco e questo, per quei tempi, indicava un’istruzione di basso livello. Forse si trattava di pura invidia, dato che dalle opere di Shakespeare traspare – oltre che un ricchissimo vocabolario – un’ottima conoscenza dei classici sia greci che latini.

Shakespeare lascia ombre sulla sua identità anche per quanto riguarda libri e manoscritti. Nel suo testamento aveva infatti elencato ogni suo possedimento ma non aveva menzionato nessun libro né manoscritto. Che dire poi del fatto che malgrado fosse uno dei maggiori scrittori inglesi, se non addirittura il più grande, quando morì non fu sepolto con tutti gli onori? Altri drammaturghi, come ad esempio lo stesso Ben Jonson, vennero sepolti con ogni fasto nell’abbazia di Westminster, a Londra.
La tomba di Shakespeare invece si trova nella piccola chiesa di Stratford-on-Avon. Però forse anche qui si tratta di forzature storiche. Di carattere riservato, Shakespeare aveva magari lasciato detto di non volere cerimonie funebri grandiose e di essere sepolto lontano da Londra.

Vi è poi chi sostiene che “William Shakespeare” altro non fosse che un nome e non una persona esistita realmente. Uno pseudonimo utilizzato da qualcuno per pubblicare i propri scritti. Ad attribuirsi il nome fittizio di Shakespeare potrebbero essere state addirittura una sessantina di persone. Per citare qualche nome, si va dal drammaturgo Christopher Marlowe (1564-1593) al corsaro e poeta Sir Walter Raleigh (1552-1618), dalla regina d’Inghilterra Elisabetta I (1533-1603) al politico e filosofo Francis Bacon (1561-1626). L’idea di attribuire a Bacon le opere di Shakespeare era emersa nel 1769 ma solo nel 1885 era stata formata un’associazione che presentò diverse prove a favore di questa ipotesi.
Ad esempio si sosteneva che Francis Bacon avesse vissuto vicino a Saint Albans, una località a nord di Londra che nelle opere di Shakespeare appare 15 volte, al contrario di Stratford-on-Avon, mai menzionato.

Un altro personaggio assai considerato era Roger Manners, quinto conte di Rutland (1576-1612) un uomo assai colto con una vasta esperienza della vita a corte. Avrebbe pubblicato i suoi primi scritti in forma anonima e i seguenti con lo pseudonimo di William Shakespeare perché era disdicevole che un nobile scrivesse opere rappresentate in teatri comuni.

Alcuni hanno avanzato l’ipotesi che i drammi di Shakespeare fossero opera di un consorzio di scrittori, ciascuno dei quali dava il suo contributo. L’enciclopedia universale World Book Encyclopedia ha posto l’accento sul rifiuto di molti di credere che un presunto scrittore originario del villaggio di Stratford-on-Avon, dunque “di origini campagnole” potesse aver scritto opere tanto magistrali.
La domanda “Chi era Shakespeare?” non trova ancora una risposta e come ogni quesito storico è difficile che ne troverà mai una definitiva.

Redazione

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