Muammar Gheddafi è apparso mercoledì alla televisione di Stato per un discorso in occasione dell’anniversario della creazione dei Comitati popolari, che “hanno dato al popolo libico il potere e il legittimo controllo del paese.”
Questo è il terzo discorso di Gheddafi da quando è iniziata la rivolta contro il suo regime, poco più di due settimane fa. Due settimane in cui “al popolo libico” è successo di tutto: morti a migliaia fra gli oppositori (quasi ventimila secondo le agenzie di stampa arabe, una cifra che nessuna fonte ufficiale se la sente di confermare), di cui molti sepolti nelle fosse comuni scavate nella sabbia del lungomare di Bengasi, la conquista delle città nell’est del paese e la sistematica avanzata attraverso la capitale Tripoli, ancora sotto il controllo dei partigiani di Gheddafi.
Gheddafi ha detto che lui, a differenza dei dirigenti degli altri paesi “non ha un incarico dal quale deve dimettersi e che è rimasto stupìto dalle manifestazioni di solidarietà in molte regioni della Libia.” Insomma niente di nuovo: dal suo bunker di Tripoli il colonnello prosegue nei suoi proclami deliranti, come spesso ha fatto negli ultimi 15 giorni.
Giunge intanto la notizia che i caccia dell’aviazione libica stanno bombardando la città portuale di Marsa el Brega, nell’est del paese, conquistata dai rivoltosi. In città sono atterrati aerei militari carichi di veicoli blindati e soldati che in poco tempo avrebbero avuto la meglio sugli oppositori. Secondo alcune fonti invece gli insorti stanno resistendo, aiutati da truppe di rinforzo giunte da altre località.
Quel che è chiaro è che dopo un primo momento di esitazione Gheddafi ha ritrovato tutta la sua baldanza ed ha mandato le truppe a riconquistare le città insorte.
L’obiettivo principale del colonnello è Bengasi, la città che per prima si è dichiarata libera dal suo regime. Per i suoi abitanti il leader libico ha promesso “una punizione esemplare.”
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