Lo stato di salute della nostra agricoltura lo si misura anche attraverso l’andamento del reddito agricolo.
Prima di tutto, è necessario spiegare cosa rappresenta il reddito agricolo. Esso è il saldo contabile di entrate e uscite di un’azienda agricola. Il reddito agricolo è quanto rimane all’agricoltore per retribuire il proprio lavoro e quello dei famigliari (in media circa 1,4 unità di forza lavoro per azienda) e il capitale proprio investito nell’azienda.
L’importo medio di 39’300 franchi per unità di manodopera famigliare situa dunque il settore agricolo molto al di sotto di piccole imprese artigianali paragonabili.
Di fatto il settore agricolo è uno dei più deboli, se non il più debole, della nostra economia (non a caso vi è stato un fortissimo calo del numero di addetti ai lavori). Tuttavia esso riveste una grande importanza per la gestione del territorio e per le zone periferiche.
A comprendere questa importanza ci aiuta la cifra d’affari media di un’azienda agricola svizzera, ovvero oltre 240’000 franchi. Questo movimento di denaro serve all’agricoltore per far fronte alle spese legate alla sua attività (riparazioni, acquisti di prodotti, assicurazioni, personale extrafamigliare, eccetera) e ha dunque ricadute importanti a livello locale.
Applicando questi dati alla nostra realtà, globalmente nel nostro Cantone l’agricoltura arriverebbe a muovere circa 200 milioni di franchi all’anno. In realtà, secondo un’analisi del 2005 in Ticino l’agricoltura ha una cifra d’affari di circa 140 milioni di franchi. Partendo da questo importo, il settore agricolo ticinese assicura una gestione sostenibile di quasi 14’000 ettari di superficie agricola utile e di vastissime superfici alpestri. Insomma, una prestazione di interesse generale di tutto rispetto ottenuta con mezzi modestissimi.
Questa situazione potrebbe però rapidamente cambiare, privando il nostro Cantone di un settore agricolo vitale e pregiudicando ulteriormente le capacità economiche delle zone periferiche. L’autorità politica in primis, assieme alle organizzazioni agricole, devono concertare strategie e visioni future, per continuare ad assicurare una corretta gestione del territorio con sempre meno addetti.
Agrifutura, da tempo, chiede l’allestimento di un piano agricolo cantonale con obbiettivi e misure concrete sull’esempio di quanto realizzato nel settore forestale. Inoltre, occorre rendere più produttivo il lavoro della conferenza agroalimentare, investendola, come previsto dalla Legge sull’agricoltura, di un compito fondamentale: l’elaborazione degli indirizzi programmatici per lo sviluppo dell’agricoltura ticinese.
Altro organo che deve essere chiamato a reinterpretare il proprio ruolo è la consulenza agricola. Se in passato si è privilegiata la consulenza tecnica, ora l’attenzione va spostata maggiormente sugli aspetti di economia aziendale.
C’è infine la formazione che va rivista. Mezzana attualmente non prepara adeguatamente i giovani da un punto di vista imprenditoriale; e il settore ne avrebbe un gran bisogno. Non è ammissibile che dei già pochi allievi agricoltori che si diplomano a Mezzana, diversi prendano altre strade rinunciando ad avviare un’attività agricola.
È un momento cruciale per il settore agricolo ticinese. Occorre capirlo subito se si vuole continuare ad avere anche in futuro un’agricoltura in Ticino.
Giovanni Berardi – Presidente di Agrifutura
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